“Quello che è grave è che intercettazioni che non hanno alcuna rilevanza penale, anziché essere stralciate, siano finite a un giornale e siano state pubblicate. Sono in atto delle verifiche per accertare eventuali responsabilità e il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha aperto un fascicolo. Purtroppo, non è la prima volta che succede, speriamo che sia l’ultima.”. Così il ministro per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, risponde a un’interrogazione del deputato M5S, Daniele Pesco, durante il question time della Camera. La domanda del parlamentare pentastellato verte sulla conversazione tra il premier Matteo Renzi e il generale della Gdf Adinolfi, intercettata nell’ambito dell’inchiesta su Cpl Concordia e pubblicata su Il Fatto Quotidiano. “Il governo – risponde la Boschi – non ha intenzione di rispondere su supposizioni, ipotesi, forse addirittura illazioni. Il resto è legittimo e probabilmente appassionante per gli interessati al genere fantasy”. Poi spiega: “Sul pranzo citato, il governo non ha nulla da riferire, perché non sono coinvolti esponenti del governo. Per quanto riguarda le intercettazioni sulla telefonata tra Adinolfi e Renzi, durata una manciata di secondi, non si fa riferimento mai né a possibili sostituzioni o promozioni nella Guardia di Finanza, né tanto meno a possibili ricatti esistenti nei confronti di Giorgio Napolitano. Del resto, basta conoscere anche superficialmente il Presidente emerito per sapere che qualsiasi congettura di ricatto è quanto meno fantasiosa e inverosimile”. E aggiunge: “Per quanto riguarda l’ipotesi oggetto della telefonata che l’allora presidente del Consiglio Letta sostituisse e cambiasse uno o due dei suoi ministri, non è nulla di più e nulla di meno di quello che si poteva leggere in quei giorni su tutti i giornali o di cui discutevano tutti i talk show televisivi. Non c’è nessuna ipotesi invece nella telefonata di un cambio del presidente del Consiglio. Quindi, nulla di segreto, nulla di nascosto, nulla di nuovo, soprattutto”. Non ci sta la deputata del M5S, Francesca Businarolo, che contesta punto per punto la risposta del ministro e commenta: “Il quadro che ci si presenta, ancora di più alla luce delle sue non risposte, è veramente desolante”
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di Fiorenza Sarzanini
“Non è che sto lì a fare il comandante in seconda. Io mi vado a incatenare davanti a via XX Settembre“: così parlava il 28 gennaio 2014 il generale Michele Adinolfi. E invece un anno e mezzo dopo, esattamente lunedì 6 luglio, è diventato comandante in seconda, vice di Saverio Capolupo. Cioè l’uomo che aveva cercato in ogni modo di ostacolare rivolgendosi a politici e ministri – come lui stesso racconta – per impedire che rimanesse al vertice della Guardia di Finanza. È l’effetto paradossale di una legge che impone la nomina automatica del generale più anziano. E tanto basta per comprendere quale sia il clima che si respira in queste ore all’interno delle Fiamme gialle. Quanto alto sia il livello di tensione che segna le decisioni di un comandante consapevole di potersi ormai fidare di pochissime persone. Alla scadenza del suo mandato mancano nove mesi, ma quel che potrà accadere sino ad allora nessuno è in grado di prevederlo. Perché i giochi si sono riaperti, le rivalità interne appaiono ora più che mai evidenti e il rischio forte è quello di una lacerazione dei rapporti tra i vertici che può avere effetti negativi sull’intero Corpo. Svariate nomine sono state decise nelle ultime settimane, ma per comprendere davvero che cosa stia accadendo bisogna tornare a tre mesi fa, e sviluppare la trama emersa in un’inchiesta penale che coinvolgeva Adinolfi soltanto marginalmente e invece l’ha fatto tornare, suo malgrado, protagonista.
La visita al Pd
È il 3 aprile quando i giornali pubblicano stralci dell’informativa dei Carabinieri del Noe depositata dai magistrati di Napoli dopo gli arresti dei responsabili della Cpl Concordia. Nel documento si evidenzia “la reazione del generale Michele Adinolfi rispetto alla proposta di proroga del generale Saverio Capolupo come comandante della Finanza, manifestando il proposito di non rassegnarsi così facilmente”. Ma anche “il fatto che, alla vigilia della proposta di nomina in Consiglio dei ministri del comandante generale della Finanza, Adinolfi si sia recato nella sede di un partito politico (il Pd, ndr) entrando, peraltro, volutamente dalla porta laterale e secondaria”. Si fa cenno a “conversazioni del generale con Matteo Renzi e con Luca Lotti” – compreso l’invio di numerosi sms – ma i colloqui sono coperti da omissis e dunque non se ne conosce il dettaglio. Ufficialmente Capolupo non ha alcuna reazione, Adinolfi invece smentisce pubblicamente di aver ordito qualsiasi manovra. Non basta. I rapporti già tesi tra i due diventano gelidi, ai vertici di via XX Settembre appare chiaro quel che fino ad allora si era soltanto sospettato. La «manovra» che qualcuno aveva ipotizzato per evitare che Capolupo ottenesse una proroga del suo mandato adesso si mostra nella sua evidenza, anche se mancano dettagli e non si sa con precisione chi abbia aiutato Adinolfi a tessere la tela dei rapporti politici. C’è soddisfazione per il fatto che Renzi non abbia comunque ceduto alle “pressioni“, rimane il problema per il comandante di individuare di chi potersi davvero fidare.
Il capo di stato maggiore
La tensione si riverbera anche in altri settori. Capolupo conta su alcuni fedelissimi, ma appare indebolito. Ci sono numerosi dossier aperti, la squadra che lo affianca talvolta non sembra assecondare pienamente le sue direttive. Il generale capisce che forse è arrivato il momento di effettuare alcuni avvicendamenti. Il capo di stato maggiore Fabrizio Cuneo viene destinato al comando aeronavale centrale – dove intanto era andato Adinolfi – e lascia il posto a Giancarlo Pezzuto che con Capolupo ha già collaborato a Milano ai tempi di “Mani Pulite“. La nomina a vicecapo dell’Aisi, una delle due agenzie dei servizi segreti, di Vincenzo Delle Femmine consente invece di far tornare a Roma in un ruolo strategico come la guida dei Reparti speciali, Luciano Carta, generale apprezzato e stimato da tutti. Altri incarichi ritenuti importanti per la tenuta e la stabilità della Guardia di finanza – ad esempio il Comando Regionale del Lazio affidato a Bruno Buratti – sono stati già decisi. Ma la partita non è chiusa, come del resto dimostra quanto emerso proprio dalle carte processuali di Napoli.
La scorsa settimana, quando il Fatto Quotidiano pubblica l’intercettazione di Adinolfi che parla con Renzi del governo guidato all’epoca da Enrico Letta e quelle in cui si raccomanda agli uomini del suo entourage per diventare comandante generale, si svela che cosa è accaduto un anno fa. E si conferma la solidità di rapporti e amicizie consolidati nel corso degli anni sul quale il generale continua a contare. Le nuove carte depositate a Napoli, questa volta senza omissis delineano i contorni della trama e i suoi protagonisti.
«Ci vediamo all’ispettorato»
Ci sono dettagli che spiegano più di mille parole. E sono in molti tra gli ufficiali di vertice ad aver notato quanto si sia impegnato per Adinolfi, il generale ora in pensione Vito Bardi, finito due volte sotto inchiesta a Napoli e poi uscito indenne dalle accuse. Ma anche la familiarità con il generale Giorgio Toschi, il comandante dell’ispettorato istituti di istruzione, fratello di Andrea Toschi, l’ex presidente della Banca Arner arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla holding di partecipazione finanziaria Sopaf. Il 17 gennaio, proprio nei giorni di massima agitazione per l’imminente proroga di Capolupo, i Carabinieri intercettano una telefonata e annotano: “Bardi chiama Adinolfi e gli dice: “Mi diceva coso che alle 6 sei lì all’ispettorato… poi alle 8 andiamo a prendere le signore”. Dicono che andranno alla Taverna Flavia “tanto per stare un po’ insieme”. Adinolfi dice che sarà “all’ispettorato alle 5.30”.
Gli investigatori accertano che la riunione all’ispettorato avviene proprio nell’ufficio di Toschi e la sera i tre vanno a cena con le mogli. Nel ristorante viene piazzata una microspia, l’argomento affrontato è sempre lo stesso: la rimozione di Capolupo. Del resto appena qualche giorno prima Adinolfi lo aveva detto chiaramente anche a Dario Nardella, uno degli uomini più vicini a Renzi e all’ex capo di gabinetto del ministero dell’Economia Vincenzo Fortunato. E se l’era presa con l’allora ministro Fabrizio Saccomanni: “Io non ci vado più, voglio che il ministro lo ascolti, mi sono fatto sentire da ben altri ministri e lui lo sa”. Ancor più esplicito era stato in un sms inviato a Luca Lotti: “Siamo tutti senza parole, un ministro che non si sa se resta, che sei mesi prima porta in consiglio una nomina di questa portata”. Adinolfi e Capolupo ora convivono sullo stesso piano al comando generale. I loro uffici sono divisi da un lungo corridoio. La partita per la successione appare ancora tutta da giocare.
* articolo tratto dal Corriere della Sera
Questo l’articolo del Fatto Quotidiano che ha svelato le intercettazioni
di Vincenzo Iurillo e Marco Lillo
Le strategie per prendere il posto di Enrico Letta, spiegate dalla viva voce di Matteo Renzi in una telefonata dell’11 gennaio 2014, meno di un mese prima di suonare la campanellina dello sfratto al suo predecessore. Renzi, si scopre oggi, propose a Letta l’onore delle armi, uno specchietto per le allodole o una promessa che non si poteva mantenere e nemmeno rifiutare: il Quirinale nel 2017 in cambio di Palazzo Chigi. Ma Letta, che Renzi definisce “un incapace”, non accetta e così l’allora sindaco lo asfalta.
Nell’indagine di Napoli sulla Cpl Concordia c’è la vera trama della svolta politica. Il 10 gennaio 2014 Renzi va a Palazzo Chigicon Delrio. Qui avrebbe fatto la proposta all’allora premier, come racconta l’indomani. Ore 9.11, Renzi risponde al comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, allora indagato per una sospetta fuga di notizie che sarà archiviato su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock. Renzi parla sul suo cellulare, una “utenza intestata – annotano i Carabinieri del Noe – alla Fondazione Big Bang”. Quel giorno compie 39 anni.
Matteo Renzi : Signor generale!
Adinolfi – GdF : Mi dicono fonti solitamente ben informate che ti stai avviando anche tu verso una fase di rottamazione.
Matteo Renzi : È la disinformatia del partito…
Adinolfi – GdF :: Come stai amico mio? Tanti auguri, tanti auguri e complimenti. Matteo, spero di vederti in qualche occasione.
Matteo Renzi : Con molto, molto piacere. La settimana prossima sarà un po’ decisiva perché vediamo se riusciamo a chiudere l’accordo sul governo. E…
Adinolfi – GdF : Rimpastino?
Matteo Renzi : Sì, sì. Rimpastino sicuro. Rimpastone, no rimpastino! Il problema è capire anche… se mettere qualcuno dei nostri…
Adinolfi – GdF :: È lì il punto! O stare fuori, va bene?
Matteo Renzi :No, bisogna star dentro.
Adinolfi – GdF :: Oppure stare dentro.
Matteo Renzi : Stare dentro però rimpastone.
Adinolfi – GdF :: Significa arrivare al 2015.
Matteo Renzi : E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
Adinolfi – GdF : È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
In sostanza Renzi anticipa a un generale, non un suo consulente ma al limite un suo controllore, una strategia che nessuno ha mai svelato: la staffetta (il “rimpastone”) con un risarcimento, il Quirinale nel 2017, per l’inquilino sfrattato da Palazzo Chigi. Proposta rifutata. Due i problemi, spiega Renzi al generale: Letta jr ha 46 anni, dovrebbe aspettarne tre per il compimento dei 50, soglia minima per il Colle, e non si fida. Inoltre “il numero uno” alias Napolitano, giustamente, è contrario.
Matteo Renzi :Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace. E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
Adinolfi – GdF : Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica.
Matteo Renzi :Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
Adinolfi – GdF: E allora?
Matteo Renzi : L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già detto.
Adinolfi – GdF : Sì sì, certo certo.
Matteo Renzi : Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.
Adinolfi – GdF : Sì sì, ho capito.
Matteo Renzi : Purtroppo si fa così.
Adinolfi – GdF : Non ci sono alternative, perché quello, il numero uno non molla e quindi che fai?
Renzi conferma che Napolitano è contrario e aggiunge:Berlusconi è favorevole. Il patto del Nazareno c’era già 8 giorni prima di essere siglato. L’incontro Renzi-Berlusconi è del 18 gennaio, ma fu annunciato il 16, cinque giorni dopo la telefonata.
Matteo Renzi : E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
Adinolfi – GdF : Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
Matteo Renzi :Grazie.
Adinolfi – GdF : (…) Se vuoi il colore lo puoi cambiare, ci sono dei rossi e dei neri, va bene? (ride)
Matteo Renzi :No ma va bene, poi io amo il calcio minore per cui va bene.. un abbraccio forte.
Adinolfi – GdF : Che stronzo! Ciao, ciao. Buon compleanno, buona giornata.
Per comprendere l’ultimo passaggio bisogna sapere che Adinolfi è milanista e amico fraterno di Adriano Galliani da trenta anni. Inoltre è amico di Gianni Letta, come dimostrano altre conversazioni depositate nelle quali Letta senior lo sponsorizza mentre Letta jr lo fa fuori dalla corsa a comandante generale. Inoltre è considerato vicino a Berlusconi. Forse per questo Renzi gli parla del leader di Forza Italia quasi come se fosse un amico comune, a differenza di Napolitano. Se questo aiuta a capire perché Renzi, notoriamente viola, accetti una cravatta da un rossonero, non spiega perché il leader della sinistra italiana si faccia chiamare “stronzo” da un amico di Berlusconi, che vuole promuovere a capo della Finanza. Ma questa è un’altra storia.
* articolo tratto da Il Fatto Quotidiano