di Francesca Laura Mazzeo
ROMA – Sono oltre 120mila le domande per accedere al reddito di cittadinanza che sono state raccolte e presentate in due giorni dalle diverse strutture impegnate su questo fronte. Alle 92.094 domande presentate agli sportelli di Poste Italiane, direttamente allo sportello o tramite il sito gestito per conto del governo, si aggiungono infatti le 30mila raccolte dai Caf nel primo giorno di assistenza che se seguono lo stesso ritmo anche nel secondo giorno porterebbero il totale attorno alle 150mila domande.
Delle sole 44mila domande pervenute tra Poste italiane e web nel primo giorno di avvio del reddito di cittadinanza, una su tre (35,8%) è stata presentata al “Nord”. Quasi la metà (45%) delle richieste si concentra al Sud , mentre al Centro si sfiora il 20 per cento.
Sono questi i principali indicatori che emergono dai dati del Ministero del Lavoro, relativi al primo giorno di presentazione delle richieste attraverso i due canali degli uffici postali e online . Dato che non include le 30 mila domande raccolte dai Caf, per le quali non è ancora disponibile ad oggi una distribuzione ripartita regionalmente.
Analizzando la classifica delle richieste registrate il primo giorno, ai primi tre posti si piazzano la Campania (5.770 domande), la Lombardia (5.751) e la Sicilia (5.328). Per quanto riguarda le regioni del Nord, al secondo posto c’è il Piemonte (3.998), seguito dall’Emilia Romagna (2.268). Quanto al Mezzogiorno, ad arrivare alle spalle della Campania e della Sicilia sono la Puglia (2.950), la Sardegna (2.575) e la Calabria (1.810). La regione del Centro che si avvicina di più alla vetta è il Lazio (4.492), seguita da Toscana (2.648) e Marche (732).
Sulla base base di questi dati iniziali , le domande presentate finora al Nord risultano superiori rispetto alle attese mentre quelle al Sud, al contrario, sono inferiori alle aspettative. Attenendosi alle stime fornite dall’Istat in una recente audizione alla Camera dei Deputati, i potenziali beneficiari del reddito risiederebbero per il 25,5% al Nord, e per il 57,5% al Sud.
In coda per ottenere il Reddito di cittadinanza già dal primo giorno si è visto di tutto e di più: dagli stranieri di lungo periodo a italiani ufficialmente nullatenenti attirati dalla possibilità di “spillare” un nuovo sussidio allo Stato. E poi a Torino c’era anche lui, Rosario La Paglia, ex brigatista oggi 63enne: “Sono stato condannato per terrorismo con molte accuse – ha detto alle agenzie di stampa – all’epoca si parlava di fiancheggiatori, ho pagato il mio conto con la giustizia. Ora sono disoccupato dal 2017 ma non credo che mi daranno nulla per via del reddito delle mie figlie…“
“Ho mio marito e i miei fratelli in carcere e una bambina disabile e voglio anche io il reddito di cittadinanza”. Questa la richiesta è arrivata, nel primo giorno utile per consegnare le domande per ottenere il sussidio di Stato, da una donna del “clan Spada” di Ostia (Roma) , la famiglia che in primo grado ha ottenuto una condanna per “associazione mafiosa” e che detta legge sul litorale di Roma attraverso una rete di controllo del territorio che passa da attività criminali come racket, usura e occupazioni abusive. E così anche i parenti dell’ormai noto clan di Ostia si sono messi in fila. Tra i tre nuclei familiari che hanno presento domanda risulta in particolare una donna che ha riferito di avere i parenti in carcere ma una figlia disabile da mantenere. Impossibile però chiudere la cartella per gli addetti del Caf di Ostia. Il problema, secondo gli impiegati, sarebbe l’accesso ai conti correnti, pure dei congiunti che, essendo in prigione, è più difficile ottenere. E su questo la normativa non appare stringente. “Famiglie Spada? Si, ne abbiamo seguite per il modello Isee, ma non siamo riusciti a finirlo perché la signora aveva il marito il carcere, gli altri due fratelli in carcere…“, dicono da uno degli sportelli. Sono nullatenenti in teoria, ma solo sulla carta, visto che il clan gestisce a Ostia un racket lucroso proprio tra le fatiscenti abitazioni comunali del lido di Roma. Le condanne sono già arrivate su questo fronte per il clan Spada, con l’aggravante del metodo mafioso, tra accuse di minacce, violenze, sfratti forzosi da alloggi.
Dopo il caso degli Spada e della richiesta degli esponenti del clan di Ostia del reddito di cittadinanza, scattano le verifiche. La stretta sui requisiti d’accesso riguarderebbe le condanne riportate e i beni «fittiziamente» intestati. I controlli, riferiscono fonti impegnate sul dossier, sono già partiti e la macchina dell’INPS è già rodata, considerando che ogni anno ci sono migliaia di verifiche sull’Isee per dare l’ok, ad esempio, alle domande di bonus mamma o bonus bebè da parte delle famiglie. La catena di controllo dovrebbe funzionare così: i Caf comunicheranno all’Inps i dati contenuti nella Dichiarazione sostitutiva unica per la richiesta dell’Isee, tra cui quelli relativi al patrimonio finanziario di cui l’istituto non è a conoscenza finché non è il cittadino stesso a consegnarglieli, tramite l’autocertificazione. Quindi l’Inps verificherà con l’Agenzia delle Entrate se le informazioni messe a disposizione corrispondono alla reale consistenza patrimoniale aprendo un faro, oltre che sui registri della motorizzazione civile (per quanto riguarda le autovetture e ciclomotori oltre i 250cc ), anche su tutti i conti correnti, comprese le polizze e gli investimenti.
Successivamente quando il Reddito sarà stato erogato, entrerà in campo la Guardia di Finanza, cui spetta il compito di “scovare” i beneficiari “furbetti” che truffano lo Stato. Un esempio per tutti: utilizzano la card del reddito di cittadinanza, nel frattempo lavorano in nero. A inizio gennaio 2019 il Comando generale della Guardia di Finanza ha inviato a tutti i reparti sul territorio nazionale una circolare nella quale viene sottolineato che i Corpi devono “intensificare i controlli sui servizi in materia di prestazioni sociali agevolate“.
La Guardia di Finanza punta ad affidarsi ad Isac, un software che verrà utilizzato per la selezione di chi svolge attività di lavoro autonomo e di soggetti economici ritenuti a più alto rischio di evasione contributiva. Attraverso Isac, che è stato realizzato a seguito di una convenzione stipulata da Inps, Guardia di Finanza, Dogane ed Agenzia delle Entrate, vengono messe sotto controllo le dichiarazioni contributive e misurata l’attendibilità dello stesso datore di lavoro. Tutto questo consentirà di individuare e reprimere il lavoro in “nero”. Sono pesanti le conseguenze per chi viene beccato con le mani nel sacco a percepire il Reddito di Cittadinanza illecitamente: sono previste pene sino a 6 anni di galera. Occorre che oltre ai detenuti, sono stati esclusi fra coloro che possono richiederlo, i condannati con sentenza definitiva per reati di stampo terroristico e mafioso, o qualunque altro reato con “pena non inferiore a due anni di reclusione”
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