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22 Luglio 2024 10:58
22 Luglio 2024 10:58

Le toghe politicizzate e le leggi applicate “ad personam”

E’ legittimo discutere se un politico, cioè un rappresentante dello Stato e delle istituzioni, debba o no dimettersi ancor prima di una condanna definitiva ma quello che sembra impossibile dire è che lo stesso principio dovrebbe valere anche per i magistrati.
di Antonello de Gennaro

I magistrati “sinistrorsi” sono sul sentiero di guerra contro la politica eletta dai cittadini, per mantenere la propria intoccabilità abusando di un autogoverno che ha ignorato e calpestato persino i termini previsti dalla Costituzione diventando una sorta di Stato autonomo, che si contraddistingue con leggi ed etica differenti rispetto a quelle previste in cui cui vivono i cittadini privi di una toga “rossa”. Eccovi un paio di esempi eclatanti. Più di qualche magistrato, esterna pareri non richieste e tantomeno dovute, oltre che molti diventano “opinionisti” e si dicono indignati quando un politico non si dimette se raggiunto da un avviso di garanzia, non parliamone poi se viene mandato a processo.

E’ legittimo discutere se un politico, cioè un rappresentante dello Stato e delle istituzioni, debba o no dimettersi ancor prima di una condanna definitiva ma quello che sembra impossibile dire è che lo stesso principio dovrebbe valere anche per i magistrati.

Infatti questo è quanto è accaduto con una più che discutibile decisione della Corte Costituzionale che accolto il ricorso di un loro collega magistrato ( anche nella Consulta evidentemente vige il principio del “cane non morde cane”) , che era stato rimosso dal Consiglio Superiore della Magistratura a seguito di una condanna definitiva a due anni e quattro mesi per avere apposto una firma falsificata del suo presidente (ecco uno dei motivi per cui sono necessari di test psichiatrici per le toghe) in ben tre provvedimenti giudiziari.

il pm Michele Ruggiero

Un altro caso eclatante è quello dei due pubblici ministeri della procura di BariAlessandro Donato Pesce e Michele Ruggiero, condannati entrambi con sentenza definitiva lo scorso 30 gennaio 2023 , per “violenza privata nei confronti di alcuni testimoni quando erano in servizio precedentemente alla procura di Trani allorquando i due magistrati avevano intimidito, minacciato ed esercitato violenze verbali nei confronti di alcuni testimoni per costringerli a dichiarare il falso !

Nonostante la procura generale della Cassazione avesse chiesto con dovuto rigore (una volta tanto…) la loro radiazione, la sezione disciplinare del Csm ha invece preferito optare per una sospensione di due anni per Ruggiero e di qualche mese in meno per Pesce. Dopo la sospensione però, i due condannati torneranno a lavorare (come se nulla fosse accaduto in Cassazione !) esercitando le funzioni di magistrati civili a Torino, decisione questa che negli ambienti giudiziari piemontesi ci risulta non essere stata accolta con gioia. Ma la sospensione dalle funzioni da pubblici ministeri dei due magistrati condannati definitivamente non è stata ancora attuata dopo oltre un anno ed infatti due magistrati Pesce e Ruggiero continuano ancora oggi a fare i pubblici ministeri nell’indifferenza e solidarietà dei loro colleghi della procura di Bari.

E’ bene ricordare che per la Legge e la nostra Costituzione, un parlamentare, un ministro e un magistrato sono ugualmente servitori dello Stato ma, nella realtà dei fatti, la norma fuorilegge della “Repubblica giudiziaria” è che in presenza di un avviso di garanzia, un politico deve andare a casa , mentre il magistrato resta in carica (con lo stesso stipendio pagato dai contribuenti !) anche se condannato in Cassazione.

Se si è magistrati si può fare carriera anche se se si è attualmente sotto processo per reati gravi. È il caso incredibile di Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto presso la procura di di Milano che è stato da poco promosso a “corrispondente nazionale” di Eurojust, l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria, nonostante De Pasquale nelle prossime settimane dovrà comparire da imputato davanti sia al tribunale di Brescia ed alla sezione diciplinare del Csm per le sue presunte gravi violazioni compiute da pubblico ministero nel processo Eni.

il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale

Come non dare quindi ragione al collega Alessandro Sallusti, direttore del quotidiano IL GIORNALE quando con un suo recente editoriale vorrebbe attirare l’attenzione del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, che qualche giorno ha fatto intendere di essere a conoscenza di politici cocainomani ? Non dubitiamo che sia vero, ma non ci risulta che Gratteri abbia mai parlato e denunciato suoi colleghi tossicodipendenti in servizio. Che dicono non siano pochi…

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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Grazie, Antonello de Gennaro

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