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28 Settembre 2024 13:15

L’intercettazione di Laudati: “l’Antimafia fa politica”. Così l’ex pm prova a salvarsi dall’ inchiesta sui dossier

"Roberti s'è candidato, Cafiero s'è candidato, Grasso ha fatto il presidente del Senato...allora è chiaro che uno dica, ma se c'è l'Antimafia, quello lo fanno per speculazioni politiche"

“L’ Antimafia fa solo politica si dai tempi di Prodi”. L’ex pm, ora in pensione, Antonio Laudati, è un vero fiume in piena n elle sue telefonate durante i primi primi giorni in cui esplode lo scandalo sul dossieraggio.Un vecchio “vizietto” esattamente come era già accaduto a Bari, quando gli spioni seguivano le tracce dell’inchiesta su Silvio Berlusconi, ed il magistrato cerca di salvarsi, buttando nel pentolone chiunque, cercando di salvare se stesso.

All’interno del fascicolo d’indagine della Procura di Perugia, che indaga sugli accessi illeciti alla superprocura nazionale voluta da Giovanni Falcone, c’è un’intercettazione agli atti, datata 5 marzo 2024, nella quale Antonio Laudati parlava al telefono con Alberto Cisterna, anch’egli ex sostituto procuratore alla Dna ed attualmente presidente della XIII sezione del Tribunale civile di Roma. I due magistrati commentavano preoccupati le notizie su quella montagna di accessi abusivi, effettuati dal finanziere Pasquale Striano in concorso con Laudati, da utilizzare per passare le informazioni riservate ai giornalisti del quotidiano “Domani” (editore Carlo De Benedetti).

Il magistrato indagato si diceva indignato, perchè i giornali lo stanno etichettando il “pm anti Cavaliere” nonché responsabile, insieme al finanziere Striano, di quel fiume di “dossieraggi” contro i politici del centrodestra. Il suo collega Cisterna cerca di tranquillizzarlo: “Ho letto tutto, però io, siccome ho il vizio della memoria… mi sono ricordato che nel 2006 la Procura di Milano imbastì una cosa del genere, identica, dicendo che c’erano i dossier di Tim e facendo fare un decreto… direttamente a Prodi, col quale cancellavano tutti i tabulati del famoso scandalo Tim che non esisteva, ovviamente, con lo stesso andazzo, cioè vai dal potere politico, lo metti in allarme, gli dici che c’è un dossieraggio, il potere politico si spaventa, quelli fanno un provvedimento, quelli fanno carriera, si guadagnano meriti, siccome è una replica esatta, perché io me lo ricordo quello che successe allora, che era una cosa mai vista, con cui venne modificato il 240 del codice penale… siccome qui ogni tanto i magistrati hanno il vezzo di mettere in allarme la politica, e non sono nessuno dei due disabituati, pazienza”.

Giovanni Melillo procuratore capo della Procura nazionale Antimafia

Un sostegno insperato per Laudati impegnato a non passare per “spione”. Il quale, a quel punto, cerca di scaricare ogni responsabilità sul nuovo procuratore capo della Procura nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, non potendo immaginare che in quello stesso momento, proprio Melillo, esattamente due giorni dopo quella telefonata intercettata, si sarebbe presentato davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, con una sua lunga audizione in cui ha illustrato il porto di mare delle Sos che aveva ereditato dal suo predecessore, l’attuale deputato del M5s Federico Cafiero De Raho, spiegando ai componenti della Commissione le nuove rigide direttive che dopo il suo arrivo avevano mandato in bestia gli “spioni”, che si erano trovati nell’impossibilità di continuare a sguazzare nelle intrusioni informative di natura illecita.

Laudati diceva al collega Cisterna:Innanzitutto gli accertamenti sono stati fatti tutti a ottobre 2022, quelli sul nuovo governo, quelli dove c’è la speculazione“, “quando c’era già Melillo, e Melillo era diventato il responsabile Sos, e questo qui (il finanziere Striano, ndr) era anche un uomo suo di fiducia“. Ma in realtà nelle nuove carte trasmesse dal procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone alla Commissione Antimafia è presente una relazione, completa di accertamenti investigativi, dalla quale emerge che Melillo, accortosi che più di qualcosa non quadrava nel “gruppo Sos”, aveva deciso di mandare via Striano dalla DNA, e risulta che invece sarebbe stato proprio Laudati a mettere a capo di quella sezione lo stesso finanziere, che era in servizio a Reggio Calabria nello stesso periodo in cui Cafiero De Raho era a capo della procura reggina.

Antonio Laudati, all’oscuro di tutto quello che sarebbe uscito dal tombino dei dossier illeciti, continuava a sostenere che il caso “dossieraggi” altro non era che una speculazione mediatica. “Roberti s’è candidato, Cafiero s’è candidato, Grasso ha fatto il presidente del Senato…allora è chiaro che uno dica, ma se c’è l’Antimafia, quello lo fanno per speculazioni politiche, cosa di cui a me, ma tu immagina da questa cosa che per me era una cazzata enorme, io mi trovo scritto, tu sai cosa ho passato a Bari, adesso mi trovo scritto “il pm anti Cavaliere”.

Striano intercettato “in missione” in Vaticano

Il capo degli spioni era in «missione» in Vaticano a poche ore dallo scoppio del caso Becciu. La circostanza è emersa dalle nuove carte dell’inchiesta “dossieraggio”, trasmesse dal procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, alla Commissione Antimafia. Gli approfondimenti dei magistrati della procura umbra, hanno accertato che il finanziere Pasquale Striano aveva effettuato aveva degli accessi abusivi su tutti i protagonisti dell’affare del palazzo di Londra, un’esclusiva giornalistica del settimanale L’Espresso, firmata dal giornalista Emiliano Fittipaldi (un “fedelissimo di De Benedetti promosso alla direzione del Domani) corredata da un documento segretissimo della Segreteria di Stato, che instaurava più di qualche dubbio su circa 650 milioni di euro, fondi extrabilancio dell’Obolo di S. Pietro, che invece di essere destinati come scopo istituzionale ai poveri, erano stati impiegati per fare affari immobiliari.

Uno scoop giornalistico, che aveva dato il via al processo del secolo nei confronti del cardinale Angelo Becciu e dei protagonisti della compravendita, è stato pubblicato dopo che Striano, indagato in concorso dalla Procura di Perugia per accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto assieme all’ex pm Antonio Laudati ed i tre giornalisti del quotidiano Domani . Il finanziere aveva effettuato infatti una serie di intrusioni illecite al sistema analisti sui personaggi coinvolti nell’affare del palazzo, tra alti prelati della Santa Sede e broker in affari tra Londra e Lussemburgo. Accessi illegali che il capo del gruppo Sos ha portato avanti dal 22 luglio al 30 agosto 2019, scaricando una serie di informazioni, documenti e alert dell’antiriciclaggio, guarda caso… contenute nell’articolo del settimanale L’Espresso.

Adesso le nuove carte dell’inchiesta di Perugia provano e certificano l’illecita intrusione di Striano nei sistemi analisti per le vicende d’Oltretevere, ma non solo , scoprono la presenza del capo degli “spioni” in Vaticano proprio poche ore prima dalla pubblicazione dell’esclusiva. Le perizie tecniche effettuate sul cellulare del finanziere, che nel frattempo era riuscito a far scomparire dal telefono numerosi file e parte delle chat nel tentativo maldestro di coprire le tracce dei mandanti e di altri destinatati dei dati riservati trafugati nel sistema analisti, hanno portato alla luce una registrazione presente nello smartphone di Striano, che risultava agganciato alla cella di San Pietro alle ore 17.49 del 29 settembre 2019 , esattamente poche ore prima dell’ esplosione dello scandalo Becciu.

Legittimo chiedersi che cosa ci faceva un investigatore della Direzione nazionale antimafia italiana in trasferta in uno Stato estero? Secondo gli inquirenti, lo spione aveva dei collegamenti importanti nel territorio vaticano come dimostrano i contatti registrati nella rubrica del telefonino, in cui aveva memorizzato i numeri “centralino Vaticano”, e “Vaticano spaccio”. Striano era anche in possesso di una tessera nominativa per accedere alla Santa Sede e usufruire di tutti i servizi. Il finanziere “spione”si metteva anche a disposizione di agenti dell’intelligence italiana che chiedevano Sos su religiosi influenti, come emerge dalle intrusioni illecite su monsignor Giovanni Ermes Viale, effettuate su richiesta dello 007 Silvio Adami nel periodo in cui c’erano tensioni tra il Papa e Viale, l’alto prelato di Propaganda Fide mandato via dopo le “spiate” di Striano.

Non solo l’interesse per gli affari della Chiesa prima dell’articolo che ha aperto il caso, ma anche nei mesi successivi, quando la questione del palazzo di Londra ha travolto l’allora capo della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale Becciu, oggetto di una campagna stampa martellante e infine processato. Una vicenda che l’investigatore dell’ Antimafia avrebbe seguito con un interesse quasi maniacale, visto che mandava gli articoli persino alla moglie, nei quali si vantava di aver contribuito alla ricerca della verità. Sulla questione degli accessi abusivi di Striano, i magistrati dello Stato Vaticano hanno aperto un fascicolo per scoprire chi seguiva quelle tracce di quella inchiesta riservata.

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