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24 Novembre 2024 11:16

Tutti i retroscena dell’ appalto “allegro” della Consip sulle mascherine assegnato al faccendiere pregiudicato Micelli

Il pregiudicato Micelli risulta condannato definitivamente ad 1 anno e 6 mesi di carcere. Venne arrestato dai finanzieri il 20 dicembre 2018 per l’inchiesta “Quote Rosa 2” a seguito dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Taranto, venendo associato alle carceri per 3 mesi ed 1 settimana (misura cautelare) espiati nelle case circondariali di Taranto e Trani, e scarcerato successivamente soltanto a seguito del suo rinvio a giudizio.

di Antonello de Gennaro

Nell’inchiesta giornalistica sugli appalti gestiti in maniera anomala dalla Consip sulla fornitura di mascherine, realizzata condotta dai colleghi Nello Trocchia e Sara Giudice del programma “Piazza Pulita su La7,  è comparso il faccendiere tarantino Salvatore Micelli, 34enne pregiudicato pluriprotestato, che si è infilato ancora una volta nella maglie larghe della burocrazia statale per aggiudicarsi con la Cooperativa Indaco, che peraltro alcuni mesi fa è stata sfrattata per morosità dagli uffici di via Cesare Battisti, una gara appalto per la fornitura di 7 milioni e 100mila mascherine chirurgiche al prezzo di 0,64 centesimi l’una per un valore complessivo di 4 milioni 554mila euro. Ma Micelli dove avrebbe reperito i soldi per pagare a sua volta questa merce da fornire allo Stato ? Sinora  nessuno se l’è ancora chiesto !!!

Infatti è stato proprio lo stesso Micelli attraverso il suo legale tarantino Marcello Ferramosca (a lato nella foto) in un recente procedimento giudiziario a dichiarareo circa un mese fa al Tribunale di “essere disoccupato“, di “essere ospitato in casa dalla sua attuale compagna” e dopo lo sfratto subito  nella casa in cui conviveva con la sua ex-compagna, di ” sopravvivere  grazie  all’aiuto economico della madre” ! E questo sarebbe un “imprenditore”…. ?

Il nostro giornale si è dovuto occupare ripetutamente in passato di Salvatore Micelli a causa dei suoi coinvolgimenti in inchieste della magistratura ed indagini delle Forze dell’ Ordine, fra i quali ben 3 rinvii a giudizio riuniti in un processo unico attualmente in corso, per le sue gravi diffamazioni e la reiterata attività di stalking nei mie confronti, un attività delinquenziale che continua tuttora e che è stata nuovamente denunciata alla magistratura competente. Il pregiudicato Micelli che risulta condannato definitivamente ad 1 anno e 6 mesi di carcere, venne arrestato dai finanzieri il 20 dicembre 2018 per l’inchiesta “Quote Rosa 2”  avviata a seguito delle indagini svolte del tenente colonnello Antonio Marco Antonucci della Guardia di Finanza di Taranto,  venendo associato alle carceri per 3 mesi ed 1 settimana (misura cautelare) espiati nelle case circondariali di Taranto e Trani, e venendo successivamente scarcerato soltanto a seguito del suo rinvio a giudizio.

La Consip, l’agenzia statale che si occupa degli appalti in Italia, ha inviato una nota in serata, in cui fornisce precisazioni su quanto affermato dalla trasmissione Piazzapulita: “Consip ha svolto procedure di urgenza di selezione dei fornitori garantendo, da un lato, la massima trasparenza e dall’altro, la celerità dell’azione, con aggiudicazione fatta in 3-4 giorni dalla pubblicazione” autogiustificandosi di aver “svolto procedure di urgenza di selezione dei fornitori garantendo, da un lato, la massima trasparenza (documentazione tutta disponibile sul sito www.consip.it); dall’altro, la celerità dell’azione, con aggiudicazione fatta in 3-4 giorni dalla pubblicazione”

la sede della Consip a Roma

Poi, l’agenzia statale ha aggiunto:Una parte rilevante del lavoro di Consip è la prevenzione di frodi o altre irregolarità. Al riguardo i controlli circa la regolarità dei fornitori hanno consentito di escludere quelli non in possesso dei requisiti di qualità e professionalità richiesti, segnalando prontamente i fatti alle Autorità competenti. L’azione pur nell’emergenza è sempre attuata nel rispetto del Codice degli Appalti, anche per ciò che concerne l’esclusione dei fornitori per determinati reati o altre evidenze”.

Infine, la Consip ha chiarito che “il pagamento per la fornitura, in ogni caso, non verrà effettuato se non successivamente all’esito dei controlli e delle nuove verifiche effettuate, in quanto  non è consentito a Consip nessun pagamento verso i fornitori se non all’esito positivo dei succitati controlli”.

Il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli ha annunciato di aver presentato un’interrogazione parlamentare su questa vicenda e dichiara: “In piena emergenza coronavirus la centrale acquisti dello Stato ha affidato l’acquisto di milioni di mascherine ad una cooperativa sociale che si occupa di accoglienza immigrati, la Indaco Service di Salvatore Micelli, imprenditore arrestato poco più di un anno fa per associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato”. Donzelli ricorda che, nel 2015, Micelli era salito sul palco della Leopolda a Firenze . E non a caso il deputato toscano di Fratelli d’ Italia nel suo filmato riprende ed utilizza i nostri articoli su Micelli, che dimostra ancora una volta che il nostro giornale viene letto anche in Parlamento. Altri si fermano a Massafra….

La storia giudiziaria di Salvatore Micelli

Micelli venne arrestato il 20 dicembre 2018 insieme a un’altra persona Loredana Ladiana, 52 anni, (moglie del noto pregiudicato Roberto Ruggieri n.d.r.) con la quale, secondo l’impianto accusatorio della Procura di Taranto, avrebbe costituito 17 imprese , esclusivamente a titolo fittizio solo per poter accedere ai fondi europei per l’occupazione femminile, cofinanziati dallo Stato e dalla Regione Puglia, con lo scopo in questo caso di finanziare alcune famiglie malavitose del territorio tarantino. Nell’operazione i denunciati sono 20, tra cui due ispettori della Regione Puglia incaricati di svolgere le previste verifiche presso le ditte che avevano avanzato le richieste di contributi pubblici. Verifiche che vennero effettuate in maniera mendace e fraudolenta-

La Cassazione a seguito di un ricorso presentato dai difensori del Micelli ha successivamente annullato con rinvio ad un altro Tribunale del Riesame la questione inerente esclusivamente il reato di “associazione a delinquere“. I provvedimenti notificati durante il blitz delle Fiamme Gialle rappresentano l’epilogo di indagini nell’ambito delle quali erano state individuate 17 imprese, tutte riconducibili agli indagati, costituite con il fine di poter accedere ai fondi europei cofinanziati dallo Stato e dalla Regione Puglia e destinati ad incentivare l’occupazione femminile, per poterseli metterseli in tasca propria. L’importo complessivo della truffa nei confronti della Regione Puglia e dalla Commissione europea, ammontava  a 3 milioni e 260mila euro.

Le segnalazioni alla Procura tarantina sulla truffa contestata al Micelli, erano parite  nel gennaio del 2014 da una solerte e scrupolosa funzionaria della Regione Puglia. La Procura di Taranto a seguito delle indagini della Guardia di Finanza di Taranto, ha contestato al Micelli (ritenuto il “dominus” cioè il principale responsabile)  insieme ad altre quattro persone,  anche l’ associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico. Micelli sin dall’interrogatorio di garanzia avvenuto nel carcere di Taranto  dopo l’arresto di dicembre scorso aveva respinto le accuse a suo carico. “Le pratiche che ho presentato erano tutte regolari”, aveva sostenuto dinnanzi al giudice per le indagini preliminari, non venendo minimamente creduto, e quindi ritenuto inaffidabile.

Il nome del 36enne Micelli era venuto fuori anche in altre inchieste giudiziarie. Il faccendiere tarantino è citato anche nella inchiesta giudiziaria denominata “Alias” con cui il pm Alessio Coccioli della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce coordinando le indagini  della Squadra mobile azzerò di fatto il clan mafioso tarantino dei boss Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis . Da quello che emerse nelle indagini degli inquirenti Micelli era uno dei “consulenti” vicini al D’Oronzo . Agli atti dell’ inchiesta sfociata poi in un processo compare una telefonata del Micelli che secondo gli inquirenti spiegava molto bene le sue mire affaristiche: “Io adesso, non è che sto giocando con le persone sono stato ad una riunione in Confindustria per un consorzio di cui facciamo parte, per entrare al porto a lavorare“.  Collegata al boss  D’Oronzo era  la Cooperativa Falanto la quale avvalendosi di Micelli aveva provato  in passato  ad infiltrarsi nel  ricco business dell’accoglienza e gestione dei migranti. Un’operazione non andata a buon fine soltanto grazie all’intervento provvidenziale della Questura di Taranto della Polizia di Stato, e della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce.

Ma Salvatore Micelli non ha desistito, costituendo la Cooperativa Indaco insieme a sua sorella Barbara coinvolta da sempre nelle varie truffe dal fratello, ed a un socio Antonello Milella, anch’egli con precedenti penali. Con un’ operazione truffaldina (per la quale pende un giudizio in corso) Micelli era riuscito fraudolentemente a far scomparire dei suoi protesti bancari, diventando  presidente della Cooperativa Indaco con la quale aveva partecipato ad una delle gare d’appalto indetta dalla Prefettura jonica per l’accoglienza dei profughi. Dalle documentazioni che il CORRIERE DEL GIORNO ha avuto la possibilità di visionare vi era una relazione della Digos della Questura di Taranto, dalla quale emergeva la predisposizione a delinquere ed alla truffa del Micelli, che venne tenuta in dovuta considerazione dal Prefetto all’epoca in carica (e cioè Umberto Guidato, dal 2019 diventato Prefetto di  Brindisi ). Ma Micelli non desistette facendo ricorso al TAR Puglia vincendolo ed aggiudicandosi una gara per la quale avrebbe incassato oltre 3 milioni di euro l’anno.

il video con cui Micelli prendeva a bastonate i migranti a Taranto 

La gestione allegra e fuorilegge delle strutture della Cooperativa Indaco venne rivelata da un’inchiesta giornalistica del CORRIERE DEL GIORNO, indusse il comando centrale del NAS dei Carabinieri da Roma (guidato all’epoca dei fatti dal Generale Claudio Vincelli) a disporre un blitz presso uno dei centri di accoglienza , a seguito della quale il  27 giugno 2017  il successivo Prefetto di Taranto dr. Donato Carfagna, subentrato a Guidato, ne dispose con una propria ordinanza la chiusura. Una chiusura che ha conseguito alla cooperativa gestita dai fratelli Micelli, una valanga di cause e vertenze di lavoro dei dipendenti i quali avanzavano stipendi da mesi, qualcuno addirittura di anni.

Micelli ha provato più volte ad infiltrarsi anche nella politica, partecipando alla manifestazione della Leopolda di Firenze organizzata da Matteo Renzi, ma a Taranto non ha mai trovato spazio. Successivamente affiancato da un ex-consigliere comunale Alfredo Spalluto, il faccendiere Salvatore Micelli ha presentato una lista civica alle ultime elezioni Amministrative del Comune di Taranto, guidata da sua sorella Barbara Micelli, lista che per fortuna non è riuscita ad eleggere alcun consigliere comunale nel capoluogo jonico. La sorella del Micelli peraltro è affetta da disabilità per disturbi psichiatrici, come ha reso noto lo stesso “faccendiere” in una sua testimonianza resa dinnanzi al Tribunale di Taranto.

 

Alfredo Spalluto e Salvatore Micelli

Recentemente Micelli ed il suo degno “compare” Alfredo Spalluto, si sono iscritti al PSI di Taranto, partito del quale guarda caso era segretario provinciale un altro pregiudicato e cioè quel Fabrizio Pomes condannato per il “processo Alias” alla mafia tarantina, con sentenza definitiva della Corte di Cassazione lo scorso settembre ad 11 anni ed 8 mesi di carcere, e nel quale militava l’ex consigliere comunale Cosimo Gigante rinviato a giudizio per aver truffato l’amministrazione comunale per 94.000 euro !

Siamo sicuri che a questo punto il PSI a Taranto non cambi sigla in PPI, e cioè Partito Pregiudicati Italiani ?

 

 

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Grazie, Antonello de Gennaro

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