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22 Novembre 2024 01:52

Pinelli: “Csm prossimo al default, si deve lavorare di più”

Il vicepresidente neo eletto del Consiglio superiore della magistratura nella prima seduta del plenum parla di "un notevole arretrato»" e si sofferma sulla necessità organizzativa di "un cambio di passo"

Il vicepresidente neoeletto Fabio Pinelli aprendo la prima seduta del plenum, ha annunciato “la fine dell’emergenza” connessa alle vicende che hanno coinvolto gli ex-consiglieri Luca Palamara e Piercamillo Davigo, evidenziando che il Consiglio superiore della magistratura è prossimo al default e dovrà lavorare di più, evidenziando al plenum la necessità ed opportunità di svolgere la propria funzione “con correttezza, trasparenza e fedeltà al proprio mandato costituzionale per poter essere di nuovo un’istituzione meritevole della fiducia dei cittadini e dei magistrati”.

Dopo aver verificato il “notevole arretrato dei lavori del Csm“, iniziando dalle nomine dei vertici degli uffici giudiziari con scoperture da colmare che risalgono addirittura dal 2018, il vicepresidente Pinelli ha pianificato un “cammino accelerato per i primi 90 giorni per dare il segno del cambio di passo che i cittadini si attendono“. Il piano di lavoro, “pienamente condiviso” con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che è anche il presidente del Csm) ed approvato all’unanimità dal plenum, prevede l’abolizione della tradizionale “settimana bianca“, secondo la quale i lavori si fermavano per una settimana al mese.

Nel prossimo trimestre è annunciata la messa a punto di un “progetto costituente”, frutto di un ripensamento organizzativo “che individui gli snodi funzionali che provocano le inefficienze”. Il Csm si trova attualmente infatti in una “grave difficoltà funzionale, ha tempi dilatati di discussione e decisione che impongono di modificare questi ritmi”.

Per non parlare poi delle scoperture dei posti nelle procure ed uffici giudiziari risalenti al 2018 e al 2019, i cui dati sulle nomine dei vertici parlano chiaro. Il Consiglio che si è appena insediato ha ereditato 35 nomine direttive e 56 semidirettive che si sarebbero dovute fare nel 2021, e quasi l’intero fardello del 2022 con 81 ruoli direttivi e 91 semidirettivi ancora tutti da definire e nominare.

In relazione alle conferme dei capi degli uffici giudiziari, previste ogni quattro anni per rimuovere quelli inefficienti, da definire ci sono 295 fascicoli, alcuni risalenti addirittura al 2015 circostanza che significa che una decisione arriverà quando ormai è inutile, in quanto il quadriennio successivo si è già concluso! Le lungaggini procedurali coinvolgono anche l’approvazione dei progetti organizzativi degli uffici giudiziari: quelli relativi al triennio 2020/2022 “non sono stati ancora valutati se non in parte“. E restano da valutare 122 progetti organizzativi presentati dai procuratori capo e 167 dei capi degli uffici giudicanti.

In occasione del primo plenum tenutosi oggi, il Csm ha dato semaforo verde alla collocazione fuori ruolo di alcuni magistrati scelti dal ministro di Giustizia. Le prime nomine importanti arriveranno presto: sta per andare in pensione il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio dopo il cui pensionamento il governo ha pronta una norma da approvare per aumentare l’età pensionabile dei magistrati. Mentre in Cassazione bisognerà colmare il posto di procuratore aggiunto, dove si prospetta una competizione tra l’avvocato generale Renato Finocchi Ghersi e l’attuale segretario generale del Csm, Alfredo Viola.

La nomina del procuratore capo di Reggio Calabria torna in quinta commissione che propone al plenum i candidati agli incarichi direttivi, Lo ha deciso all’unanimità nuovo Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha dovuto prendere atto della seconda consecutiva sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso presentato dal magistrato Domenico Seccia, attuale sostituto procuratore della procura generale presso la Corte di Cassazione, contro la delibera del precedente plenum Csm, con la quale era stato conferito l’incarico di guidare la procura ordinaria e antimafia di Reggio Calabria per la seconda volta a Giovanni Bombardieri .

il magistrato Giovanni Bombardieri

C’erano evidenti carenze motivazionali nella delibera con la quale il Consiglio Superiore della Magistratura, nel luglio del 2022, aveva affidato nuovamente l’incarico di procuratore capo di Reggio Calabria al magistrato Giovanni Bombardieri ex procuratore aggiunto di Catanzaro. Lo scrive nella sentenza il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso presentato dal sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Domenico Seccia. Palazzo Spada ha ordinato di provvedere sulla nomina “attraverso un giudizio comparativo che tenga conto che il dottor Bombardieri non ha documentato significative esperienze nella trattazione di reati di mafia ai sensi dell’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., e non può vantare esperienze direttive, ma solo semidirettive, che consentano di avvalersi della consistenza organica dell’ufficio di N. 07410/2022 REG.RIC. Procura in cui ha svolto le funzioni in questione. A questo scopo è assegnato il termine di 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, notificazione della presente sentenza”.

Palazzo Spada, sede del Conisglio di Stato

I giudici del Consiglio di Stato hanno evidenziato che “l’intento elusivo” del Csm (nella precedente consigliatura uscente “è particolarmente evidente sul punto laddove si consideri che la consistenza organica di un ufficio non può essere ascritta a chi ha in esso ricoperto funzioni semidirettive, e che, con particolare riferimento agli uffici requirenti, ha dunque ivi svolto il coordinamento solo di un gruppo di sostituti ad esso addetti, e non certo di tutti quelli in organico nell’ufficio medesimo, come sottolinea il ricorrente nella propria memoria conclusionale“. Inoltre, il Consiglio di Stato, aveva scritto nella sua sentenza che in caso di persistente inottemperanza “è nominato sin d’ora commissario ad acta il vice-presidente del Consiglio superiore, che dovrà provvedere senza potersi avvalere della facoltà di sub-delegare l’incombente“.

il Presidente del Tribunale di Roma Roberto Reali

Con tre sentenze pubblicate ieri (la n.1349, 1350 e 1351) il Consiglio di Stato ha definitivamente confermato la legittimità della nomina di Roberto Reali quale titolare dell’incarico direttivo di Presidente del Tribunale di Roma. I giudici di Palazzo Spada hanno giudicato corrette legittime le delibere del Consiglio Superiore della Magistratura, secondo cui risultano prevalenti le doti attitudinali e di merito del Dott. Reali sugli altri candidati. Le tre pronunce del Consiglio di Stato hanno pertanto condiviso le articolate motivazioni dell’organo di autogoverno della magistratura ordinaria, chiarendo che: il candidato, dottor Buonomo, non era legittimato ad assumere l’incarico di presidente del Tribunale di Roma, per ragioni di incompatibilità con la sede territoriale, dove prestava servizio sua moglie; il profilo del candidato dottor Masia aveva manifestato elementi indicativi di una non adeguata idoneità all’attribuzione dell’incarico; la dottoressa Mingrone, anch’essa aspirante all’incarico, era in possesso di rilevanti indicatori attitudinali e di merito, che, nella complessiva valutazione comparativa, risultano tuttavia recessivi rispetto a quelli riferiti al dottor Reali.

Restano anche da scegliere i procuratori capo di Napoli e di Firenze. A Napoli i favoriti sono il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, quello di Bologna Giuseppe Amato e quello di Potenza Francesco Curcio; per la guida della procura di Firenze si contendono la nomina il procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco ed il rappresentante italiano presso Eurojust, Filippo Spiezia.

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