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21 Novembre 2024 18:47

Dentro le carte dell’inchiesta sulla nave Ong sequestrata a Lampedusa

Il racconto di un agente sotto copertura. I volontari erano pagati 10 mila euro al mese Per La Procura di Trapani vi sono gravi indizi probatori sugli equipaggi della Iuventa. Migranti recuperati davanti alla costa africana e barconi riconsegnati ai libici. All'interno il VIDEO dell' operazione

ROMA – La nave Iuventa dell’ Ong tedesca Jugend Rettet, bloccata a Lampedusa e sequestrata su richiesta della Procura di Trapani con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non solo collaborava con gli scafisti ma manifestava una vera e propria ostilità contro l’Italia, tanto da aver posizionato a prua un cartello con la scritta “Fuck Imrcc”, ovvero “affanculo l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre”. A raccontare i retroscena dell’inchiesta sui legami tra Ong e trafficanti di essere umani è stato un agente sotto copertura imbarcato su una nave di Save The Children, una delle due sigle ad aver siglato il codice di condotta proposto dal Ministero dell’ Interno , tra le nove impegnate nel soccorso nel Mediterraneo .

Le 147 pagine del decreto di sequestro preventivo della Iuventa, firmato dal gip el tribunale di Trapani Emanuele Cersosimo, sono lo specchio della loro collaborazione con i trafficanti di esseri umani, dai quali prelevavano i migranti invece di intervenire solo in casi di pericolo e le intercettazioni rappresentano anche un campanello d’allarme sugli interessi delle Ong e la complicità della guardia costiera libica.

Lunedì pomeriggio l’Ong tedesca Jugend Rettet non ha firmato il Codice di condotta voluto dal Viminale in accordo con l’Unione europea, perché contraria alla presenza della polizia giudiziaria a bordo della Iuventa. Un rifiuto che ora pesa come un macigno di fronte all’inchiesta della procura di Trapani e della polizia che travolge l’Ong con la pesante accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina“.

Le indagini della squadra mobile di Trapani e dello Sco (il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato) hanno rivelato un sistema di collusione tra i trafficanti di esseri umani e l’equipaggio della Iuventa. E non solo . Emerge anche uno spaccato inquietante, in termini più generali, con le Organizzazioni non governative interessate più che altro a raccogliere fondi e donazioni. Per non parlare di singolari «volontari» che in realtà arrivano a guadagnare fino a 10 mila euro al mese.

Dalle intercettazioni dei due collaboratori diSave the Children, ormai di dominio pubblico, si evince poi come l’impegno di certe Ong sia tutt’altro che disinteressato. Uno chiede all’altro: “Quali erano secondo te le cose strane che hai visto?“. E lui risponde: “Innanzitutto il fatto che venissero pagati così tanto, il fatto che ci facessero fare queste c… di foto come …”. L’amico chiede: “Perché loro, aspè perché loro erano pagati come stipendio dici?”. Sorprendente la risposta: “Eh, si, cioè .. cioè uno che fa il volontario che si piglia 10.000 euro mi sembra …“.

Le indagini erano state avviate nell’ottobre del 2016, e hanno avuto ulteriori accelerazioni a giugno di quest’anno. Utili si sono rivelate le testimonianze dei due attivisti vicini a Save the Children. Ritenute peraltro genuine perché anche i due sono stati intercettati e le loro parole in privato rispecchiavano i loro racconti ufficiali forniti alla polizia e ai magistrati. «In un soccorso datato 10 settembre 2016 – ha spiegato uno dei due operatori ai magistrati inquirenti  – abbiamo notato che durante un trasbordo dalla Iuventa alla nostra nave di 140 migranti soccorsi da quella imbarcazione, si allontanava un gommone dirigendosi verso le coste libiche con a bordo solo due uomini di colore. Questa circostanza ci faceva ritenere che l’equipaggio della Iuventa avesse trasbordato i 140 migranti dal gommone che rientrava sulla costa con a bordo gli scafisti». Di questa circostanza vennero informati i “servizi segreti ” dell’ Aise.

 

 

Il secondo operatore della Ong ha raccontato ai pm che la stessa cosa sarebbe accaduta il 14 febbraio 2017. durante le operazioni di soccorso «un legno di sei metri, con due persone di colore a bordo, si sarebbe allontanato dalla Iuventa verso le coste libiche a forte velocità».

L’intesa tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti è stata certificata da intercettazioni, fotografie – grazie anche a un agente di polizia sotto copertura a bordo di una nave di un’altra Ong vicina – e testimonianze di due operatori della Vos Hestia, imbarcazione della Ong Save the Children. Ecco dunque emergere situazioni in cui i migranti spesso non vengono salvati, ma consegnati dagli scafisti agli attivisti della Iuventa. In particolare sono tre gli episodi specifici agli atti dell’inchiesta. Ma ve ne sono altri che secondo il procuratore Cartosio e il pm Andrea Tarondo configurano come «abituale» il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Iuventa aiutava gli scafisti a riportare indietro i gommoni

L’equipaggio della Iuventa aiutava gli scafisti a riportare indietro i gommoni per poterli usare nuovamente. Gli operatori della Iuventa hanno consentito a non meglio individuati soggetti operanti al confine con le acque territoriali libiche di recuperare tre imbarcazioni utilizzate dai migranti per la partenza da quelle coste, una delle quali poi certamente riutilizzata il successivo 26 giugno per un nuovo sbarco“, racconta l’agente. Una foto immortala le “due barche in legno dei trafficanti legati in precedenza con una cima dagli operatori della Iuventa“.

Quella bandiera libica sull’albero di poppa

La sequenza fotografica pubblicata dai quotidiani nazionali è inequivocabile: “Dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Iuventa (mentre i trafficanti libici si dirigevano nuovamente verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti libici che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave Iuventa“, è il racconto dell’agente infiltrato sotto copertura , “Il recupero dei migranti, in accordo con i trafficanti, avveniva anche a 1,3 miglia dalla costa libica”. L’intesa era talmente forte che il 26 giugno scorso alle 17 sull’albero a poppa della Ong tedesca Jugend rettet, “è stata issata la bandiera libica“. Ferrea la volontà di non attraccare nei porti italiani: “Facevano persino il pieno di gasolio a Malta pur di non avvicinarsi all’Italia“.

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