Oggi il collega Luciano Fontana, direttore del quotidiano CORRIERE DELLA SERA, ha pubblicato questa lettera ricevuta sulla vicenda della condanna a Maurizio Costanzo sul caso Gessica Notaro, ritenuto responsabile di una più che discutibile diffamazione, che tale a nostra parere non era . Questa la lettera ricevuta e pubblicata:
Caro direttore,
non tutte le democrazie muoiono con marce su Roma. Alcune hanno morti lente con l’impercettibile erosione delle norme democratiche nell’indifferenza generale. L’erosione era percettibile leggendo nei giorni scorsi sul Corriere la notizia della condanna di Maurizio Costanzo a un anno di carcere (con pena sospesa) e 40.000€ di multa per aver «diffamato» un magistrato. La «diffamazione» consisterebbe nell’aver complimentato sarcasticamente il magistrato che aveva deciso di lasciare in libertà l’uomo che avrebbe poi sfregiato il volto di Gessica Notaro con dell’acido. La sentenza è preoccupante per le sue implicazioni per il diritto di critica e la libertà di stampa. È dovere della stampa e dei giornalisti monitorare i detentori del potere — giudiziario incluso — e criticarli quando falliscono nei loro incarichi, come in questo caso nella protezione dei cittadini. Non vedo come sarà possibile svolgere tale dovere se criticare un magistrato vuol dire rischiare la prigione o la bancarotta. Come impediamo che questa sentenza diventi la nuova norma ? Come fermiamo l’erosione del diritto di critica?
Emmanuel Carlo Mahieux.
Caro signor Mahieux,
Ha ragione a preoccuparsi e dovremmo farlo tutti, non solo noi giornalisti. Le querele sono spesso diventate uno strumento non per ottenere giustizia rispetto a un torto subito ma per intimidire ed esercitare pressioni. Le sentenze nei tribunali sono spesso molto variabili e la certezza del diritto alcune volte è aleatoria. Una situazione che spinge a cattivi pensieri: quando le cause riguardano poteri costituiti le difficoltà tendono a moltiplicarsi. Nel caso di Maurizio Costanzo spero che ci sia un «giudice a Berlino» nei gradi successivi del processo e che possa essere ripristinato il diritto di dire che siamo sconcertati se un uomo violento viene rimesso in libertà e poi sfregia una donna. In generale dovrebbe essere un meccanismo stringente che blocchi le querele temerarie e senza fondamento. Perché se le critiche diventano automaticamente diffamazione i diritti di chi scrive e di chi legge, e forse anche la democrazia, sono in grave pericolo.