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22 Novembre 2024 00:39

I retroscena e la verità sullo scontro fra il giornalista Luigi Abbate e l’on. Michele Pelillo

di Antonello de Gennaro

Era il 24 luglio 2014 ore 09:54. ed il giornalista  Luigi Abbate così scriveva in un suo sms  inviato sul telefono dell’ on. Michele Pelillo, messaggio che abbiamo visto e letto personalmente:

Ho bisogno di parlarti. Stanno per licenziarmi da Blustar, vorrei un tuo intervento su Cosimo (  editore di Blustar Tvn.d.a.)  Ti giuro che tra me e non ci saranno più scontri. Richiamami appena puoi!


Schermata 2015-11-01 alle 00.55.19Pelillo
non richiamò Abbate e tantomeno contattò l’editore di Blustar Tv.  “Un politico non deve mai caldeggiare l’operato indipendente di un editore o di un giornalista“, ci dice Pelillo. Quarantotto ore dopo (e cioè  il 26 luglio 2014) a quel messaggio, che rimase privo di alcun riscontro ed effetto,  il giornalista Luigi Abbate venne licenziato dall’emittente televisiva Blustar Tv.  Ne abbiamo lette e sentite delle belle. Abbate che faceva la “vittima” di una “persecuzione politica” . Ma per accertare la verità, occorre ricostruire sino in fondo la vicenda, per restituire il dovuto “onore” a Pelillo, e sbugiardare Luigi Abbate, il quale anche se è un giornalista come chi vi scrive, non può godere della nostra stima, sopratutto alla luce dei suoi comportamenti e manie di protagonismo e “vittimismo” .

I FATTI. Un anno prima dell’ SMS inviato da Abbate all’ on. Pelillo, l’editore di Blustar Tv aveva avviato la procedura di mobilità nei confronti di 5 giornalisti della tv tarantina, a causa della dalla crisi che ha investito l’intero settore dell’emittenza televisiva privata ed Abbate non era uno di loro, circostanza questa che basta a smentire il suo vittimismo e sopratutto le solite accuse campate in aria contro la politica.

Schermata 2015-11-01 alle 00.58.00I fatti sono ben diversi da come ve li hanno raccontati sinora. Ed il Corriere del Giorno, è in grado ancora una volta e  come sempre documentalmente di rivelarveli. Una dei 5 giornalisti licenziati da Blustar TV, e cioè Alessandra Abbatemattei, impugnò il licenziamento ricevuto per il mancato rispetto delle quote rosa tra i “superstiti” dinnanzi al Tribunale del Lavoro di Taranto, ottenendo a seguito del suo ricorso una sentenza a lei favorevole con il reintegro immediato nella redazione della tv tarantina. A quel punto l’azienda televisiva della famiglia Quaranta, per rispettare la sentenza applicò un turn-over all’interno della redazione. Venne quindi riassunta la Abbatemattei, ed al suo posto venne invece licenziato Luigi Abbate.

La legge prevede la possibilità di fare questo, ma non è un obbligo. Si può anche non fare – dichiarò Abbate  al Fatto Quotidiano aggiungendo e poi perché io?  (ma nessuno gli chiese: e perchè un altro ? n.d.a.) Mi viene il dubbio di essere scomodo a qualcuno. Me lo chiedo. Sono scomodo alla grande industria? Sono scomodo a qualche politico? Voglio la verità”.

Schermata 2015-11-01 alle 00.42.38
nella foto Raffaele Lorusso

Immediatamente insorse l’ Assostampa Puglia, il sindacato dei giornalisti pugliesi, che come sempre strilla, annuncia battaglia, senza ottenere o risolvere pressochè mai nulla . “Non ci sono licenziamenti di serie A e di serie B a seconda delle convenienze politiche del momento – dichiarò a suo tempo il giornalista-sindacalista-presidente Raffaele Lorusso –  è evidente che i rapporti tra grande industria e informazione a Taranto, sono ancora inquinati”.

Purtroppo… per Lorusso, una successiva sentenza del Tribunale del lavoro del capoluogo jonico, taciuta dalla stampa tarantina (e sopratutto dai suoi “sindacalisti”) che venne pubblicata esclusivamente da questo quotidiano (leggi QUI) , ha provato l’esatto contrario delle fantasiose teorie prive di alcun fondamento manifestate sia dell’ Assostampa che dello stesso Abbate.

Immediatamente il circuito “pennivendolo-sindacalista-ambientalista” tarantino si attivò…. Ecco quello che scriveva (dietro ispirazione…locale) e raccontava il Fatto Quotidiano (leggi QUI) che di seguito riportiamo testualmente per vostra comodità:

Angelo Bonelli, leader dei Verdi, incalza, centrando il cuore del pensiero comune.A me viene più che un dubbio sul fatto che ci sia una pressione politica dietro questa scelta. Ci sono state pressioni da parte di qualcuno? Era un giornalista scomodo da eliminare? Attendiamo che sia la proprietà di Blustar a rispondere”. Risposta che è arrivata a stretto giro, rigettando le accuse “infondate e pervase di dietrologia”. “Nessuna persecuzione – chiarisce Blustar ma solo l’applicazione della sentenza del Tribunale del Lavoro di Taranto che ha reintegrato, nel luglio 2014, un’altra giornalista costringendo al licenziamento di chi aveva i requisiti stabiliti dalla legge 223/91”. E ad averli era proprio Abbate. Ma tanto non è bastato. La teoria di Bonelli è avvalorata da Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink. “Abbate è scomodo alla politica perché mostrava l’esistenza di due verità. Da una parte quella sostenuta da noi che, con le nostre ecosentinelle pronte a fotografare i fumi dei camini, con i nostri analizzatori, pari a quelli dell’Arpa Puglia, dimostravamo che le emissioni, fuori controllo, contengono cancerogeni. Dall’altra quella dei politici che davanti a quei dati non battevano ciglio”. 

Sulle sopra riportate dichiarazioni dei soliti ambientalisti a caccia di protagonismo e visibilità,  non vi era nulla che avesse a che fare con il licenziamento di Luigi Abbate,  sul quale come nostro consueto stile e scelta editoriale, stendiamo il solito veto pietoso evitando qualsiasi commento. I fatti hanno dimostrato ancora una volta, che certe persone danno voce alla bocca senza in realtà saper o rendersi conto di quello che dicono e di cosa stiano parlando !  Il Fatto Quotidiano così continuava nel suo articolo sulla vicenda:

Nessun nome. Ma negli stessi minuti, l’associazione ambientalista, pubblica un video su Youtube. È la puntata del 30 maggio della trasmissione condotta da Abbate, ospiti in studio i parlamentari Gianfranco Chiarelli e Michele Pelillo. La discussione si incentra, ancora una volta, sul decreto Ilva allo studio del Parlamento e sui dati forniti dalle associazioni e ritenuti poco attendibili. Quando il conduttore decide di far intervenire in diretta telefonica il presidente del Fondo Antidiossina Onlus Fabio Matacchiera, Pelillo sbotta: “L’editore lo sa? Domani parlerò con l’editore. Voglio sapere se anche lui è d’accordo”. La discussione la conclude Abbate: “Siamo una televisione libera. Il Pd nella campagna elettorale ha fatto figli e figliastri, forse non siamo nelle vostre grazie e per questo diamo fastidio”. Il deputato democratico raggiunto dalla redazione de ilfattoquotidiano.it non intende rilasciare dichiarazioni a riguardo. Stando a voci bene informate, sarebbe arrivato sulle scrivanie dei magistrati tarantini del materiale a sostegno della tesi delle pressioni politiche. Starà a loro, ora, stabilire la verità. Intanto, il telefono di Luigi Abbate scotta. Sono in tanti a manifestargli, in queste ore, solidarietà. Tra questi nessun politico

Ebbene oggi, in molti dovrebbero recitare un mea culpa, basato proprio sugli atti della magistratura tarantina. Infatti non si trattava  come sosteneva erroneamente il Fatto Quotidiano e cioè che secondo  “voci bene informate, sarebbe arrivato sulle scrivanie dei magistrati tarantini del materiale a sostegno della tesi delle pressioni politiche. Starà a loro, ora, stabilire la verità“. I magistrati in realtà si sono occupati della vicenda,  esclusivamente  sulla base  di una querela-denuncia presentata da Luigi Abbate nei confronti dell’ on. Michele Pelillo, querela che per sommo dispiacere dei soliti pennivendoli-sindacalisti-ambientalisti e di Luigi Abbate  è stata archiviata dalla Procura della Repubblica di Taranto, in quanto non vi era alcun presupposto di reato.

La magistratura tarantina, ha fatto quindi il proprio dovere, applicando la Legge. Avranno adesso, tutti questi giornalisti (o presunti tali…) e pennivendoli d’assalto molti dei quali senza un giornale o un editore vero,  il coraggio di dire “ho sbagliato” e di chiedere scusa all’ on. Michele Pellilo dopo averlo diffamato ?  Conoscendoli, ne dubitiamo fortemente.

la "bufala" giornalistica de Il Fatto Quotidiano
nella foto sopra, la “bufala” giornalistica de Il Fatto Quotidiano

Qualcuno, i soliti “corvi“, quelli specializzati in lettere anonime, che da tempo cercano di mettere in piedi anche a Taranto una “macchina del fango” nei miei confronti,  a questo punto, se va bene vi diranno: “de Gennaro è amico di Pelillo”  ! O ancora peggio,  vi diranno “de Gennaro è sul libro paga di Pelillo“. Nel primo caso hanno ragione, in quanto non ho mai nascosto la mia  ultradecennale amicizia familiare con Michele Pelillo e la sua consorte, i quali mi onorano da sempre della loro amicizia.  Nel secondo caso, purtroppo per voi, vi diranno solo delle clamorose falsità !

A tal proposito invito tutti voi ad andarvi a leggere un mio vecchio articolo del 2011 (leggi QUI) , dalla cui lettura difficilmente mi si potrà scambiare per un “portavoce” o  “fiancheggiatore” di Michele Pelillo e del suo gruppo politico. O se preferite,  chiedete pure qualcosa sul sottoscritto al consigliere regionale del Pd Michele Mazzarano (molto vicino al gruppo dell’ on. Pelillo)  e fatevi raccontare quanto gli ho detto pubblicamente recentemente,  e dinnanzi ad una ventina di testimoni, fra cui tutti i consiglieri regionali tarantini di ogni partito .

Il sottoscritto, cari amici e nemici, ha una grande fortuna e forza: sono libero e non ho mai timore di dire quello che penso. Sempre e comunque. A chiunque.

Ma per fortuna le persone intelligenti e serie, e ce ne sono tante, non hanno bisogno di alcuna spiegazione. Ai diffamatori di professione, i “pennivendoli”, gli esperti di “fango”  ed i celebro-limitati,  invece non presto alcuna attenzione. Per il semplice fatto che non la meritano. Di questa gentaglia, se ne occupano i miei legali, e le forze dell’ordine su delega della magistratura.

Mimmo Mazza
nella foto Mimmo Mazza sotto la sede di BlustarTV

Concludendo permettetemi di raccontarvi qualcosa di personale. Lo “strombazzamento” dell’ Assostampa contro chi vi scrive,  messo in atto oltre un anno fa, da una ristretta di “cricca” di giornalisti sindacalisti tarantini, i quali nonostante gli uffici dell’ Assostampa a Bari, fossero chiusi per ferie (e ce lo riferì proprio Mimmo Mazza),  ed il loro presidente regionale  Raffaele Lorusso fosse in viaggio in America,  mi accusarono con uno squallido e vergognoso comunicato sindacale  di un “plagio” inesistente di fatto ed anche di diritto (cioè per Legge) auspicando la nostra chiusura.

Adesso questi giornalisti-sindacalisti-diffamatori sono tutti iscritti nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Roma, mentre noi continuiamo a fare seriamente il nostro lavoro, riconosciuto ed apprezzato dal crescente numero di lettori che quotidianamente ci segue ed aumenta di giorno in giorno sempre più numeroso, mentre qualche “giornalista-sindacalista” porta lo stipendio a casa soltanto grazie agli ammortizzatori sociali o ai contratti di solidarietà. Ma non si sa fino a quando…

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Qualcuno si chiederà: ma perchè stiamo pubblicando e raccontando tutto ciò ? La risposta è molto semplice: per amore di verità. Quell’ amore che ci spinge ogni giorno a raccontarvi storie e fatti che altri preferiscono ignorare o chiudere nei cassetti per trarne qualche vantaggio personale. Taranto ha bisogno di una stampa al “servizio” dei cittadini , utile al loro diritto d’informazione, e non una stampa che sia “serva” al “servizio” di qualcuno o per un proprio tornaconto personale e carriera sindacale!

*  *  *  *  *  *  *  *  *

Eccovi le sentenze del Tribunale del Lavoro di Taranto, che provano inconfutabilmente che il licenziamento di Luigi Abbate avvenne solo e soltanto per una scelta dell’editore e peraltro dettata dalla causa di lavoro intrapresa dalla sua collega Alessandra Abbatemattei:

Allegato 1) sentenza ricorso Abbatemattei/ BlustarTv  

                       Abbatemattei Tribunale-Taranto_Ordinanza-05122013

Allegato 2) rigetto ricorso Luigi Abbate/ BlustarTv   

                      Decreto di rigetto Abbate

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Grazie, Antonello de Gennaro

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