Il crescente “nervosismo” di Mulè” ed il suo sentimento di gratitudine reverenziale nei confronti del suo leader-padrone Silvio Berlusconi, devono averlo accecato al punto tale da offendere in diretta, il collega giornalista Alessandro De Angelis, condirettore del quotidiano Huffington Post, che peraltro è il compagno nella vita dell’attuale ministro Annamaria Bernini (anche lei esponente di Forza Italia) .
Nel corso della puntata del 15 febbraio di Tagadà (La7) talk show politico condotto da Tiziana Panella, affrontando il discorso dell’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby ter (grazie solo ad un errore procedurale della Procura di Milano e non certamente nel merito) , Mulè se l’è presa con De Angelis, intervenuto nel corso della stessa trasmissione: “La persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi si concretizza nella 135ª assoluzione perché il fatto non sussiste, non per l’insufficienza di prove o per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto non c’è. De Angelis, bestemmiando alla sua stessa professionalità, dice cose che non vanno bene quando parla di ‘quelli di Forza Italia che si devono guadagnare lo stipendio’. In realtà è De Angelis, che per guadagnarsi due minuti di popolarità debba continuare a gettare fango nei confronti di chi dice le sue idee in maniera lineare. Lo lascio alla sua ignoranza. Se una persona viene assolta questo alto numero di volte c’è un problema in questo Paese. De Angelis ha detto tante fesserie”.
La conduttrice Tiziana Panella ha immediatamente difeso la libertà di De Angelis e dei vari giornalisti di discutere del caso Berlusconi, in quanto era il presidente del Consiglio all’epoca. Mulè non accetta il rimbrotto e resta della sua idea: “Io non mi permetto di giudicare la morale di De Angelis, né quella di nessun altro. C’è una verità giudiziaria però. Se la porta della camera da letto è chiusa e c’è un rapporto consenziente non autorizzo nessuno a farmi la morale. Non accetto la morale di ‘Don’ De Angelis. È un caso giudiziario che dovrebbe fare scuola su come non si fa un’inchiesta in Italia”. Ma probabilmente Mulè deve aver dimenticato di leggere con attenzione il codice di procedura penale, nonostante abbia iniziato la sua carriera come cronista di giudiziaria.
Leggere poi successivamente le ultime dichiarazioni del vicepresidente della Camera Mulè, rivolte alla parlamentare Montanaruli esponente del partito del premier Giorgia Meloni, in seguito alla condanna definitiva a un anno e sei mesi per peculato nel processo ‘Rimborsopoli’ della Regione Piemonte insieme ad altri consiglieri regionali la quyale ha dichiarato: “Ho deciso di dimettermi dall’incarico di Governo per difendere le istituzioni certa della mia innocenza – annuncia Montaruli -. Se ciò non avvenisse sarei come coloro che vorrebbero demolito il senso dello Stato, rendendolo debole con una ricerca costante di una giustificazione alle proprie azioni, sentendosi moralmente superiori o cercando di piegare le norme ai comportamenti, addirittura ostentando clemenza verso chi agita l’arma del ricatto e per scappare dalla legge si vorrebbe ridisegnare vittima, rimanendo nell’ombra davanti alla ‘protesta più forte’ di chi la vita se l’è tolta davvero poco più di un anno fa”.
Mulè evidentemente desideroso di uscire sui giornali aveva subito dopo commentato riferendosi alla Montanaruli: “Lei o il suo partito devono trarre le conseguenze e capire cosa fare, nel suo caso c’è una condanna definitiva, si deve valutare se mette in imbarazzo il governo”, dimenticando però la condanna del suo amato presidente-sponsor-protettore Berlusconi, anch’egli condannato in via definitiva (con ritiro del passaporto !) e ciò nonostante resta il “deus ex machina” e principale finanziatore di Forza Italia. Onestamente viene solo da ridere o preoccuparsi che Mulè così giovane stia perdendo la memoria. Ma probabilmente la citazione latina “pecunia non olet” (trad.: i soldi non puzzano) deve essere molto presente nella sua nuova vita politica fuori dal Governo eletto grazie al volere di Silvio Berlusconi., che alle ultime elezioni politiche anticipate del 25 settembre 2022 lo ha candidato alla Camera dei Deputati come capolista nel collegio plurinominale (cioè listino “bloccato”) di Palermo dove è stato eletto.
Alcune agenzie stampa hanno riportato le repliche di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia. “Mulè pensava di metterci in difficoltà con le sue provocazioni: ha preso uno schiaffo morale dalla Montaruli la cui impronta gli manterrà la faccia ben più rossa di quanto rubiconda già sia. Che provocatorie insinuazioni vengano da un personaggio come Mulè, che di pregiudicati eccellenti nel suo partito ne vanta più di uno, è intollerabile”, come ha riportato l’AGI , attribuendo il virgolettato ad esponenti di Fratelli d’Italia. Le parole di Mulè, rilevano in Fratelli d’Italia, “hanno creato infatti non poco subbuglio, visto che anche Berlusconi è un condannato in via definitiva e ciononostante resta il deus ex machina degli azzurri“.
L’attuale vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ha la memoria corta…dimenticando una propria condanna subita nel 2013 dal Tribunale di Milano a 8 mesi di reclusione senza sospensione condizionale della pena, dal giudice di primo grado, Caterina Interlandi, ricevuta durante la sua direzione del settimanale Panorama il cui editore era Silvio Berlusconi attraverso le società di famiglia. Mulè venne processato per una diffamazione ai danni del procuratore di Palermo, Francesco Messineo, in relazione ad un articolo del 2010 pubblicato sul settimanale che lui dirigeva.
Mulè era stato condannato per aver definito il magistrato Messineo “come “privo di carisma”, dirigente della Procura di Palermo solo formalmente e “tanto in ombra” come “Procuratore a termine”, a cui si contrappone “un Procuratore ombra, che è il vero capo”, “discusso Messineo” e così via, il tutto con un riferimento insinuante a vicende familiari della parte offesa“. La condanna per fortuna di Mulè venne ribaltata dalla Corte d’Appello che assolse Mulè “perché il fatto non sussiste”.
Il permaloso vice presidente della Camera azzurro, ha replicato piccato a Fratelli d’ Italia : “Leggo su tutte le agenzie di stampa frasi che mi riguardano con il ricorso a espressioni gravi e grevi attribuite a “fonti autorevoli di Fratelli d’Italia”. Non c’è risposta alcuna da dare per il semplice fatto che tutta la costruzione delle invettive anonime si basa su fatti mai avvenuti. Poiché ritengo impossibile che queste espressioni siano da attribuire a “fonti autorevoli” mi vedo costretto a sollecitare gli autorevoli esponenti di Fratelli d’Italia a prendere immediatamente le distanze da queste gravissime, velenose e calunniose affermazioni al limite della minaccia“, dice Mulè. “Ove ciò non avvenisse – ma lo escludo dice Mulè – mi appello ai giornalisti affinché rivelino l’identità di queste “fonti autorevoli” facendole uscire da un anonimato che sa solo di viltà“. A parere nostro di viltà c’è solo il suo attacco alla Montanaruli.
Ma possibile che nessuno abbia mai ha spiegato a Mulè che esiste il segreto professionale per i giornalisti? Possibile che non abbia letto nel corso della sua fortunata carriera migliaia e migliaia di dichiarazioni a giornali ed agenzie di stampa, provenienti da “ambienti” di vari partiti ?