Avrebbero fatto spogliare un detenuto lasciandolo seminudo per due ore in una cella per poi colpirlo ripetutamente con i manganelli in dotazione e con pugni. E’ quanto si legge nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari del Gip Valerio Trovato, eseguita dalla polizia, su delega del dell’aggiunto Giuseppe Lombardo, e del sostituto procuratore Sara Perazzan della Procura di Reggio Calabria guidata dal procuratore capo Giovanni Bombardieri , nei confronti di 8 appartenenti alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria a cui sono stati contestati i reati di tortura e lesioni personali aggravate. I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio 2022 e vedono come parte offesa un solo detenuto campano Alessio Peluso, 30 anni, considerato un esponente di spicco della camorra, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno.
Secondo la ricostruzione operata contenuta negli atti giudiziarie, per coprire tali condotte, Stefano Lacava Comandante del Reparto per mettersi al riparo da conseguenze avrebbe poi redatto per una eventuale denuncia da parte del detenuto, una serie di relazioni di servizio, comunicazioni di notizie di reato ed informative al Direttore del carcere, in relazione alle quali gli sono state contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.
Nei giorni successivi, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, lo stesso ufficiale avrebbe tentato di costringere, illegittimamente, un suo sottoposto a mostrargli delle relazioni di servizio relative alla sorveglianza dello stesso detenuto, e per tale motivo è stata formulata a suo carico anche l’ipotesi di tentata concussione.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile reggina, diretta da Alfonso Iadevaia. su delega dalla Procura di Reggio Calabria, sono state avviate a seguito della denuncia depositata dai familiari di alcuni detenuti, tutti di origine campana, a cui le persone recluse, nel corso di colloqui telefonici, avevano riferito di essere stati malmenati all’interno del carcere. I successivi approfondimenti investigativi, anche attraverso l’escussione dei reclusi da parte del pm titolare delle indagini, hanno permesso già in una prima fase di circoscrivere ad un solo detenuto le condotte violente, così come poi confermato dalla visione e analisi delle telecamere interne alla casa circondariale.
“Va segnalato che le gravi condotte contestate sono ascrivibili alla responsabilità personale solo di alcuni appartenenti alla Polizia Penitenziaria, – evidenzia la Questura di Reggio Calabria in una nota – che presta servizio all’interno della struttura penitenziaria in questione con abnegazione, sacrificio e senso del dovere, e con pieno rispetto dei diritti e della dignità dei detenuti ivi ristretti“.
I nomi
Sei gli indagati colpiti dalla misura degli arresti domiciliari: il comandante della Penitenziaria, Stefano Lacava (classe 1974, nato a Firenze e residente a Reggio Calabria); Fabio Morale (1977, Messina); Domenico Cuzzola (1977, Reggio Calabria); Pietro Luciano Giordano (1967, Villa San Giovanni); Placido Giordano (1971, Taurianova); Alessandro Sgrò (1983, Sant’Agata MilItello).
Due gli indagati sospesi dall’esercizio di un pubblico ufficio: Alessandro Guglietta (1969, Sant’Agata Miltello Messina) e Carmelo Vazzana (1970, Reggio Calabria).
Diversa, e più attenuata, la posizione di altri sei indagati, che il Gip di Reggio Calabria si è riservata la decisione all’esito dell’interrogatorio: Stefano Munafò (1988, Villa San Giovanni), Angelo Longo (1981, Barcellona Pozzo di Gotto), Diego Ielo (1965, Reggio Calabria), Antonio Biondo (1976, Melito Porto Salvo), e il medico Sandro Parisi (1959, Reggio Calabria), Vincenzo Catalano (1969, Reggio Calabria) ed Egidio Vincenzo Catalano (1969 Reggio Calabria).