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29 Novembre 2024 18:26

Volano “stracci” sul capo di Cascini, toga impunita

Nel pomeriggio di ieri è circolata all’interno della mailing list degli iscritti all’ ANM, l’ associazione nazionale dei magistrati un commento del chiacchierato e discusso Giuseppe Cascini che testualmente scrive: “Scusate, ma al netto di tutte le tante cose non condivisibili di questa intervista, come si permette costui di dire che i pubblici ministeri hanno più tempo libero ? Da dove ha ricavato questa informazione ? Giuseppe Cascini” .

A stretto giro è arrivata la risposta del consigliere Mirenda: ” Gentile dott. Cascini, fermo il mio convinto rispetto del principio “ libero fischio in libera piazza” di pertiniana memoria che La autorizza a dire e pensare di me ciò che vuole, vorrei solo chiarirLe che il mio pensiero in tema di separazione delle carriere è pubblicamente noto a tutti ( tranne a Lei) da almeno una decina di anni

“Si rassereni, dunque, nessuno è stato turlupinato – continua Mirendamen che meno chi mi ha eletto (con Sua buona pace), al netto dell’ irrilevanza del Mirenda-Pensiero sul punto, per elementari ragioni di diritto che, ne sono convinto, anche Lei potrà agevolmente comprendere“.

La replica del consigliere Mirenda è molto sottile, ricordando a Cascini la squallida vicenda dei biglietti gratis richiesti per suo figlio per accedere tribuna autorità allo Stadio Olimpico di Roma, scrivendo: “E a questo punto butto anch’io il pallone (perché Lei di stadi se ne intende eccome…) nel suo campo: chissà se i suoi antichi elettori La voterebbero ancor dopo aver avuto contezza dei nefasti associativi e consiliari di cui Ella, con altro ancor più celebre collega radiosamente radiato (il riferimento è all’ ex presidente dell’ ANM Luca Palamara, n.d.r.) , è stato oscuro protagonista? Lascio a loro la riflessione. Stia bene e un abbraccio”.
F.to “Costui

P.S. Le sia chiaro una volta per tutte che anche per me i PM lavorano sodo eccome ( mia moglie è PM e ben vedo i sacrifici che affronta tutti i giorni); ciò vale anche per i ben noti influencer faccendieri, in mille faccende affaccendati?

Ma cosa aveva irritato così tanto Cascini ? Un’intervista rilasciata ad un quotidiano dal consigliere Andrea Mirenda, membro togato del Consiglio superiore della magistratura, in cui aveva commentato la posizione dei “magistrati in pensione firmatari dell’appello contro la separazione delle carriere esercitano un loro diritto legittimo, tuttavia l’intervento ha tanto il sapore di interferenza nel bel mezzo dell’attività parlamentare, da parte di chi ancora si sente ‘superstar’. Da magistrato non lo ritengo un gesto elegante, ma ognuno fa ciò che ritiene”. commentando la notizia della lettera destinata al ministro di Giustizia Carlo Nordio,, sottoscritta da circa trecento magistrati in pensione (fra i quali Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Marcello Maddalena ed Armando Spataro), contrari all’annunciata riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.

Chi è il magistrato Andrea Mirenda

Il giudice Andrea Mirenda è stato candidato ed eletto alle ultime elezioni per la componente togata del Consiglio superiore della magistratura. Potrebbe sembrare uno scherzo del destino ma è accaduto. Mirenda, magistrato di sorveglianza a Verona e fautore da sempre del sorteggio per la scelta dei togati di Palazzo dei Marescialli, è stato a sua volta sorteggiato dall’Ufficio elettorale presso la Corte di Cassazione. La riforma Cartabia, aveva previsto infatti che se non si fosse raggiunto un numero di predeterminato di candidati in ogni singolo collegio, sarebbe stato necessario provvedere alla selezione dei magistrati mancanti tramite il sorteggio. La candidatura di Mirenda è stata certamente senza alcun dubbio la più “anti sistema” che ci possa essere.  Vale quindi la pena ricordare la sua storia.

Dopo essere stato per anni un esponente di primo piano della “sinistra giudiziaria” di Magistratura democratica, Mirenda si è scontrato con la dirigenza della corrente non condividendone scelte e modi di agire, che sono stati poi raccontati nei libri da Luca Palamara ed Alessandro Sallusti. Quando ancora nessuno conosceva l’hotel Champagne, albergo romano dove nel maggio del 2019 Palamara e alcuni politici e magistrati si incontrano per discutere di incarichi, ad iniziare da quello di procuratore di Roma, Mirenda fece un gesto a dir poco rivoluzionario: rinunciare al suo incarico di presidente di sezione presso il tribunale di Verona per andare all’ufficio di sorveglianza. “È emerso ciò che molti sapevano ma che pochi avevano avuto il coraggio di denunciare pubblicamente negli ultimi trenta anni”, dichiarò Mirenda all’indomani dello scoppio del Palamaragate e della pubblicazione delle chat che i magistrati scambiavano con il ras indiscusso delle nomine al Csm, per pietire ed avere un posto. Quando esplose lo scandalo, Mirenda, che non aveva mai avuto il cellulare di Luca Palamara, si era anche offerto di difenderlo davanti alla sezione disciplinare del Csm. In quel momento Palamara  non aveva trovato alcun collega disposto ad assisterlo venendo considerato come un reietto da una lunga corte di magistrati smemorati o ingrati, prima di affidarsi a Stefano Guizzi.

Dopo aver chiesto, insieme ad altri colleghi, lo scioglimento del CsmMirenda iniziò una battaglia di verità proprio sulle chat, utilizzate a corrente alternata al Csm: per alcuni era una clava, per altri un carezza al cuore. Nel mirino del giudice veronese era finito l’ex procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, autore della criticatissima circolare che escludeva l’illecito per il magistrato che si fosse autoraccomandato con Palamara per un incarico. Praticamente quello che era successo proprio a Salvi che, secondo il racconto di Palamara, aveva organizzato un incontro su un roof garden di un prestigioso albergo romano per perorare la sua nomina a pg della Cassazione.

Salvi aveva smentito, mentre Palamara aveva confermato tutto, ricordando persino anche le pietanze di quel giorno. Durissimo, poi, sulla riforma Cartabia. Mutuando le parole del capo dello Stato Sergio Mattarella che parlò di “modestia etica” a proposito delle vicende dello Champagne, Mirenda definì l’elaborato voluto della Guardasigilli frutto della “modestia riformista”, essendo un testo che non incideva sul potere delle correnti, aumentato il potere del Csm per la scelta dei capi degli uffici.

Marta Cartabia, Ministro della Giustizia

Potere che sarebbe stato tolto se si fosse scelta la rotazione dei vertici. Critica la posizione di Mirenda, poi, contro la decisione dell’Anm di scioperare contro tale riforma. “Uno sciopero di facciata”, secondo il magistrato. E critico anche contro i conflitti d’interessi. Il primo rappresentato dal professor Massimo Luciani, difensore del Csm e nominato dalla ministra della Giustizia presidente della Commissione che doveva riformare l’organo di autogoverno delle toghe: “Siamo davvero certi della sua terzietà e indipendenza?”.

Il secondo rappresentato dall’attuale presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, ex capo ufficio legislativo del Ministero della giustizia: “È come se Sergio Marchionne fosse stato nominato capo del Film”. Mirenda è stato anche fra i firmatari di alcuni referendum sulla giustizia promossi dai Radicali e dalla Lega. Ad esempio quello sulla separazione delle carriere fra pm e giudici e sull’abolizione della legge Severino: “Adesso è sufficiente un buffetto di una Procura per destabilizzare il quadro politico. Penso ad Antonio Bassolino, 17 azioni giudiziarie finite nel nulla”, ricordò.

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