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22 Luglio 2024 17:06
22 Luglio 2024 17:06

Maxiprocesso clan Casamonica, per la Corte d’ Appello di Roma “È mafia”

È stata confermata anche in appello l'accusa di associazione mafiosa per clan dei Casamonica, gruppo criminale si Roma. Nell'ambito del processo sono imputate circa 40 persone.
di Valentina Rito

I giudici della Corte d’Appello di Roma hanno confermato l’accusa di mafia per il clan Casamonica. La sentenza è arrivata dopo oltre sei ore di camera di consiglio. A rappresentare l’accusa nel maxiprocesso il sostituto procuratore generale Francesco Mollace, con i pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani applicati nel procedimento, che nel corso della loro requisitoria avevano ribadito le accuse per il clan: dall’associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura alla detenzione illegale di armi. Con la sentenza pronunciata oggi pomeriggio nell’aula bunker di Rebibbia, i giudici hanno confermato l’impianto accusatorio accogliendo il ricorso della procura su quattro posizioni riconoscendo il 416bis, ed escludendo soltanto l’aggravante di essere un’associazione armata.

Il clan Casamonica

I Casamonica sono arrivati a Roma nel 1939 da Tortoreto, un piccolo paese in provincia di Teramo. Luciano Casamonica, il capostipite di questa famiglia, si stabilì nella zona Sud Est di Roma. Il clan è diventato negli anni uno dei gruppi criminali più importanti della Capitale. Una galassia formata da “diversi nuclei familiari in autonomia tra di loro ma tutti riconducibili a una medesima discendenza e connotati da un comune senso di appartenenza e da uno spirito di mutuo soccorso”. Le attività illegali sono state tutte portate avanti “nel quadrante sudest della Capitale, nei quartieri Arco di Travertino, Appio, Tuscolana, Romanina: Il comune senso di appartenenza di tali nuclei – si legge nelle motivazioni – è diffusamente conosciuto e percepito da coloro che risiedono in tale area della città e che sono vittime dell’azione criminale dei singoli associati come un elemento di rafforzamento della forza intimidatrice del gruppo, poiché connotato da un numero potenzialmente enorme di associati, ciascuno pronto ad intervenire a sostegno delle pretese criminali del singolo in caso di bisogno“. 

“L’indagine della procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della capitale”, aveva detto Mollace nel suo intervento nelle scorse udienze. Un clan, aveva sottolineato il pm Musarò, “con una forza di intimidazione impressionante. La ‘galassia’ Casamonica è quella peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è ‘bisogno’”. Un clan, aveva sottolineato il pm Musarò, ”con una forza di intimidazione impressionante. La ‘galassia’ Casamonica è quella peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è bisogno”. Proprio Musarò, nella sua requisitoria dello scorso maggio 2021, citò anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Massimiliano Fazzari (ex affiliato) e Debora Cerreoni (moglie di Massimiliano Casamonica, membro di spicco del clan e “gagè”, mai accettata dal clan seppur parte integrante del gruppo) che descrissero la struttura e le modalità con cui agiva il clan. 

In primo grado, il 20 settembre 2021, erano state comminate 44 condanne per oltre 400 anni carcere. Al maxiprocesso si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai carabinieri del Comando provinciale di Roma nell’ambito dell’indagine ‘Gramigna’, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Musarò e Luciani.

gli arredi in oro dei bagni dei Casamonica

La condanna più alta, a 30 anni, è andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano. Condanne pesanti anche per Massimiliano Casamonica 28 anni e 10 mesi, 24 anni a Pasquale Casamonica, 26 anni e 2 mesi a Salvatore Casamonica, 15 anni e 8 mesi a Liliana Casamonica, 16 anni e 2 mesi a Giuseppe Casamonica, 16 anni e 6 mesi a Guerrino Casamonica.

“E’ una sentenza equilibrata. Sono state escluse alcune aggravanti e altre confermate, è stata confermata l’impostazione accusatoria. La procura di Roma ha svolto un gran lavoro e questo è un grande risultato”. A dirlo il sostituto procuratore generale di Roma Francesco Mollace commentando la sentenza d’Appello. “Una sentenza che si incanala nel solco di altre sentenze come quelle sui clan Spada, Fasciani, Gambacurta che hanno riconosciuto l’esistenza della mafia nel territorio laziale”, ha aggiunto Mollace.

“Non credevo che i giudici potessero essere più conformisti di quelli di primo grado, ma ci sono riusciti. Sono deluso”. Ad affermarlo l’avvocato Giosuè Bruno Naso difensore, tra gli altri, di Domenico Casamonica, dopo la sentenza d’Appello del maxiprocesso. “Il problema non sono le accuse dei pm – prosegue – ma il conformismo dei giudici“.

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