Roberto Saviano dopo i suoi volgari e brutali attacchi “urlati” a raffica contro Giorgia Meloni, una volta resosi conto delle conseguenze penali in arrivo, sta giocando negli ultimi giorni la carta del vittimismo . Lo scrittore campano dovrà affrontare quelli che sono gli effetti delle sue parole, anche perché il presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione di tornare sui propri passi e ritirare la querela
Intervistata da Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, Giorgia Meloni ha spiegato di non avere alcuna intenzione di ritirare le denuncia contro Saviano, che aveva detto “«Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: “taxi del mare”, “crociere”… viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”.
“Ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione”, spiega la leader di Fratelli d’Italia ora alla guida del Governo. “L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una “bastarda”. E quando gli è stato chiesto se quella parola non fosse distante dal diritto di critica ha ribadito il concetto“, precisa. “Non capisco la richiesta di ritirare la querela perché ora sarei presidente del Consiglio: significa ritenere che la magistratura avrà un comportamento diverso in base al mio ruolo, ovvero che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge? Io credo che tutto verrà trattato con imparzialità, vista la separazione dei poteri. Ma penso anche che una certa sinistra non debba considerarsi al di sopra della legge. Sto semplicemente chiedendo alla magistratura quale sia il confine tra il legittimo diritto di critica, l’insulto gratuito e la diffamazione” ha aggiunto la Meloni.
Il messaggio della Meloni è forte e chiaro. Essere, come si dice, “di sinistra” non mette al riparo dalle conseguenze. Una lezione che Roberto Saviano sta imparando proprio adesso. Lo scrittore campano si è di fatto defilato, annunciando via lettera di aver rinunciato agli eventi pubblici che lo avrebbero visto impegnato. Non ha neppure mancato di attaccare quella che lui definisce “opinione pubblica amica”, responsabile secondo lui di non averlo schermato dallo “squadrismo quotidiano” dei “giornali di estrema destra, in alcuni casi pagati direttamente da esponenti della maggioranza parlamentare“. Va ricordato che il reato di diffamazione aggravata (art. 595 comma 3) in questo caso dal fatto che la diffamazione sarebbe avvenuta in un talk show televisivo, è punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o la multa non inferiore a 516 euro.