Il governo pakistano ha disposto la consegna alle autorità italiane di Shabbar Abbas, il padre di Saman. La notizia, anticipata dalla ‘Gazzetta di Reggio Emilia’, è stata confermata all’AGI da Mahmood Akhtar, il suo legale contattato telefonicamente in Pakistan, che ha riferito che “è stato emesso oggi l’avviso all’imputato”. A luglio la corte distrettuale di Islamabad aveva espresso parere favorevole all’estradizione del padre della ragazza morta a 18 anni a Novellara. Fonti giornalistiche del Paese asiatico rendono noto che il ministero dell’Interno del Pakistan ha ordinato di prendere in custodia Shabbar Abbas nel carcere di Adiyala a Rawalpindi e consegnarlo alle autorità italiane. Per lui la Federal investigation agency ha spiccato un mandato di custodia ed estradizione.
Nel processo che si celebra in tribunale a Reggio Emilia, Shabbar è imputato assieme alla moglie e ad altri due familiari. Mancava il parere del governo pachistano che ora è arrivato. Resta, secondo quante riferisce il legale, un ulteriore tentativo di appello contro l’estradizione in un’udienza che si svolgerà oggi davanti all’Alta Corte di Islamabad.
Per l’uccisione della 18enne sono a processo lo zio Danish Hasnain, assistito dall’avvocato Liborio Cataliotti; i cugini Ikram Ijaz (difeso dall’ avvocato Mariagrazia Petrelli) e Nomanulhaq Nomanulhaq (difeso dall’ avvocato Luigi Scarcella). Della mamma Nazia Shaheen invece si sono perse le tracce da quando, il 1° maggio 2021, è stata ripresa mentre varcava il gate dell’aeroporto di Malpensa, diretta in Pakistan con il marito, dopo aver abbandonato precipitosamente la casa di via Cristoforo Colombo a Novellara, dove la famiglia Abbas aveva vissuto per anni. La donna è tra gli imputati e viene processata in contumacia. Shabbar è stato catturato lo scorso 15 novembre, dopo una latitanza trascorsa nei pressi del suo villaggio, nel Punjab.
Ecco di cosa è accusato
Shabbar Abbas, 47 anni, è arrivato a Novellara (Reggio Emilia) nel marzo del 2013 dal Pakistan dove ha vissuto da solo fino al dicembre del 2016 quando è stato raggiunto dalla moglie Nazia e dai figli Saman e Ali Haider. Nell’informativa dei carabinieri agli atti dell’indagine, viene definito, sulla base alle intercettazioni, come “un tipo litigioso, facile all’ira, dedito all’alcol”. Un ritratto analogo è stato fatto di lui all’indomani del ritrovamento del corpo senza vita di Saman anche dagli organi di informazione pakistani.
Nel capo d’accusa, la Procura lo descive come “determinatore” del delitto della figlia assieme alla moglie. Il movente sarebbe da ricercarsi nella volontà di punire la figlia “perché la ragazza non viveva secondo i dettami culturali musulmani e pakistani, era scappata di casa, si era rivolta ai servizi sociali che l’avevano collocata in una comunità protetta e aveva intrapreso una relazione con un ragazzo pakistano in Italia, rifiutandosi di sposare il fidanzato scelto dai genitori in Pakistan così disonorando la famiglia”.
I coniugi sono accusati di omicidio e sequestro di persona in concorso con altri 3 familiari, lo zio Danish Hasnain e i cugini Nomanulhaq e Ijaz Ikram), ritenuti gli esecutori dell’omicidio.
Nell’avviso di chiusura delle indagini si legge che “la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, dopo che Saman (allontanata dalla famiglia su disposizione del Tribunale per i Minorenni di Bologna il 12 novembre 2020) aveva fatto ritorno nella sua abitazione per recuperare i documenti e andarsene definitivamente di casa, i genitori, affidandola, e gli altri indagati, prendendola in consegna, con violenze e minacce la privavano della libertà personale” per poi ucciderla e seppellirla in una buca dove è stata ritrovata un anno e mezzo dopo. Secondo l’autopsia, la ragazza sarebbe stata “strangolata o strozzata”. La prossima udienza del processo, dedicato finora all’ascolto dei testimoni, è fissata per l’8 dicembre