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26 Novembre 2024 19:24

Colpo alla rete del boss Messina Denaro: arrestati 3 insospettabili

C'è una "totale omertà che avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla figura" del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Ma anche attorno "ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità",

La miriade e di pizzini e i tre telefoni sequestrati il giorno della cattura di Matteo Messina Denaro sono diventato un vero tesoro per decifrare i segreti dell’ultimo padrino delle stragi. Stanotte, è scattato un nuovo blitz dei Carabinieri del Ros, coordinato dalla procura di Palermo diretta da Maurizio de Lucia: sono tre gli arrestati, che vengono ritenuti complici del boss fermato il 16 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza e poi morto in carcere il 25 settembre scorso.

Il Ros dei Carabinieri ha arrestato tre uomini ritenuti vicini al capomafia durante la sua lunga latitanza. In carcere sono finiti l’architetto Massimo Gentile, il tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Trapani, Cosimo Leone, e un altro uomo, Leonardo Salvatore Gulotta. I tre arrestati avrebbero fatto parte della rete del boss. Prima di essere “Andrea Bonafede”, Messina Denaro era stato “Massimo Gentile”.

L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alfredo Montalto, su richiesta del procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido, dei sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova ha fatto scattare il carcere anche per Leonardo Salvatore Gulotta, operaio del settore agricolo di 31 anni, pure lui residente a Campobello: è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe fornito la sua utenza telefonica al boss.

Arrestato Massimo Gentile, architetto del Comune di Limbiate

Massimo Gentile, In particolare  secondo gli inquirenti farebbe “parte di Cosa nostra”. L’uomo avrebbe ceduto al boss Messina Denaro la propria identità al “fine di fargli acquistare un’autovettura e un motociclo, sottoscrivere le relative polizze assicurative, compiere operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine” assicurandogli in questo modo “la possibilità di muoversi in stato di latitanza sul territorio e di contribuire a dirigere il sodalizio“.

Gentile, 51 anni originario di Erice (Trapani), dal 2019 è dipendente del Comune di Limbiate (Monza), dove si occupa dei procedimenti del servizio Lavori pubblici e gestisce, come lui stesso scrive sui propri profili social, alcuni progetti finanziati con il Pnrr. Gli investigatori del Ros sono risaliti a Gentile, ritenuto un insospettabile, da un appunto su una macchina

Dall’indagine, coordinata dal Procuratore Maurizio de Lucia, emerge che nel novembre 2014 Messina Denaro, girava per Palermo, andava in banca e si recò in una concessionaria dove acquistò un’auto, una Fiat 500 L. Il boss allora latitante versò 1.000 euro in contanti e altri 9.000 euro con un assegno circolare emesso da una filiale di Palermo, in corso Calatafimi. La firma è a nome di Massimo Gentile. L’architetto gli avrebbe prestato la sua identità anche per acquistare due anni prima una moto Bmw F650. Il tutto sempre nella zona tra Campobello di Mazara, Castelvetrano e Palermo, dove girava indisturbato.

Il veicolo, secondo i pm, usato dal padrino dal 2007 al 2015, è stato regolarmente revisionato e assicurato a nome di Gentile, che in una delle pratiche ha indicato come la falsa residenza di via Bono e dato come recapito sempre il numero di Gulotta. I bolli di moto e auto, infine, nel 2016 sono stati pagati l’uno a 40 secondi dall’altro in una tabaccheria di Campobello di Mazara dove, sette anni dopo, pochi giorni prima dell’arresto, il capomafia era andato a fare acquisti, come dimostra uno scontrino ritrovato dal Ros. Per i magistrati ben altro che semplici coincidenze.

Il patto di fedeltà

Ma come nasce il rapporto fra Messina Denaro e Massimo Gentile? L’ architetto risulta iscritto all’ordine degli architetti dal 2001, nel gennaio del 2016 venne sospeso per motivi disciplinari. L’anno successivo lavorava a Campobello di Mazara, presso la ditta individuale di Laura Chiana, che è la moglie di Andrea Bonafede classe 1969, è l’uomo arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di aver consegnato a Messina Denaro le ricette del medico compiante Alfonso Tumbarello. La ditta di Laura Chiana si occupa di colture di olive ma anche di pompe funebri. Poi, per Gentile, arriva il trasferimento al Nord. Nel marzo 2019, l’assunzione al Comune di Limbiate, dove vive da allora con la famiglia. Scavando sulle sue parentele, i Carabinieri del Ros hanno scoperto una parentela fra Massimo Gentile e il marito di Laura Bonafede, la maestra amante del superlatitante: i padri di Massimo Gentile e di Salvatore Gentile (detenuto all’ergastolo, era uno dei killer della famiglia Messina Denaro) sono cugini di primo grado, in quanto figli di fratelli. Dunque, sono ancora una volta i legami familiari all’interno della famiglia Bonafede ad aver costituito un marchio di fedeltà per Messina Denaro.

Leone il tecnico radiologo che “aiutò il boss durante la degenza “

Altro insospettabile a finire in manette è stato Cosimo Leone, tecnico radiologo, che seco do gli inquirenti avrebbe assicurato “al sodalizio mafioso le proprie competenze tecnico mediche, relazioni personali e possibilità di movimento all’interno di strutture sanitarie nella qualità di tecnico sanitario di radiologia medica presso l’ospedale di Mazara del Vallo dove tra l’altro Messina Denaro è stato ricoverato da latitante dopo l’insorgenza della malattia oncologica”.

Secondo le indagini, nell’autunno del 2020, in pieno periodo Covid, l’allora boss latitante scoprì di avere il tumore e necessitava di una tac. La fece proprio all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo (Trapani) usando una falsa identità e riuscendo a scavalcare la lista d’attesa. Infatti, la prima Tac era stata programmata per il 20 novembre 2020 ma fu anticipata al 17. E fatta addirittura ancora prima, il 10 novembre. Messina Denaro era stato nel frattempo ricoverato.

Leone avrebbe inoltre consegnato al boss un telefono cellularericevuto da Andrea Bonafede con una scheda telefonica riservata durante la degenza post operatoria”. Per i pm sarebbe stato, per il tramite di Andrea Bonafede, “un punto di riferimento per il latitante in ordine al percorso terapeutico iniziato presso l’ospedale di Mazara del Vallo e proseguito poi con la visita oncologica presso l’ospedale di Trapani”.

L’accusa dei magistrati: “Omertà trasversale anche tra i medici”

C’è una “totale omertà che avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla figura” del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Ma anche attorno “ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità“, si legge nell’ atto di accusa della Procura di Palermo.

Per il Procuratore Maurizio de Lucia e i pm che coordinano l’indagine si tratta di una “omertà trasversale che ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti”. Gli inquirenti non nascondono la delusione di non avere avuto alcun aiuto da “medici, operatori sanitari o anche semplici impiegati di segreteria”, persone che hanno avuto dei contatti con il boss, anche a loro insaputa.

Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio del 2023, sono finite in manette 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato. Quattro di loro sono già state condannate.

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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