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29 Novembre 2024 18:34

A Napoli il “Bancomat” del reddito di cittadinanza: operazioni illecite in una macelleria per 24mila euro al mese

Il "sistema" truffaldino che è costato ai tre macellati napoletani l’accusa di truffa ai danni dello Stato e un sequestro di beni (due società di macelleria e poco più di 80mila euro in contanti), era molto semplice: gli Iavarone (a secondo di chi era presente in macelleria) effettuavano con persone dotate di card di reddito di Cittadinanza delle transazioni per l’acquisto di carne che in realtà non veniva venduta .

Ogni giorno nel Borgo Sant’Antonio Abate, a Napoli molte delle persone che entravano in una macelleria non lo facevano per acquistare carne ma bensì per trasformare in contanti il Reddito di cittadinanza di cui beneficiavano, attività che è illegale. Gli Iavarone, padre (Domenico) e due figli (Gaetano e Lorenzo), avevano creato un metodo (illegale) per convertire gli importi che per legge possono essere spesi solo a mezzo transazione elettronica e per spese di prima necessità in soldi contanti, lucrando su quelle operazioni.

i macellai napoletani Lorenzo e Gaetano Iavarone

Il “sistema” truffaldino che è costato ai tre napoletani l’accusa di truffa ai danni dello Stato e un sequestro di beni (due società di macelleria, l’ “Antica Macelleria” ed il “Bisteccaio” e poco più di 80mila euro in contanti), era molto semplice: gli Iavarone (a secondo di chi era presente in macelleria) effettuavano con persone dotate di card di reddito di Cittadinanza delle transazioni per l’acquisto di carne che in realtà non veniva venduta .

Grazie alla disponibilità di liquidità di somme in contanti, i macellai versavano ai finti clienti “complici” l’importo transato che veniva decurtato di una percentuale che oscillava tra il 10 e il 20%, che trattenevano per loro. “Quanto devi fare” chiedeva domanda Domenico Iavarone a una donna dall’accento straniero che lo scorso 28 aprile si presentava in macelleria per effettuare il “cambio’”. la donna diceva «Quattrocento» ed allora il macellaio la invita a digitare il codice sul Pos senza sapere che la ‘cimice’ della Guardia di Finanza registrava persino il fruscio delle banconote che il macellaio iniziava a contare, dicendo “Sono 34″ cioè la somma di 340 euro, consegnata alla donna mentre i restanti 60 euro venivano trattenuti dagli Iavarone.

Una precedente conversazione del 9 febbraio spiegava chiaramente il “sistema” cambio-percentuale , durante la quale Lorenzo Iavarone rendicontava a suo padre l’operazione effettuata: “La carta a questo… al 10 per cento… gli ho fatto due e quattro… due e quattro…”. Il padre non capiva ed allora il figlio gli spiegava che aveva prelevato 3mila euro in banca e poi di aver fatto “quattro carte… tre da 500 e una 900“, per 2400 euro, meno le “spese” pari a 240 euro che venivano trattenute dagli Iavarone. In un caso registrato invece, si è arrivati anche ad applicare il 20% un cliente : “Gli ho fatto 1000 e gli ho dato 800“, diceva Lorenzo Iavarone.

Un business illecito che rendeva. L’“Antica Macelleria” è presa d’assalto, al punto tale che in qualche occasione si esaurisce il denaro contante utile a monetizzare le transazioni. “Sta una signora… sta aspettando te…” dice Gaetano Iavarone a suo fratello Lorenzo nella telefonata del 30 marzo “Ha detto che deve avere quattro e quaranta… gli ho fatto il Pos ma i soldi non ci sono“. Lorenzo Iavarone si irritava: “Embè, gli fai il Pos e non ci sono i soldi? Ora devo portare io i soldi per la signora… dille che sto venendo”.

Il 28 aprile la cimice delle Fiamme Gialle registrava un’altra telefonata importante nel corso della quale Domenico e Lorenzo Iavarone si soffermavano sui conteggi. “Noi abbiamo cacciato 28.280… ventotto due ottanta a trentuno e quattro… sono tremila centoventi di sgobbo“, diceva Lorenzo. Per gli investigatori il contenuto della conversazione era più che chiaro: i due Iavarone stanno ragionando sulla circostanza di avere dichiarato falsi acquisti di carne per 31.400 euro allo scopo di coprire la monetizzazione del Reddito di Cittadinanza e di avere “versato” 28.280 euro ai clienti collusi, incassando illegalmente così 3.210 euro. Un incasso netto che riguarda un breve lasso di tempo.

Come risulta dagli atti dell’indagine “nel periodo dall’11/03/2020 al 9/03/2021 la società (Iavarone n.d.r.) ha effettuato incassi, mediante Pos, di somme provenienti da carte RdC intestate a diverse persone di nazionalità rumena, per un importo complesso di euro 290.167,14“. facendo qualche calcolo ed un pò di conti emerge che venivano effettuate in media operazioni illecite pari a 24mila euro al mese. Che non sono spiccioli. Una truffa allo Stato di cui gli Iavarone sono consapevoli vantandosene al telefono, senza sapere chiaramente di essere intercettati. “Il reddito ci ha salvato… “, diceva il 4 marzo Lorenzo Iavarone mentre parlava al telefono con la madre. “Stiamo avendo un business di 200/210mila euro totali” racconta, spiegando di non avere avuto alcuna difficoltà alcuna a pagare i fornitori.

Tutto bene, per gli Iavarone la cui unica preoccupazione era riuscire a far quadrare i conti, poiché stava diventando un problema sul piano contabile giustificare l’enorme divergenza tra gli incassi tracciati e la reale vendita di carne, ed infatti negli atti di indagine compare puntualmente anche il ruolo di un commercialista sul quale sono in corso accertamenti. Sono numerose le intercettazioni che proverebbero le responsabilità degli indagati. In una si sente Gaetano Iavarone dire al suo interlocutore che gli spiega di avere altri potenziali “clienti”: “Falli venire, ma non devono mai dire al telefono la parola “cambiare”. Tanto qui possiamo cambiare quante carte volete: cinque, dieci, 20 anche 30“.

Le indagini coordinate dalla Guardia di Finanza e condotte dai pm Landolfi e Scarfò della procura della Repubblica di Napoli stanno virando anche sui titolari delle card ‘collusi’ con gli Iavarone e due Caf, uno con sede a Secondigliano (quartiere di Napoli) ed uno a Roma, che ha curato le pratiche per il rilascio delle card ‘strisciate’ nella macelleria al Borgo Sant’Antonio Abate. Dagli accertamenti effettuati Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli guidata dal generale Domenico Napolitano, è emerso che la maggior parte dei titolari delle card è di nazionalità straniera, ma si è fatto anche largo il sospetto che molti titolari in realtà non esistano neppure. Le intercettazioni hanno infatti registrato un cumulo di operazioni con più card fatte però da una sola persona.

Ma non solo in alcuni casi, si legge dagli atti di indagine, i possessori della card non avrebbero neppure maturato tutti i requisiti per poterne beneficiare. Ecco perché i riflettori si sono accesi sui titolari dei due Caf che, guarda caso, conoscevano anche gli Iavarone, e anche su alcuni uffici della seconda e terza municipalità di Napoli, dove lavorava qualcuno che riusciva a fabbricare finti decreti di cittadinanza, per lo più intestati a cittadini extracomunitari, per ottenere poi il reddito di cittadinanza. Una circostanza che lascia pensare ad un ampliamento delle indagini in corso.

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