Sono due le “penne” prestigiose del quotidiano americano Washington Post che hanno lasciato il giornale dopo l’annuncio che non avrebbe preso posizione a sostegno di nessuno dei due candidati alla Casa Bianca. Sale ancher il numero di lettori che hanno deciso di cancellare gli abbonamenti, Michele Norris, opinionista del Post e prima conduttrice donna nera per la National Public Radio (NPR), ha deciso di ritirare la firma definendo la scelta di non sostenere Kamala Harris definendolo un “terribile errore”.
“Ho deciso di dimettermi dal mio ruolo di editorialista del Washington Post, un giornale che amo”, ha scritto Michele Norris, la cui firma esce sul giornale dal 2019. “In un momento come questo, tutti devono prendere le proprie decisioni. La decisione del Washington Post di non dare un sostegno che era stato scritto e approvato in un’elezione in cui sono in gioco i principi democratici fondamentali è stato un terribile errore e un insulto allo standard del giornale di sostenere regolarmente i candidati che risale al 1976“. Norris ha seguito la decisione di Robert Kagan, un redattore capo che ha lasciato il giornale la scorsa settimana dopo che l’editore e CEO, William Lewis, ha dichiarato che non avrebbe sostenuto un candidato nella corsa presidenziale del 2024.
Lewis ha descritto la decisione come un ritorno alle radici del giornale e ha detto che la scelta nel 1976 di sostenere Jimmy Carter era dettata da “ragioni comprensibili all’epoca” ed aggiunto “Riconosciamo che questo sarà interpretato in vari modi, tra cui un tacito sostegno a un candidato, o come una condanna di un altro, o come un’abdicazione di responsabilità. Ciò è inevitabile“.
“Non la vediamo così. La vediamo coerente con i valori che il Post ha sempre rappresentato e con ciò che speriamo in un leader: carattere e coraggio al servizio dell’etica americana, venerazione per lo stato di diritto e rispetto per la libertà umana in tutti i suoi aspetti“.
Poco dopo che la decisione è stata resa pubblica, un gruppo di editorialisti del Post, tra cui il vincitore del premio Pulitzer Eugene Robinson e l’ex vicedirettore della pagina degli editoriali Ruth Marcus, hanno condannato la scelta. Le critiche si sono estese alle “firme” iconiche del Washington Post come Bob Woodward e Carl Bernstein.