Il gup Vilma Gilli del Tribunale di Taranto ha respinto l’istanza di revoca della misura cautela presentata dall’avvocato Nicola Marseglia che assiste l’industriale Fabio Arturo Riva che resta in carcere. Il giudice dell’udienza preliminare che nella prossima settimana dovrà valutare decidere in merito al noto procedimento denominato “Ambiente svenduto” in cui l’industriale è imputato a pieno titolo, insieme con altri 48 soggetti e tre società controllate dai Riva, presunti responsabili dell’ inquinamento causato dall’ILVA e per gli episodi e collegamenti illeciti che vedrebbero coinvolta la famiglia Riva, ha spiegato che “sussistono esigenze cautelari connesse” con il pericolo di reiterazione dei reati e dell’inquinamento probatorio.
La dottoressa Gilli nel rigettare l’istanza di revoca della misura cautelare, ha fatto espressa menzione di un presunto “patto familiare” attraverso il quale i Riva, all’epoca dei fatti, avrebbero deciso come occultare ed utilizzare a propri fini, gli utili della gestione societaria nel settore siderurgico. Del “patto familiare” vi è un chiaro riferimento in un rapporto che la Guardia di Finanza di Milano aveva steso e depositato in relazione all’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco della Procura di Milano sulle varie diversificate attività della famiglia Riva. Il rapporto dei finanzieri , secondo quanto ci è noto, è stato acquisito anche dalla magistratura di Taranto e quindi inserita negli atti con cui la procura del capoluogo jonico aveva espresso parere negativo alla revoca della misura restrittiva nei confronti di Fabio Arturo Riva.
Dal “patto” reso noto dalla Guardia di Finanza di Milano, che sarebbe stato raggiunto dai membri della famiglia Riva si desumerebbe l’interesse sempre attivo nonostante la rinuncia all’eredità del “patron” Emilio Riva, nelle questioni economiche e giudiziarie dell’ ILVA, azienda che in passato aveva prodotto a spese della salute degli operai e della cittadinanza tarantina, ricavi milionari che attraverso operazioni fittizie sarebbero poi stati trasferiti all’estero, come rivelato da una indagine della Guardia di Finanza sotto il coordinamento della magistratura lombarda.
A seguito di questa decisione adottata dal Gip tarantino, è quasi certo che i legali di Fabio Arturo Riva ricorrerano al Tribunale del Riesame, contestand0 ( a loro dire) la sussistenza delle esigenze cautelari alla base del mantenimento della misura. Riva è peraltro accusato, in concorso con altri, di “associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento delle sostanze alimentari, all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro“, reati aggiuntisi ad altre contestazioni formulate dalla procura per “corruzione, falso ed abuso d’ufficio“.
Fabio Arturo Riva compare nell’elenco degli imputati a carico dei quali la Procura di Taranto ha richiesto il rinvio a giudizio od eventuale la condanna nel caso in cui gli imputati decidano di passare per il rito del giudizio abbreviato(che diminuisce la pena). Riva come ben noto si era “rifugiato” in Inghilterra a Londra avviando una battaglia legale opponendosi inutilmente all’estradizione richiesta dalla Magistratura italia, ed infatti la Corte di Londra ha concesso l’estradizione. Fabio Arturo Riva aveva “subito” un’ulteriore sconfitta legale delusione. Infatti: per la seconda volta è arrivata dalla giustizia britannica il consenso alla sua estradizione In Italia, per decisione del giudice John Zani della “City of Westminster Magistrates Court” che ha dato parere favorevole al trasferimento e traduzione in carcere di Fabio Riva in Italia, a seguito anche della richiesta avanzata dalla magistratura di Milano.
Il gip di Milano Fabrizio D’Arcangelo , lo stesso che ha autorizzato l’utilizzo dei fondi ( un miliardo e 200 milioni di euro) sequestrati ai Riva in Svizzera, aveva emesso infatti anche un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare per una presunta truffa ai danni dello Stato da circa cento milioni di euro, per la quale l’industriale Fabio Arturo Riva è stato già condannato in primo grado (e confermata in appello) a 6 anni e mezzo di carcere. Il passaggio che aveva prodotto l’ordinanza è collegato alle indagini relative all’inchiesta avviata dal pubblico ministero Stefano Civardi e dal procuratore Francesco Greco della Procura di Milano per delle ipotesi di reato in materia finanziaria, societaria e fiscale del Gruppo Riva.