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22 Luglio 2024 09:30
22 Luglio 2024 09:30

Arrestato Bonavota boss della ‘Ndrangheta: era tra i quattro latitanti più pericolosi

Bonavota era l’unico rimasto in stato di latitanza a seguito dell’esecuzione dell’operazione Rinascita-Scott che, il 19 dicembre 2019, ha portato all’arresto di 334 soggetti ritenuti appartenenti alle strutture di ’ndrangheta della provincia vibonese

Nella mattina di oggi a Genova, a conclusione di articolate indagini condotte dal Ros e dai comandi provinciali Carabinieri di Vibo Valentia e Genova, è stato sferrato un nuovo duro colpo alla criminalità organizzata in Italia, con l’ arresto di Pasquale Bonavota, 49 anni, latitante ricercato inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “programma speciale di ricerca” del ministero dell’Interno. 

Bonavota è stato arrestato a Genova dove era entrato nella cattedrale di San Lorenzo . I carabinieri del reparto operativo del capoluogo ligure, coordinati dal colonnello Michele Lastella, lo hanno seguito per un tratto e poi, una volta dentro la chiesa, lo hanno arrestato. “Forse non sono il Pasquale che cercate, ero qui solo per recitare il rosario“. Sono queste le parole proferite dal boss stamattina rivolgendosi ai Carabinieri, che lo avevano appena intercettato nella cattedrale di San Lorenzo, ha dichiarato il comandante provinciale dell’ Arma Gerardo Petitto. “Non ha opposto resistenza ed è stato un arresto fatto con discrezione“, ha sottolineato il maggiore dei Ros di Genova Fabrizio Perna. “Bonavota era già noto per essere stato in contatto con un gruppo stanziale su Genova – ha aggiunto il maggiore Perna – legato alla sua cosca di riferimento. È possibile che avesse dei punti di appoggio sulla città ma è un elemento su cui stiamo ancora lavorando. Abbiamo sequestrato documenti e materiale informatico che potrebbero fornirci risposte su connivenze o complicità“.

Pasquale Bonavota viveva in un appartamento del quartiere genovese di San Teodoro, ed era in possesso di un documento con la sua foto ma riportante le generalità di un’altra persona. A Genova, da tempo, risulta residente nel quartiere di Sampierdarena anche la moglie, che lavora regolarmente come insegnante.

Nell’ ordinanza di custodia cautelare emessa a suo tempo si legge che BONAVOTA Domenico, BONAVOTA Nicola, BONAVOTA Pasquale, CUGLIARI Domenico cl.59 alias “Micu I mela”, in qualità di promotori, organizzatori, capi e finanziatori del sodalizio mafioso con compiti di decisione, di pianificazione delle strategie e degli obiettivi da perseguirsi, e delle azioni delittuose da compiere, della gestione dei rapporti e degli equilibri con i gruppi rivali, della protezione dei membri, impartendo le disposizioni o comminando sanzioni agli altri associati a loro subordinati. BONAVOTA Pasquale con il ruolo di capo “Società”, prendeva insieme agli altri esponenti apicali dell’organizzazione le decisioni più importanti, curava gli interessi del sodalizio nella zona di Roma e nei settori del gioco d’azzardo e del traffico di droga. BONAVOTA Nicola con il compito altresì di mantenere i rapporti con le ‘ndrine distaccate presenti in Liguria e Piemonte e di occuparsi delle sale da gioco e dei bar d’interesse del gruppo e situati tra S. Onofrio e Pizzo, provvedendo anche alla loro gestione per mezzo di prestanome. BONAVOTA Domenico, avendo ereditato dal fratello Pasquale il ruolo di vertice operativo del sodalizio sul territorio di S. Onofrio e zone limitrofe, decideva, pianificava ed eseguiva, anche impartendo disposizioni agli altri affiliati, le attività criminali della cosca, quali omicidi, estorsioni, rapine, danneggiamenti, convocava e partecipava a riunioni a ciò finalizzate. CUGLIARI Domenico cl. 59 quale esponente apicale del sodalizio, assumeva insieme ai fratelli BONAVOTA le decisioni più importanti, decideva ed eseguiva attività estorsive, curava gli interessi dell’organizzazione in Piemonte, si occupava degli interessi del gruppo nel settore della panificazione e commercializzazione del pane, anche mediante imprese intestate a prestanome

Il boss della ‘ndrangheta era ricercato a seguito di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal tribunale di Catanzaro , nell’ambito dell’indagine Rinascita-Scott condotta dal Ros dei Carabinieri, poiché ritenuto responsabile dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa con il ruolo di promotore della cosca Bonavota rientrante nella locale di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio (Vibo Valentia). Bonavota era l’unico rimasto in stato di latitanza a seguito dell’esecuzione dell’operazione Rinascita-Scott che, il 19 dicembre 2019, ha portato all’arresto di 334 soggetti ritenuti appartenenti alle strutture di ’ndrangheta della provincia vibonese. Le indagini sono state dirette dalla procura della repubblica – direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri.

L’Antimafia ha individuato fra i suoi interessi anche Roma, in particolare per lo spaccio di droga, oltre che Piemonte e LiguriaDa chi indaga è sospettato di essere il mandante degli omicidi di Domenico Belsito, Raffaele Cracolici e Alfredo Cracolici. Nell’ottobre 2022 la Direzione distrettuale antimafia di Roma nel rapporto sull’«Evoluzione delle cosche nella Capitale» scriveva: “Il boss Pasquale Bonavota, al vertice del clan operativo sin dai primi anni 2000 nella Capitale, negli anni è stato in grado di imprimere importanti cambiamenti nella sua cosca, estendendone gli affari a Roma dove il suo tesoro è stato sequestrato”.

Il rapporto ha tracciato la presenza della criminalità calabrese nella Capitale grazie anche all’inchiesta denominata «Propaggine» dell’estate 2022, che ha evidenziato i rapporti con il clan della famiglia Casamonica. La relazione riportando le parole di un collaboratore di giustizia riportava: Chi ha la droga a Roma, fa quello che vuole e i calabresi hanno sempre la droga. Alcune volte ci sono dei conflitti, i romani hanno le piazze qua a Roma e i calabresi li riforniscono“.

I collegamentidi Bonavota si estendono sino all’Ungheria. Con la complicità dell’uomo d’affari Giovanni Barone che la Procura di Catanzaro ha arrestato, poche settimane fa, con l’accusa di aver messo insieme un impero milionario in combutta con la cosca capeggiata dal superlatitante Pasquale Bonavota, considerato esponente della «’Ndrangheta evoluta», come l’ha definita in conferenza stampa il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, cioè quella che si “posiziona a un livello superiore rispetto all’articolo 416 bis“, partendo da un paesino della Calabria “riesce ad avere un respiro internazionale”.

Le carte dell’inchiesta che ha portato in manette 25 indagatiriferiscono che la cosca di ‘ndrangheta aveva preso il controllo di un istituto di credito per investire in criptovalute e così riciclare i soldi sporchi della droga provenienti dall’Aspromonte, così neutralizzando qualsiasi tipo di indagine patrimoniale. La banca controlata dalla ‘ndrangheta aveva inoltre programmato l’acquisto di una “quantità indefinita” di bolivar venezuelani che per fortuna, solo per un problema tecnico, non è andato a buon fine.

Nel giro di pochi mesi sono stati arrestati dalle forze dell’ ordine due su cinque dei latitanti più pericolosi d’Italia nella lista stilata dalla Direzione centrale della Polizia Criminale. Oltre a Bonavota a inizio gennaio era finito in manette il boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Restano solo tre uomini nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità, il sardo Attilio Cubeddu (ricercato dal 1997), il mafioso palermitano Giovanni Motisi (ricercato dal 1998) e il camorrista napoletano Renato Cinquegranella (ricercato dal 2002).

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi

“Un grande successo dei nostri investigatori” ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “complimentandosi con l’Arma dei Carabinieri per l’arresto di Pasquale Bonavota, esponente di spicco della ‘ndrangheta, inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità“. La cattura a Genova dell’uomo, ricercato dal 2018 con le accuse di associazione di tipo mafioso e omicidio aggravato rappresenta “una risposta forte dello Stato che conferma ancora una volta – dopo gli arresti da inizio anno di Matteo Messina Denaro ed Edgardo Greco – il grande impegno di magistratura e Forze dell’ordine per contrastare le organizzazioni mafiose e assicurare alla giustizia pericolosissimi criminali” ha sottolineato il titolare del Viminale.

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