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22 Novembre 2024 02:23

La Procura di Torino chiede la condanna di Emiliano ad un anno per finanziamento illecito. Lui ai giudici: “Ho sofferto quanto voi”

La vicenda trae origine dalle primarie del Pd nel 2017. L’imprenditore Giacomo Mescia viene chiamato in causa per un versamento di circa 24 mila euro alla Eggers, la società torinese che curava la campagna elettorale del governatore pugliese nelle primarie del Pd. Qualcosa sul giudice del processo che nessun giornale ha mai raccontato....

Il pm Giovanni Caspani della procura di Torino ha chiesto la condanna a un anno di reclusione e 90mila di multa  per Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, nel controverso processo in corso a Torino per finanziamento illecito. ha proposto la stessa pena per il suo ex capo di gabinetto Claudio Stefanazzi ora parlamentare del Pd ( difeso dall’avvocato Luigi Covella), ed otto mesi per gli imprenditori Vito Ladisa (difeso dall’avvocato Michele Laforgia)e Giacomo Mescia del gruppo Margherita (difeso dall’avvocato Gianluca Ursitti) 

All’esame del Tribunale di Torino vi sono le somme versate dai due imprenditori alla Eggers di Pietro Dotti, la società del Torinese che si era occupata della campagna elettorale del governatore pugliese nelle primarie del Pd, in cui Emiliano era candidato contro Matteo Renzi ed Andrea Orlando. Secondo la Procura si trattava di un “finanziamento occulto“, anche sei i documenti prodotti da Ladisa hanno smentito l’ipotesi accusatoria degli inquirenti. Nelle precedenti udienze l’imprenditore barese Ladisa ha fatto dichiarazioni spontanee : “Non ho mai finanziato Emiliano, né direttamente né indirettamente. Io e la mia azienda è stata la sua versione siamo estranei ai rapporti fra Eggers ed Emiliano. Quell’anno contattai Piero Dotti per una nostra campagna di comunicazione. Ci incontrammo alcune volte: lui svolse il lavoro, mi presentò il contro e pagai. Lui mi parlò una sola volta di Emiliano definendolo un cattivo pagatore. Gli risposi che delle questioni del governatore non mi interessavo. Io non frequento Emiliano e nel 2017 neppure lo sostenni“.

La vicenda trae origine dalle primarie del Pd nel 2017. L’imprenditore Giacomo Mescia viene chiamato in causa per un versamento di circa 24 mila euro alla Eggers, la società torinese che curava la campagna elettorale di Emiliano. Il fascicolo su Mescia inizialmente era stato  trasmesso dalla Procura di Torino a quella di Roma, la quale dopo avere chiesto l’archiviazione della parte delle accuse relativa a irregolarità nelle fatturazioni, ha restituito il fascicolo per competenza a Torino. Le accuse iniziali sostenute dalla Procura di Bari non sono state condivise dagli inquirenti piemontesi che le hanno “ridimensionate” nell’avviso di conclusione delle indagini: l’inchiesta barese ipotizzava anche i reati di abuso di ufficio e induzione indebita, successivamente decadute. Il fascicolo era stato trasmesso a Torino perché è nel capoluogo piemontese che risiede l’imprenditore Dotti, quindi il presunto reato si sarebbe consumato lì.

La difesa di Emiliano aveva anche provato a trasferire il processo a Foggia, forse considerata più vicina, ma la procura di Torino ha sollevato conflitto di attribuzione, che la Corte di Cassazione ha risolto ritenendo che fosse il capoluogo piemontese la sede deputata per definire la vicenda.

Michele Emiliano con l’avvocato Gaetano Sassanelli

L’avvocato Gaetano Sassanelli, legale di Emiliano, ha chiestol’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché Michele Emiliano non lo ha commesso”. “Il processo che si sta celebrando è nato da un esposto anonimo fatto che dovrebbe mettere in guardia sulla strumentalità della vicenda” ha evidenziato l’ Avv . Sassanelli che ha proseguito “Emiliano a mio avviso si trova senza aver fatto nulla a rispondere di una colpa d’autore, non per la sua condotta, dunque, ma per il suo ruolo e se si deve rispondere per quello che si è o per quello che si è commesso bisogna prendere atto che non c’è alcun rilievo penale perché Emiliano non poteva nè doveva occuparsi delle questioni che gli vengono contestate”. “È chiaro che Emiliano, in una vita dedicata alla difesa della legalità, ha dato fastidio a molti – conclude l’ avv . SassanelliAll’inizio si parlava di gravi ipotesi di reato, siamo finiti in Cassazione perché qualcuno non voleva mollare il processo come invece avrebbe dovuto fare (il riferimento è molto chiaro: la Procura di Bari n.d.r. ) . E non credo sia un caso che quando ci si è allontanati da Bari la vicenda si sia ridimensionata“.

Emiliano, ha reso delle dichiarazioni spontanee davanti al giudice Alessandra Salvadori:Forse in passato quando la sentivo pronunciare da altri commettevo l’errore di considerarla una frase fatta: ora dico che confido nella giustizia. Ho 63 anni e ho sempre cercato di comportarmi bene, sia nelle cose importanti che in quelle meno importanti” ed ha aggiunto ” Mi sono candidato molte volte e ho sempre seguito una regola: a occuparsi della raccolta dei finanziamenti doveva essere l’associazione Piazze d’Italia, che era molto attenta a scegliere gli interlocutori. Per questo non ho mai incontrato nessuno e negoziato alcunché. C’era anche un limite nell’ammontare del finanziamento, una specie di codice etico sovrapposto alle previsioni della legge. La separazione fra l’indirizzo politico della campagna e i profili amministrativi fu netta anche in occasione delle primarie“. 

il pubblicitario Pietro Dotti

Emiliano ha spiegato che era scontento del lavoro svolto da Dotti “perché, senza dirci nulla, aveva riciclato lo stesso formato campagna elettorale della Serracchiani” in Friuli Venezia Giulia. Quando il pubblicitario torinese cominciò a sollecitare il pagamento della prestazione, arrivando a depositare in Tribunale una richiesta di decreto ingiuntivo, il governatore pugliese analizzò la situazione con i collaboratori: “Per me era importante non passare per uno che non paga, tanto più che la questione era finita sui giornali. Con Dotti non parlai: non avevo tempo e non volevo dirgli cosa ne pensavo. Ero talmente seccato che dissi ai collaboratori di sistemare la cosa: “se avete i soldi pagate, sennò ve li do io”.

I collaboratori di Emiliano risposero : “non preoccuparti, ce ne occupiamo noi“. Il governatore pugliese ha aggiunto che “Non sentii più parlare della questione fino a quando ricevetti un messaggio da Dotti: “Sistemato tutto”. Risposi solo “va bene”, sempre senza aggiungere quel che ne pensavo. Il mio timore – ha aggiunto Emilianoè che di fronte a certi passaggi non chiari neppure a me possano sorgere dei dubbi. Ma sono eventi non ascrivibili a una mia responsabilità“.

“Mi spiace avere impegnato tanti anni il sistema giudiziario, i magistrati di Bari e di Torino. L’unica consolazione che posso offrirvi è che ho sofferto quanto voi” ha concluso rivolgendosi al tribunale . A distanza di sei anni, il procedimento penale, è arrivato alle conclusioni. La prossima ed ultima udienza si terrà il prossimo 4 maggio, quando è attesa la decisione del giudice.

In una nota diffusa dei consiglieri regionali del Gruppo Con,  Giuseppe Tupputi, Stefano Lacatena, Alessandro Delli Noci, Gianfranco Lopane e Alessandro Leoci. si afferma: “Siamo convinti dell’assoluta estraneità del presidente Emiliano dai fatti contestati nel processo di Torino e siamo altrettanto certi che la sentenza restituirà un quadro di chiarezza e verità. Siamo vicini ad Emiliano perché ogni processo è un tunnel di amarezza, quando non si hanno responsabilità, e ci auguriamo che possa arrivare al più presto la meritata serenità per lui, per i suoi cari e per tutta la Puglia”.

Anche il Partito Democratico, per voce di  Filippo Caracciolo presidente del gruppo consiliare ed il segretario regionale Domenico De Santis – ha diffuso una nota sulla richiesta di condanna della procura di Torino per il presidente Emiliano:  “Siamo certi che il presidente Emiliano saprà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti contestati dalla procura di Torino riguardanti le primarie Pd 2017. Abbiamo massima fiducia nella giustizia e, in attesa che faccia il suo corso restituendo la verità dei fatti, siamo vicini al presidente consapevoli delle difficoltà e delle sofferenze che comporta il dover affrontare un giudizio sapendo di non avere alcuna responsabilità”.

La giudice del processo Alessandra Salvadori , che sino al 2020 è stata vice presidente dell’ ANM, l’ Associazione Nazionale Magistrati compare nelle chat con Palamara, a cui è bene dare un’occhiata e leggere il contenuto, pubblicato a suo tempo dal quotidiano La Verità. Conversazioni che avevano come scopo quello di “pilotare” delle nomine di magistrati a lei vicini, compreso suo marito Onelio Dodero che nel 2018 correva, ed ottenne, la procura di Cuneo. Ed il bello è che Diodero giusticava così i messaggi sua moglie a Palamara: “Gli sms di mia moglie a Palamara stanno a significare la normalità dei rapporti di corrente – dichiarava a suo tempo Doderocomunicazioni e informazioni per sapere quando sarebbero andati in votazione quegli scrutini. Ma non vi leggo richieste di raccomandazioni o che altro d’indebito a mio favore “. In realtà da quelle chat non si leggono solo richieste di informazioni ma ben altro. La Salvadori, attualmente presidente della prima corte d’Assise ambisce delicato ruolo di Presidente della sezione gip-gup il cui organico a Torino è sotto di oltre il 25 per cento. E questo processo potrebbe darle la necessaria “visibilità” al Csm per far dimenticare le sue chat con Palamara.

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