Sarà una vera e propria passerella dei vertici della magistratura se il Tribunale di Brescia accoglierà le liste di testi depositate dalle parti, per il processo all’ex consigliere del Csm ed ex pm di Mani pulite, Piercamillo Davigo, che inizia oggi a Brescia, chiamato a rispondere dell’ipotesi di reato di “rivelazione di segreto d’ufficio” , che si sarebbe configurato secondo la Procura di Brescia (competente sui reati commessi negli uffici giudiziari di Milano) dopo che nell’aprile 2020 il pm milanese Storari gli consegnó una copia in formato word, priva di firme, i verbali sulla presunta associazione segreta «loggia Ungheria» resi dall’ avv. Piero Amara ex consulente legale esterno Eni ai pm milanesi Laura Pedio e Paolo Storari.
Verbali in relazione ai quali il pm Storari contestava lo scarso attivismo giudiziario nelle indagini dell’ex-procuratore capo Francesco Greco e del procuratore aggiunto Laura Pedio, per accertare al più presto possibile le verità e le menzogne verbalizzate da Amara, in un immobilismo motivato dal timore (secondo Storari) dei vertici della Procura che potesse uscire sminuita la credibilità di Amara in altre sue dichiarazioni contro Eni assieme a quelle del coindagato Vincenzo Armanna, che erano state invece ritenute attendibili nel processo Eni-Nigeria dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e nella inchiesta sul collegato “depistaggio” giudiziario Eni dell’ aggiunta Pedio .
Negli elenchi dei testimoni depositati dall’accusa, dalla difesa, e dalla parte civile (il magistrato Sebastiano Ardita consigliere Csm costituitosi in giudizio contro Davigo) compaiono il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, il vicepresidente del Csm, David Ermini, i consiglieri Giuseppe Cascini, Stefano Cavanna, Nino Di Matteo, Fulvio Gigliotti, Giuseppe Marra, Ilaria Pepe, il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (ex-M5S), la segretaria di Davigo al Csm Marcella Contrafatto, ed i due giornalisti Liana Milella del quotidiano La Repubblica ed Antonio Massari de Il Fatto Quotidiano destinatari da anonimi mittenti delle copie dei verbali.
Paradossalmente il processo dinnanzi al Tribunale di Brescia potrebbe anche diventare un confronto all’americana seppure a distanza tra Davigo e Storari da un lato, e i vertici della Procura milanese (citati anche come testi) all’epoca degli scontri fra toghe, e cioè Francesco Greco (oggi in pensione), la sua aggiunta Laura Pedio (oggetto di una richiesta di archiviazione), l’altro suo vice Fabio De Pasquale (indagato a Brescia), nei confronti del quale (come anche per Storari) pende un procedimento disciplinare del Csm, chiamato a decidere su un’ eventuale incompatibilità ambientale.
La Procura di Brescia ha presentato ricorso a sua volta contro l’ assoluzione di Storari decisa in primo grado (con rito abbreviato) lo scorso 7 marzo dalla giudice Federica Brugnara: per la procura bresciana «non è certamente frequente imbattersi in una sentenza di assoluzione per il riconoscimento di errore di diritto per ignoranza inevitabile della legge extrapenale, specie se ad essere imputato è un magistrato della Repubblica, soggetto che interpreta e applica le norme per professione».
Che tutto questo sia l’anticamera della fine del fantomatico “rito ambrosiano” del Palazzo di Giustizia di via Freguglia a Milano, che sembra aver sottratto alla procura romana l’appellativo di “Porto delle nebbie“, o un semplice regolamento di conti interno alle correnti della magistratura ?