E’ stata approvata oggi con 109 si, 77 no e 1 astenuto nell’Aula di Palazzo Madama il disegno di legge costituzionale sul premierato. Adesso il provvedimento, considerato la riforma “madre” della premier Giorgia Meloni, passa alla Camera. “Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”, ha dichiarato la presidente del Consiglio. Nel frattemo continuano però le proteste da parte dell’opposizione (sterile in aula al Senato), che oggi si è riunita a Roma in piazza Santi Apostoli, per manifestare contro il premierato. Cosa prevede di preciso il provvedimento in questione? Cosa stabiliscono gli 8 articoli di questa riforma?
La riforma del governo sul premierato consta di otto disposizioni. L’articolo 1 abroga il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione, ossia la previsione in base alla quale il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita, in un numero complessivo non superiore a cinque.
L’articolo 2, prevede che l’abbassamento del quorum per l’elezione del presidente della Repubblica, ossia da due terzi alla maggioranza assoluta, operi non più dopo il terzo scrutinio, come accade oggi, bensì dopo il sesto scrutinio
Semestre bianco
L’articolo 3, sopprime la facoltà del presidente della Repubblica di sciogliere una sola delle Camere. Una delle novità più dibattute è di fatto l’annullamento del semestre bianco che consente al presidente della Repubblica di sciogliere le camere in qualunque momento, anche nei sei mesi precedenti all’elezione del capo dello Stato.
Gli atti
E ancora l’articolo 4 sostituisce interamente il primo comma dell’articolo 89 della Costituzione, in materia di controfirma degli atti del capo dello Stato. Qui viene abolita la controfirma del governo in una serie di atti del presidente della Repubblica, come la nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere.
Il “centro” della riforma
Ma il cuore della riforma costituzionale è l’articolo 5 che sostituisce l’articolo 92 della Costituzione: il governo della Repubblica è composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Si introduce poi la previsione dell’elezione del presidente del Consiglio dei ministri a suffragio universale diretto per cinque anni, fissando un limite al numero dei mandati: può essere eletto per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. E’ prevista anche l’assegnazione di un premio di maggioranza su base nazionale che garantisca, in ciascuna delle Camere, una maggioranza dei seggi alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio eletto, fermo restando il rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche.
Formazione del governo
L’articolo 7 modifica l’articolo 94 della Costituzione. La novità prevista è che il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il governo e ha il potere di revoca dei ministri. Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Se non viene approvata la mozione di fiducia, il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il governo. Quindi il premier eletto può fare un nuovo tentativo con un altra squadra di ministri, o anche cercando un’altra maggioranza.
Le norme transitorie
Infine, l’articolo 8 reca due norme transitorie. Al comma 1 si prevede che restino in carica i senatori a vita nominati alla data di entrata in vigore della legge costituzionale. Il comma 2 stabilisce che la legge costituzionale si applichi a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successivi alla data di entrata in vigore della riforma.