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29 Novembre 2024 18:37

La Corte dei Conti accende semaforo rosso sulla nuova agenzia del lavoro portuale a Taranto

Parere negativo sotto tutti i profili per l’iniziativa promossa dall’Autorità Portuale dello Jonio, guidata dall' avv. Sergio Prete in vista della prossima imminente scadenza della Port Workers Agency. Ma chiaramente Prete finge che non sia successo nulla.....

Ancora una volta la strana coppia Rinaldo Melucci e Sergio Prete perdono occasione di nascondere la propria faccia sulla malagestione del Porto di Taranto che i due non perdono occasiione di esaltare. “Carente sotto il profilo motivazionale, in termini di completezza e di adeguatezza dell’analisi di fattibilità, sicché la Sezione non può valutare come sufficientemente attendibili le conclusioni che l’AdSP del Mar Ionio trae in merito alla sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione e alle ragioni di convenienza economica sottese alla scelta dello strumento societario”.

È stata una bocciatura netta, quella che leggete sopra, espressa dalla Corte dei Conti ha pochi giorni fa sancito dell’idea dell’Autorità di sistema portuale di Taranto di istituire un fornitore di manodopera temporanea portuale ex comma 5 dell’articolo 17. L’iniziativa nasceva in ordine alla prossima scadenza (marzo 2024) della Taranto Port Workers Agency, la società di riqualificazione e ricollocamento dei circa 500 lavoratori licenziati nel 2016 dall’allora TCT- Terminal Container Taranto dopo che quest’ultimo restitui senza alcuna penale la precedente concessione ottenuta dall’ Autorità Portuale dello Jonio presieduta dall’ avv. Sergio Prete “per le inadempienze contrattuali dell’ente (mancato dragaggio)“.

Ma tutto questo Prete non lo racconta e altrettanto fa Melucci che lo incensa con un post su Instagram pubblicato un’ora fa !

La Taranto Port Workers Agency, soggetto, controllato al 100% da Adsp, è stato più volte prorogato e rifinanziato dallo Stato (onde pagare l’indennità di mancato avviamento prevista sul modello di quella riconosciuta da Inps ai fornitori di manodopera tradizionali), ma il terminal e le attività portuali in generale continuano a ristagnare e nei suoi elenchi a gennaio 2023 risultavano ancora 356 iscritti. Nel frattempo lo scorso aprile andava in scadenza l’articolo 17 (comma 2, vincitore cioè di una gara) regolarmente autorizzato, ovvero la Nuova Neptunia soc. cons. a r.l.. Da qui l’idea dell’ente della costituzione di una società ex comma 5 (cioè partecipata da terminalisti e imprese portuali), da affiancarsi alla Taranto Port Workers Agency fino alla scadenza di questa, con un personale costituito il primo anno da 10 persone (i dipendenti di Neptunia), per poi salire a 45 unità al terzo e 80 dal quinto e a regime.

Il Ministero, appreso il parere negativo della Corte dei Conti, non ha sollevato obiezioni, in quanto è stata appunto la magistratura contabile a sconsigliare l’iniziativa dell’ Autorità presieduta da Sergio Prete . Il primo rilievo evidenziato dai magistrati amministrativi riguarda che al comma 5 si può ricorrere solo laddove non sia possibile procedere secondo il comma 2. L’Adsp, cioè, deve prima esperire una gara per individuare un soggetto privato interessato alla fornitura di manodopera e solo fallita tale procedura può promuovere un comma 5. Evitare la gara rappresenterebbe una “distorsione della concorrenza” che, considerando l’apporto di capitale da parte dell’ente, configurerebbe un aiuto di Stato, “incompatibile con il mercato comune”. Tutio questo basterebbe scrive la Corte, per chiudere il discorso, ma per i magistrati contabili c’è ben altro.

La circostanza che Adsp intenda partecipare al 51% a un soggetto che sarebbe fornitore esclusivista di tutti i 15 fra terminalisti e imprese portuali autorizzate, ma partecipato solo da 7 di essi che sarebbero gli operatori che hanno manifestato il proprio interesse non sembra garantire una “posizione di neutralità ed indipendenza”.

Ma quello che nei giudici desta maggiori perplessità è il fatto che in ordine alle motivazioni che hanno determinato l’AdSP del Mar Ionio a costituire l’Agenzia in esame non è dato ravvisare alcun fattore necessitante che abbia escluso la percorribilità di soluzioni alternative. (…) La preferenza accordata alla soluzione individuata dall’AdSP sembra, piuttosto, trovare fondamento in ragioni di mera opportunità, (…), in modo da dimensionare la strategia di ricollocazione del personale in esubero in un contesto di maggior gradualità”. Questo il motivo principale per il quale “la soluzione societaria adottata dall’AdSP del Mar Ionio, discostandosi significativamente dallo schema normativo delineato dal comma 5 dell’art. 17, non sembra poter corrispondere alle finalità istituzionali dell’Ente”.

A tutto questo si affiancano una serie di criticità sull’analisi di fattibilità. A partire dal “profilo della sostenibilità finanziaria, inteso come capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento, risulta, invece, del tutto trascurato”. Ed inoltre aggiunge la Corte dei Conti, un “ulteriore limite di affidabilità delle proiezioni formulate dal Piano di fattibilità è ravvisabile nella prospettazione dei costi e dei ricavi”.

La “censura” omertosa dell’ Autorità guidata da Sergio Prete sulla Corte dei Conti

Tutti questi elementi hanno contribuito a formulare un “parere negativo”, e l’Adsp, secondo la legge, “è tenuta a motivare analiticamente le ragioni per le quali intenda discostarsi dal parere e a dare pubblicità” e dovrebbe pubblicare il parere stesso della Corte dei Conti, che sinora come potere verificare con i vostri occhi si è ben guardato dal pubblicare. Vorrà dire ci penserà il CORRIERE DEL GIORNO

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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