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22 Novembre 2024 02:18

Matteo Messina Denaro in coma irreversibile. Ha chiesto di non subire accanimento terapeutico.

Il silenzio del padrino è diventato irreversibile come il suo coma con la figlia Lorenza al capezzale. Gli è stata sospesa l’alimentazione, il boss aveva chiesto di non subire accanimento terapeutico.

Il boss Matteo Messina Denaro è rimasto sempre un irriducibile. Il giorno in cui i Carabinieri del Ros l’arrestarono, il 16 gennaio scorso, disse al procuratore di Palermo Maurizio de Lucia: “Con voi parlo, ma non collaborerò mai”. Il boss Matteo Messina Denaro è rimasto irriducibile anche nei giorni più terribili del tumore che l’affliggeva, ricoverato da agosto nell’ospedale dell’Aquila, fra imponenti misure di sicurezza. Da ieri sera alle 20.30, il silenzio del padrino è diventato irreversibile come il suo coma con la figlia Lorenza al capezzale. Gli è stata sospesa l’alimentazione, il boss aveva chiesto di non subire accanimento terapeutico.

In questi mesi, i pm di Palermo gli hanno chiesto del suo computer e dell’archivio. “Se lo avessi non lo direi, non è nella mia mentalità”, ha risposto senza esitazioni. Un’altra sfida allo Stato. Il pentito Antonino Giuffrè ha raccontato che l’archivio di Totò Riina venne consegnato proprio a Messina Denaro . Ma non è stato trovato nell’abitazione di Campobello dove abitava l’ultimo latitante di Cosa nostra. Fra i mille biglietti sequestrati non c’erano neanche i pizzini sugli affari. Nel suo ultimo covo noto, sono state trovate invece tante chiavi, e da queste è ricominciata l’indagine su Messina Denaro e i suoi segreti. Quelle chiavi aprono forse altri covi, o qualche cassetta di sicurezza.

La malattia ha preso il sopravvento sull’ultimo padrino delle stragi che era riuscito a restare in latitanza per trent’anni, nonostante dovesse scontare ergastoli per le stragi Falcone, Borsellino, e per le bombe di Firenze, Milano e Roma. Era stato condannato anche per il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore che svelò i segreti della strage di Capaci. Ed anche per l’omicidio dell’agente della polizia penitenziaria Giuseppe Montalto.

Matteo Messina Denaro non ha mai smesso di custodire tanti segreti sulla lunga stagione di morte e complicità della “Cosa nostra” corleonese, nonostante la malattia lo avesse costretto a modificare i piani della sua latitanza dorata.

Durante l’ interrogatorio con i magistrati che erano andati a interrogarlo un mese dopo l’arresto lui, sfidandoli aveva risposto: “Io, durante la latitanza, non ho mai avuto rapporti con appartenenti alle istituzioni, completamente” scomodando pure un antico proverbio per allontanare ancora una volta l’idea che abbia beneficiato di complicità : “Quando scoprii questo tumore e quindi mi restava poco da… però volevo andarmi a curare, dissi: “Vediamo”. E mi sono messo a pensare, ho seguito un vecchio adagio, un proverbio ebraico che dice: “Se vuoi nascondere un albero, piantalo nella foresta”. E l’ho seguito per davvero. Anche perché dicevo: “Ora che ho la malattia, non posso stare più fuori e debbo ritornare. Qua mi gestivo meglio, nel mio ambiente“.

Dopo tanto peregrinare in Italia , dopo tanti viaggi probabilmente anche in Europa, e forse anche più lontano, nel 2020 Messina Denaro aveva deciso di tornare nella sua terra, la Sicilia, abbassando e diminuendo tutte le sue precauzioni. A Campobello di Mazara dove si nascondeva si recava pure al ristorante o a giocare al videopoker. La malattia è stata il suo punto debole. I carabinieri del Ros all’inizio del dicembre scorso, hanno scoperto nella casa della sorella un pizzino che conteneva il diario clinico di un malato di tumore, fra interventi e ricoveri.

Dopo una veloce indagine al ministero della Salute gli investigatori del ROS hanno ristretto il cerchio delle indagini su Andrea Bonafede un anonimo geometra di Campobello, , che la mattina del 16 gennaio doveva fare una seduta di chemioterapia nella clinica La Maddalena. Ma quel Bonafede in realtà era Messina Denaro e così è finita la latitanza dell’ultimo boss delle stragi. Adesso che il suo silenzio è ormaidiventato irreversibile, bisognerà riprendere a cercare i suoi segreti e bloccare la pressochè certa riorganizzazione della mafia siciliana.

Messina Denaro è stato tenuto in cura dagli oncologici guidati dal primario del reparto, Luciano Mutti, ma anche dagli esperti della terapia del dolore del reparto di rianimazione coordinati dal primario, Franco Marinangeli, reparto nel quale Messina Denaro è stato ricoverato fino ad una decina di giorni fa in seguito all’intervento chirurgico per una occlusione intestinale.

Negli ultimi tempi, l’unico momento di cedimento Messina Denaro l’ha avuto davanti alla figlia Lorenza Alagna, che non aveva mai visto. In lacrime, l’ha riconosciuta formalmente, dandole il suo cognome. Non ci sono stati, però, incontri tra i due perché il boss avrebbe preferito non farsi vedere dalla figlia nelle gravi condizioni in cui era.

il “padrino” che era il pupillo del capo dei capi, Totò Riina, è rimasto un irriducibile . E non ha mai smesso di lanciare le sue sfide alla magistratura, allo Stato: “Certo che ho dei beni, ma mica vengo a dirlo a voi“, ha detto ai magistrati di Palermo qualche mese fa. Aggiungendo “Io non faccio parte di niente, io sono me stesso — ha dichiarato a verbale — . Mi definisco un criminale onesto“. Messina Denaro nel suo primo interrogatorio, un mese dopo l’arresto, parlò da capomafia ancora in carica. “Io non sono uomo d’onore mi ci sento“. Negando, per poi rilanciare l’unica ammissione . “Io non sono un santo però non c’entro niente con la storia del bambino Di Matteo“.

È questione di pochissimo” dicono i medici parlando dell’ex primula rossa di Cosa nostra che non si è mai pentita. Nei giorni scorsi, d’accordo col paziente, hanno scelto di sedarlo dopo aver potuto salutare i familiari più stretti, autorizzati alle visite, e dare il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e fino ad allora mai riconosciuta.

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