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22 Novembre 2024 12:34

Selvaggia Lucarelli condannata per aver diffamato Sandra Amurri sul socialnetwork Facebook

L'annuncio su Facebook: "Mi aveva definita 'licenziata livorosa', una che è stata 'zitta finché pagata' e divenuta coraggiosa solo dopo essere stata 'mandata via' dal Fatto Quotidiano"
di Alessandra Monti

Selvaggia Lucarelli è stata condannata per aver diffamato Sandra Amurri, ex giornalista del Fatto Quotidiano. Lo annuncia sul suo profilo Facebook la giornalista vittima di diffamazione aggravata ricordando che Lucarelli l’aveva definita “licenziata livorosa” a seguito della sua uscita di tre anni fa dal quotidiano diretto da Marco Travaglio. Il caso risale a tre anni fa, quando era scoppiata una lite dopo che la Amurri aveva commentato quanto scritto della Lucarelli sulla relazione tra Paola Turci e Francesca Pascale citando anche l’omosessualità della cantante Fiorella Mannoia. “Satira convergente da Novella 3000 – aveva scritto la Amurritrionfo dell’eleganza! Povero il mio ex giornale”.

Immediata la replica come sempre velenosa della Lucarelli: “I licenziati livorosi, che triste categoria. Peggio però sono quelli che fingono di non capire una battuta e strumentalizzano il femminismo e la solidarietà femminile per attaccare qualcuno (la Mannoia che è parecchio più intelligente di te l’ha capita senz’altro). Peggio ancora sono quelli che se ne stanno zitti finché prendono il loro stipendio in un giornale, poi quando vengono mandati via si scoprono improvvisamente coraggiosi e sputano veleno su ex colleghi. Amurri, fatti una vita”.

Era quindi arrivata la contro-replica incendiaria della Amurri:Selvaggia Lucarelli ciò che scrivi, nel tono e nella sostanza ti racconta perfettamente. Per tua informazione io non sono stata licenziata, me ne sono andata da un giornale che esiste, anche grazie a me e permette a te di scrivere ciò che scrivi. Ma non rivelerò altro perché, a differenza di te, il mio stile mi vieta di pubblicare messaggi ed email, compresi quelli che invii tu su chi ti paga. Sappi che di ciò che hai scritto qui, essendo totalmente falso e diffamatorio, ne risponderai nelle sedi competenti, così avrò il piacere di conoscere le tue autorevoli” fonti”.

La vicenda era andata avanti con repliche e controrepliche al veleno sui social fino ad arrivare in tribunale. Oggi la sentenza di condanna per la Lucarelli pronunciata dalla giudice Maura Diodato del Tribunale di Fermo, per la quale le presunte fonti della blogger velenosa, evidentemente non erano poi così autorevoli.

Lei – scrive la collega Amurri che correda il post con una foto che la ritrae insieme agli avvocati che l’hanno assistita – che a meno di 1 ora dalla notizia della chiusura di ‘Non è l’Arena’, invece di rivolgere un pensiero ai colleghi si è prodigata a twittare: ‘Nelle redazioni si rincorre la notizia che ci sarebbero le forze dell’ordine in casa di Massimo Giletti, nonché in alcuni uffici amministrativi’. Notizia falsa, ovviamente, oggi, è stata condannata per avermi diffamata, notizia vera. Mi aveva definita ‘licenziata livorosa‘, una che è stata ‘zitta finché pagata‘ e divenuta coraggiosa solo dopo essere stata ‘mandata via‘ dal FQ. Notizia falsa, ovviamente. Grazie all’avvocato Simona Cardinali e all’avvocato Francesco de Minicis (con me nella foto) per avermi seguita con particolare cura e affetto

Testimone, di fatto inutile, per la Lucarelli il suo direttore, il pluricondannato Marco Travaglio, mentre la Amurri ha citato come teste Cinzia Monteverdi rappresentante legale della società editrice del Fatto Quotidiano, che di fatto ha smentito quanto scritto dalla Lucarelli. Travaglio suo malgrado ha dovuto ammettere: “L’avrei voluta licenziare, ma non ho potuto”. La Monteverdi alla domanda del giudice: “La Amurri è stata mai licenziata?“, ha risposto in modo secco “no“.

Alla fine dell’udienza ne è uscita fuori una sorta di commedia all’italiana, dove non sono mancate persino in strada battutine ironiche ma sono volate anche parole grosse .

Selvaggia Lucarelli all’ingresso del Tribunale di Fermo

Non è questa la prima condanna penale subita dalla Lucarelli. Infatti l’alzapalette Selvaggia era stata condannata per diffamazione nel 2016 dopo aver diffuso nel 2010 la fake news — spacciata come assoluta anteprima…secondo la quale una bella concorrente di Miss Italia sarebbe stata un transessuale. La malcapitata di turno Alessia Mancini (solo omonima dell’ex velina), all’epoca ventiquattrenne miss Lazio, era “colpevole”, secondo Selvaggia Lucarelli, di essere alta 1 metro e 84. Quanto è bastato per indurre la Lucarelli a inventarsi la storia secondo cui la miss fosse troppo alta per essere nata donna, e quindi fosse in realtà un ex uomo. Dal suo schermo telematico privo di contraddittorio, la Lucarelli sosteneva che la ragazza si fosse da poco operata ai genitali e avesse ottenuto il cambio del nome anagrafico.

Nel novembre 2016 arrivò la condanna penale per la Lucarelli ad un’ammenda di 500 euro per le sue affermazioni contro l’allora finalista del concorso di bellezza che si svolse a Salsomaggiore. Oltre al pagamento della sanzione penale, l’imputata, accusata di diffamazione, ha dovuto anche liquidare un risarcimento danno 5mila euro a Alessia Mancini costituitasi parte civile nel processo.

Così come nel 2017 Selvaggia Lucarelli fu ritenuta dal Tribunale di Milano sezione X penale, in composizione monocratica “colpevole del reato di diffamazione aggravata ai danni di Barbara D’Urso”, per un post pubblicato nel 2014 su alcuni social network (twitter e Instagram) in cui la blogger – commentando un’intervista resa dalla D’Urso a Daria Bignardi – aveva scritto: “L’applauso del pubblico delle Invasioni alla d’Urso ricordava più o meno quello alla bara di Priebke“. “Il tribunale ha condannato Selvaggia Lucarelli a 700 euro di multa, oltre al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese legali sostenute dalla persona offesa. Il giudice – rileva sul Sole24Ore il legale di Barbara D’Urso ha dunque colto la falsità del fatto posto alla base dell’affermazione offensiva (”l’applauso di cui trattasi era obiettivamente caloroso”) e la conseguente gratuità e strumentalità dell’attacco della Lucarelli“. Senza elencare la valanga di querele attualmente ricevute facilmente rintracciabili sul web attraverso i motori di ricerca.

Resta da chiedersi come possa il servizio pubblico radiotelevisivo retribuire e mandare in onda una diffamatrice seriale come la Lucarelli. Evidentemente Milly Carlucci e gli autori del programma “Ballando con le stelle” hanno dimenticato l’esistenza di un codice etico in RAI. Che va applicato e rispettato.

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