Michele Santoro si avvicina a queste elezioni con “un profondo smarrimento, mai provato in vita mia” ed affida il suo pensiero in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. Una sensazione amara per chi ha sempre osservato la politica con passione, “pensando, con il mio lavoro, di spingere i partiti a rinnovarsi“. Oggi non più, afferma il giornalista, giustificando la sua opinione spiegando che “nel sistema politico non riesco a trovare nessuna forma di rappresentanza, non c’è nessuno che si opponga in modo credibile alla guerra“.
Nel suo ultimo libro, in uscita domani, dal titolo “Non nel mio nome” rivolge un atto di accusa, un grido di dolore, “che penso sia condiviso da tanti cittadini, umiliati e abbandonati dalla politica“. Secondo Santoro la guerra in Ucraina è sparita dalla campagna elettorale, “un tema che è stato completamente rimosso per affermare il principio che non possiamo fare nulla di diverso da quello che stiamo facendo. Assistiamo a un’immane distruzione e continuiamo a sprecare risorse sulle armi, convinti che non sia possibile una soluzione politica. Si va avanti con un atlantismo di maniera, come fa il segretario del Pd, senza prendere il toro per le corna“.
Santoro incredibilmente (e giustamente secondo noi) è molto critico nei confronti di quei partiti che hanno fatto venir meno il Governo Draghi: “è stato un errore portare il Paese al voto così rapidamente. Si poteva trovare una soluzione per andare avanti altri 2 o 3 mesi con Draghi. Sono rimasto molto deluso dalla scelta del presidente Mattarella, che pure ammiro: costringere gli italiani a votare in queste condizioni è un colpo basso“.
Il giornalista voleva provare a creare un nuovo soggetto politico, ma non ha dato seguito ai suoi propositi, e spiega le ragioni: “Credo che in Italia si avverta forte l’esigenza di un partito che non c’è, che sappia rappresentare le persone partendo dalle loro condizioni di vita. Non voglio fondare nulla, ma provare a rispondere a questa domanda e verificare la possibilità di aggregare chi si sente come me” esternando la sua rabbia: “abbandonati alla periferia della politica, così da non poter interferire con il potere. Umiliati nell’esercizio del nostro diritto fondamentale, espropriati della possibilità di scegliere i nostri rappresentanti, indicati dai partiti senza tenere in alcun conto i territori. Mi sento come se avessi subito un furto in casa“.
Da uomo di televisione Michele Santoro parla anche sui confronti televisivi tra i leader dei partiti, che come avviene all’estero dovrebbero essere garantiti. “Bisogna provarci, anche con questa frammentazione politica. In Francia o negli Stati Uniti è più facile. Da noi o elimini la legge sulla par condicio, e io sarei favorevole, o devi inventarti modalità alternative. Lo strumento della tribuna politica, rivisto, mi sembra il più adatto. Ma lì l’ultima parola veniva data ai partiti maggiori, basandosi sul peso parlamentare, non sui sondaggi, quindi non toccherebbe certo a Meloni e a Fratelli d’Italia” dice il giornalista commentando il confronto (bloccato) tra Letta e la Meloni a Porta a Porta, aggiungendo “era una chiara violazione della par condicio, perfino l’Agcom ha dovuto riconoscerlo. Del resto, Vespa è uno specialista di violazioni non segnalate: quando consentì a Berlusconi di allestire il set con la scrivania per firmare il contratto con gli italiani fu clamoroso, un show che avvantaggiò il leader di Forza Italia, mentre il suo avversario rimase seduto a rispondere alle domande. Ma all’epoca l’attenzione dell’Agcom era tutta sulle mie trasmissioni“.