L’operazione di di rifinanziamento della ex Ilva prosegue, dopo che Invitalia ha ricevuto la scorsa settimana la lettera di accredito dal Tesoro dei 680 milioni destinati Acciaierie d’Italia holding (AdI) e ieri pomeriggio il CdA presieduto da Franco Bernabè ha deliberato la richiesta del finanziamento in conto aumento di capitale secondo quanto prescrive il codice civile. Solo che mentre lo Stato mette i soldi, gli indiani di Arcelor Mittal rappresentanti dall’ Ad Lucia Morselli continuano a non aprire il portafogli.
Il finanziamento statale, che a maggio 2024 consentirà di ritornare in possesso della gestione completa societaria, prevede una manovra complessiva da 750 milioni, di cui 70 milioni erano previsti a carico di ArcelorMittal, azionista di AdI con il 62%, mentre Invitalia attualmente detiene il 38%. Ma il gruppo controllato dalla famiglia Mittal ancora una volta si sottrae ai suoi impegni finanziari pretendendo di conferire crediti già maturati. Crediti di cosa non è ancora dato capirlo, considerato che lo stabilimento è di proprietà di ILVA in A.S. ed in fitto all’ ex Arcelor Mittal Italia (ora Acciaierie d’ Italia) e la gestione Morselli è molto indietro nei pagamenti anche per i canoni di affitto dello stabilimento.
Questa ipotetica operazione di conferimento lede sul patrimonio poichè la ex Ilva ha bisogno di liquidità per far fronte a vari impegni con i fornitori. In realtà sarebbe necessaria un’iniezione di liquidità da parte del socio di maggioranza attuale (Arcelor Mittal)e non di una verosimile partita di giro contabile .
Anche perchè Acciaierie d’Italia per avere i soldi da Invitalia è tenuta a presentare un piano finanziario in cui venga specificato e giustificato l’utilizzo in quanto, bisogna procedere con attenzione e con adempimenti formali che tutelino gli amministratori da eventuali rischi penali, nonostante il decreto del governo di fine dicembre contenga uno scudo penale. Due settimane fa, durante un’audizione di in Parlamento, l’ Ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli (nominata in quota Arcelor Mittal) ha lamentato i ritardi nelle procedure sul finanziamento di 680 milioni sostenendo di disporre di un parere di Sabino Cassese attestante l’incostituzionalità del decreto.
Secondo fonti ministeriali, per liberare i 680 milioni, il piano di spesa da inviare a Invitalia dovrà giustificare nel dettaglio come verranno utilizzati, considerato che la ex Arcelor Mittal Italia ha nei confronti dell’ ENI un debito di 380 milioni che ha indotto la società energetica a tagliare le forniture, e un’esposizione di circa 270 milioni verso SNAM, per l’anticipo-garanzia di febbraio 2023 e le forniture di metano di novembre e dicembre 2022 e gennaio 2023 . Senza dimenticare l’esposizione debitoria milionaria con le aziende dell’indotto.
La realtà che non emerge nelle audizioni parlamentari della Morselli , come ci rivela una fonte dirigenziale interna, è che la struttura impiantistica dello stabilimento di Taranto è giunta ormai al suo stato di precarietà diffusa e riguarda gli impianti dell’ area a caldo, in particolare l’ Acciaieria dove oggi risultano disponibili solo 2 convertitori sui 6 totali, a causa delle mancate manutenzioni di ripristino degli stessi. Identica situazione di precarietà riguarda gli impianti di laminazione a caldo ed a freddo dello stabilimento, dove si producono i Colis d’acciaio che sono il principale prodotto finito dell’ azienda.
Un’altra situazione di assoluta emergenza sarebbe la mancanza di ordini da parte dei clienti ingenerata da una gestione scellerata del vertice aziendale, che avrebbe creato una rottura con il mercato nel primo e secondo semestre dello scorso anno, generando come conseguenza una copertura attuale di ordini dei clienti di poco più di una settimana di produzione di acciaio dello stabilimento con gli attuali livelli produttivi legati ai 2 altiforni in marcia a regime ridotto, sui 3 totali disponibili.
Il portafoglio ordine totale dei clienti sarebbe equivalente a poco più di un mese di produzione contro una normale copertura di almeno 3 mesi. Ma non solo, infatti vi è una diffusa assenza di materie prime essenziali sia per gli altiforni che per le acciaierie che causa una dannosa ed intermittente marcia degli altiforni che dovrebbero invece produrre in maniera continua.
La contestata gestione della Morselli dal punto di vista organizzativo e manageriale viene ritenuta dagli addetti ai lavori “distruttiva e scellerata” sia nei confronti delle figure manageriali che hanno consolidata competenza in materia da anni, con continui frenetici avvicendamenti che di fatto destabilizzano la gestione industriale dello stabilimento di Taranto e dell’intero Gruppo, affidando funzioni strategiche a persone dotate di profili professionali di scarse competenze, e nei confronti delle maestranze con la totale chiusura al dialogo. Un atteggiamento analogo a quello adottato dalla Morselli nei confronti dei sindacati, degli enti locali e delle Autorità.
L’ attuale “Decreto Legge Aiuti” prevede la disponibilità di 1 miliardo di euro a beneficio di Acciaierie d’ Italia da parte di Invitalia con modalità tecniche ancora da definire. Sono in molti ad essere preoccupati se tale importo dovesse essere utilizzato dall’attuale gestione Morselli, verrebbe dilapidato in pochissimi mesi per far fronte agli elevati debiti in essere contratti, rendendo così vano l’intervento governativo, che molti attendono, per un cambio immediato della governance e definire un chiaro e fattibile piano industriale per il futuro, traguardando l’obiettivo della decarbonizzazione in tempi tecnicamente ragionevoli. Altrimenti la “gestione Morselli” decreterà la fine dell’acciaieria italiana più importante. Gli analisti calcolano in 2,5 miliardi di euro, degli innesti economici di liquidità che servono soltanto a mantenere a galla la vita economica dell’azienda ma non a garantire un vero e proprio rilancio.
E tutto ciò mentre i Mittal si apprestano a realizzare una sede “monumentale” nel Lussemburgo, L’edificio a Torre di 5 piani interrati e 16 piani fuori terra, è stato progettato dello studio di architettura Wilmotte di Parigi, a seguito di un concorso di architettura, che costerà svariate decine e decine di milioni di euro. Ma non solo infatti l’ultimo bilancio disponibile (2021) di Arcelor Mittal registra un utile netto da quasi 11 miliardi di dollari e un margine per tonnellata da 263 dollari. I dati produttivi vedono 52,6 milioni di tonnellate prodotte dall’inizio dell’anno di cui 47,2 milioni vendute.
E questi signori hanno bisogno dei soldi dello Stato italiano ? Forse è arrivata l’ora di mettere fine a questa scellerata gestione supportata dalle decisioni politiche adottate dai due ministri dello sviluppo economico dei rispetti governi Conte 1 e Conte 2, cioè Patuanelli e Di Maio. Qualcuno lo spieghi al ministro Urso.