L’ex pm della Procura di Roma, ex presidente dell’ ANM vuole avviare un vero e proprio processo al processo a suo carico, ed ora tutta la giustizia italiana rischia di trovarsi , seppure se in maniera indiretta sul banco degli imputati .
Un tentativo in vista dell’inizio del giudizio disciplinare del prossimo 21 luglio, in quanto la lista di 133 nomi stilata dalla difesa di Luca Palamara potrebbe essere ridotta dal Consiglio Superiore della Magistratura, possibilità questa che il difensore del pubblico ministero al centro dell’inchiesta della procura di Perugia sulle nomine nelle procure italiane, a partire da quella di Roma, si augura non avvenga. “Mi auguro che il Csm non faccia come l’Anm”, è il commento che l’avvocato Benedetto Marzocchi Buratti con riferimento all’espulsione del magistrato dall’associazione sindacale delle toghe, avvenuta alcune settimane fa, senza che che al diretto interessato venisse data la parola davanti all’organo che stava per cacciarlo, in quanto, sostiene l’Anm, non previsto dallo Statuto .
Il Csm è diventanto palcoscenico del “teatrino” balzato agli onori delle cronache come lo scandalo delle nomine della magistratura, che dovrà decidere se e come sanzionare l’operato del suo ex consigliere e pm “congelato” della procura di Roma, Luca Palamara e degli altri 9 magistrati per i quali la Procura generale della Corte di Cassazione ha chiesto il giudizio. Le norme di legge prevedono delle sanzioni vanno dall’ammonimento alla destituzione per i magistrati responsabili di illeciti disciplinari.
Gli attori (o marionette) sul palcoscenico processuale che si aprirà il 21 luglio, seppure con ruoli diversi, potrebbero essere veramente numerosi, entrando a far parte in quella che l’avvocato di Palamara ha definito “lista poderosa” contenente un elenco di magistrati che comprende tutti i vertici delle correnti delle toghe a partire da Eugenio Albamonte della sinistra più estremista per finire a Piercamillo Davigo della (finta) destra, numerosi magistrati in servizio, molti dei quali alla procura di Roma, e persino quelli in pensione.
Nella lista sono presenti ex Guardasigilli, cioè ministri della Giustizia – come Andrea Orlando e Giovanni Maria Flick. componenti del Csm compreso il vicepresidente attuale, David Ermini, ed il suo predecessore, Giovanni Legnini, (entrambi indicati dal Partito Democratico) ma anche di togati o laici eletti nelle precedenti consiliature. sopratutto quelli “politici” chiamati a testimoniare dall’ex leader della corrente di Unicost.
L’elenco dei testimoni può essere diviso in due parti come spiega la difesa di Palamara: da una parte chi potrebbe essere a conoscenza delle evidenze e prove emerse con l’inchiesta della Procura di Perugia, e dall’altra quelli che dovrebbero conoscere molto bene come funzionava il “sistema” delle nomine sino a quando i pm umbri aprissero il fascicolo a carico del magistrato Luca Palamara. Sono tutte persone che hanno rivestito importanti ruoli istituzionali di vertice in passato, ed attualmente totalmente estranee all’inchiesta, come Massimo Brutti, ex senatore nonché togato a Palazzo dei Marescialli dal lontano 1986 al 1990, e come Cesare Mirabelli, consigliere del Csm in quella stessa lontana consigliatura di Palazzo dei Marescialli, che se ammessi come testimoni verranno chiamati a raccontare quel che ricordano della prassi con cui venivano scelti gli incarichi a quei tempi.
Il fine della difesa di Luca Palamara è quello di dimostrare di non aver inventato nulla di nuovo, e quindi di essere entrato a far parte, con un ruolo indiscutibilmente di rilievo, in un perverso meccanismo di lottizzazione ed interessi contrapposti già consolidato nel tempo. Una tesi, difensiva, chiaramente osteggiata da coloro i quali rivendicano, con grande difficoltà, che vi è una parte ampiadella magistratura estranea ai giochi di potere.
“Se mi chiameranno a testimoniare dirò le stesse cose dette un anno fa durante il congresso di Area”, ha detto ad HuffPost l’ex ministro della giustizia Giovanni Maria Flick . Il riferimento è a quando manifestò ai vertici dell’Anm l’intenzione di candidarsi come membro laico del Csm e gli venne risposto che della vicenda si occupavano le correnti della magistratura e i partiti:“Mi ringraziarono, ma credo con una punta di imbarazzo mi spiegarono che l’Anm era comunque estranea alla vicenda, trattata direttamente dai partiti con le correnti e con i togati espressi dalle correnti. E, per quanto ne sapevano, i giochi erano già fatti”, disse Flick nel suo discorso .
Scorrendo le 34 pagine della richiesta di ammissione dei testimoni, emerge inconfutabilmente la volontà e strategia difensiva di Palamara di voler dimostrare al Csm che “così fan tutti” e sopratutto che “così hanno sempre fatto” in particolare coloro che ambivano ad un incarico direttivo prendevano qualche contatto con i togati del Csm prima che l’iter di nomina prendesse piede.
Un sistema radicato e consolidato e secondo il legale di Palamara neanche troppo illecito, in quanto secondo quanto si evidenzia documentalmente nelle carte, si discuteva, si ragionava sulle nomine da fare, anche se talvolta non correttamente nella sede istituzionale, come accaduto quella famosa notte all’Hotel Champagne di Roma dove alla presenza dei deputati del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri (successivamente passato al seguito di Matteo Renzi ad Italia Viva) si parlava e tramava sulla nomina del futuro procuratore di Roma anche se “l’autonomia della scelta finale spettava, ai componenti della quinta commissione e del plenum del Csm”.
Se questa linea difensiva si radicasse nel processo disciplinare, il “peso” dalle spalle dell’ex presidente dell’Anm arriverebbe anche su quelle di tutti gli altri, e quindi suddiviso e distribuito tra decine e decine di persone il peso sarebbe molto più leggero ed anche semplice da portare. E’ questo quindi senza alcun’ombra di dubbio l’obiettivo della difesa, e cioè dimostrare che il comportamento di Palamara era solo una parte di una “sistema” generale già ben incardinato ed utilizzato da tutti.
Il procedimento disciplinare, come abbiamo detto sta per avere inizio e qualsiasi sarà il suo esito, non basterà a mettere la parola “fine” ad un terremoto che ha travolto la magistratura italiana, con una dirompenza forse mai registrata nella storia delle toghe scoperchiando pratiche, comportamenti e decisioni che poco hanno a che fare con l’amministrazione della giustizia nel nostro paese .
La sezione disciplinare che giudicherà l’operato di Palamara è composta dal Vice Presidente Fulvio Gigliotti che sostituirà il presidente della commissione David Ermini (vicepresidente del CSM) e dai componenti Paola Maria Braggion, Piercamillo Davigo, dai supplenti Emanuele Basile (in sostituzione del consigliere Gigliotti), Elisabetta Chinaglia (in sostituzione del consigliere Mancinetti). L’ accusa verrà rappresentata dal consigliere Antonio D’Amato (in sostituzione del consigliere Giuseppe Cascini, (che si era già astenuto in precedenza).
E’ arrivato il momento di una seria riforma della giustizia e della magistratura a 360°, ma è anche il momento che l’ Anm, cioè l’ Associazione Nazionale dei Magistrati capisca che le toghe sono chiamati a far rispettare ed applicare le legge, e che gli eletti dal popolo italiano a legiferare sono altri. Ambire a fare politica è giusto e legittimo, ma prima è necessario ed opportuno togliersi la toga ed uscire dalla magistratura, senza usarla a proprio comodo e piacimento come hanno fatto sinora in molti. Troppi.
Forse è bene ricordare che qualche magistrato per questo motivo è anche finito in carcere .