di Antonello de Gennaro e Giacomo Amadori *
La truffa sui prepensionamenti farlocchi organizzati con artifizi dal gruppo editoriale Gedi (che pubblica quotidiani come La Repubblica, La Stampa e il Secolo XIX) negli anni in cui la holding apparteneva alla famiglia De Benedetti, è arrivata a un punto di svolta, dopo lunghe e laboriose indagini. Due imputati eccellenti e cinque società della holding hanno deciso di patteggiare, come già anticipato dalla Verità, e tra pochi giorni si presenteranno davanti al giudice di Roma per chiudere la partita. Un successo per la Procura guidata da Giuseppe Lo Voi che sembra sia riuscita a portare a casa una sorta di ammissione di colpevolezza (anche se i puristi del garantismo inorridiranno per questa semplificazione) da parte degli imputati. Non è noto, però, quanto società e imputati abbiano concordato di pagare come contropartita in denaro e in mesi di detenzione per il danno cagionato e l’ingiusto guadagno, così da ottenere il via libera dei pm al patteggiamento.
Tutti gli altri indagati (una settantina se si escludono i 31 ex dipendenti per cui è stata chiesta l’archiviazione) sono attesa della fissazione dell’udienza preliminare propedeutica al rinvio al giudizio per La truffa aggravata ai danni dell’Inps, che la Procura di Roma, aveva quantificato in 38,9 milioni di euro di risparmi (l’ingiusto profitto del reato) per la holding realizzati grazie a prepensionamenti fittizi di un centinaio di dipendenti tutti inizialmente indagati. Il 29 novembre il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha firmato l’esecuzione del provvedimento di dissequestro di parte dei milioni congelati a Gedi per risarcire l’Inps del danno subito, inizialmente quantificato in 22 milioni, poi in 15,4. Il provvedimento di “sequestro parziale con restituzione al soggetto danneggiato dal reato” era del 5 luglio scorso, ma è diventato esecutivo solo ora.
GEDI-fissazione-udienza-patteggiamento-1La pm Claudia Terracina, dopo aver letto le note dell’Inps del 31 maggio e dell’1 giugno a firma di Vincenzo Ciriaco, responsabile antifrode dell’istituto, che quantificava il danno patrimoniale subito per la frode, ordinava il dissequestro di 15,7 milioni, di cui 252.000 di interessi calcolati tra febbraio e maggio 2023. Ma gli ultimi riconteggi hanno portato a un aumento dell’importo, salito a 16.207.539,28, da stornare ai 38,9 milioni sequestrati nel dicembre del 2021 alla casa editrice di proprietà della famiglia Elkann-Agnelli, precedentemente controllata dall’ingegner Carlo De Benedetti attraverso la propria finanziaria Compagnie industriali riunite Spa. E proprio l’attuale amministratrice della Cir Monica Mondardini ha chiesto di patteggiare.
Il 14 novembre è stato inviato l’avviso di fissazione della Camera di consiglio davanti al giudice Andrea Fanelli alla manager e a Roberto Moro, ex capo delle risorse umane dell’azienda, oltre che alle società Gedi Gruppo Editoriale Spa, Gedi news network Spa (per il cui amministratore delegato e direttore generale Corrado Corradi è stata chiesta, invece l’archiviazione), Gedi printing Spa, A. Manzoni & C. Spa, Elemedia Spa, coinvolte nella vicenda. L’udienza è convocata per il 5 dicembre. L’eventuale accoglimento dell’istanza di patteggiamento ha come condizione ineludibile l’avvenuto risarcimento dei danni subiti dall’ Inps e conseguenti alle azioni fraudolente contenute nei capi di imputazione. Le società sono indagate per la responsabilità amministrativa delle imprese.
L’Inps potrà costituirsi parte civile nei confronti di coloro che non hanno patteggiato. Due dipendenti dell’ente previdenziale, considerati complici della banda Gedi, hanno beneficiato della prescrizione, maturata nell’aprile di quest’anno, nelle more di un procedimento avviato nel 2018 e, probabilmente, arrivato a giudizio non proprio in tempi stretti. Le approfondite indagini svolte dalla Guardia di Finanza avevano portato all’avviso di chiusura delle indagini per 101 persone.
Nella recente richiesta di archiviazione la pm Tarracina ricorda che “la prima e più significativa modalità fraudolenta cui il gruppo aveva fatto ricorso era quella di disporre fittizi “demansionamenti” da dirigente a quadro di taluni soggetti, curando la risoluzione del rapporto contrattuale e poi riassumendo il dirigente nella Manzoni &C Spa o altre aziende del gruppo con qualifica di quadro. Le indagini hanno dimostrato come in alcune situazioni, come quella di un dirigente citata nella ordinanza, che ha continuato a svolgere le medesime mansioni anche esercitando poteri direttivi sulla collega che aveva formalmente assunto la sua posizione direttiva, la fittizietà della operazione di demansionamento fosse evidente“.
Vi sono poi dipendenti per i quali, secondo le indagini, il gruppo Gedi avrebbe operato un fittizio trasferimento a società che potevano usufruire degli aiuti statali per lo scivolo. Alcuni dipendenti hanno reso interrogatorio presentando delle memorie difensive, dove hanno evidenziato di aver subito il meccanismo inconsapevoli che la situazione di una società del gruppo fosse diversa da un’altra e di aver ritenuto, proprio per i collegamenti continui tra le società, indifferente quale fosse formalmente la datrice di lavoro. Una clamorosa truffa da decine di milioni di euro che è pronta a finire nel dimenticatoio senza che alcun giornale o tv ne abbia mai parlato. Forse perché così facevano tutti.
*ARTICOLO PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO LA VERITA'
(01.12.2023)