Dieci mesi dopo l’inizio del processo, dopo decine di testimonianze e l’interrogatorio dell’imputato, dopo una perizia psichiatrica disposta dal Tribunale che l’ha dichiarato sano di mente, si è chiuso il processo per Alessandro Impagnatiello l’ex barman dell’ Armani caffè di Milano, che ha ucciso la sua compagna Giulia Tramontano nel maggio di un anno fa, con la sua condanna all’ergastolo e per lui si riaprono le porte del carcere. E’ quanto ha deciso oggi la Corte di Assise al termine del processo di primo grado per omicidio volontario pluriaggravato, interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere. I giudici della Corte di Assise di Milano gli hanno inflitto anche la condanna a tre mesi di isolamento diurno.
Dopo 10 mesi e 13 udienze, a un anno e mezzo dall’omicidio di Giulia Tramontano, e il bambino che portava in grembo, Thiago, si chiude così il processo, con una sentenza che arriva nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In aula presente tutta la famiglia Tramontano, con al petto la spilla con la foto di Giulia e un fiocco rosso, i quali si sono abbracciati, in lacrime alla lettura della sentenza . Impagnatiello, invece è rimasto impassibile, è andato via scortato dagli agenti per tornare nel carcere milanese di San Vittore, dove si trova detenuto dal primo giugno 2023.
Impagnatiello ha preso la parola in aula due volte. La prima, il 18 gennaio, quando ha reso dichiarazioni spontanee, dicendo “Buongiorno. Grazie per avermi concesso la parola. Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi principalmente a Giulia e alla sua famiglia” e poi, mentre Franco Tramontano il padre di Giulia, e la sorella Chiara hanno abbandonato l’aula per non ascoltarlo, aveva detto: “Non ci saranno mai parole corrette da dire. Affronto qualcosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità. Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia, con loro me ne sono andato anche io. Anche se sono qui a parlare, non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono, chiedo solo che possano essere ascoltate queste scuse. E questa è l’occasione che ho per farlo. L’unica cosa che faccio la sera è sperare di non svegliarmi più al mattino. Finché sarò qui in eterno dovrò scuse a tutte queste persone ma non sarà mai abbastanza”.
Quando Impagnatiello è stato interrogato in aula si è assistito ad un’udienza tesissima, in cui aveva raccontato come avesse iniziato già prima di quel giorno a tentare di avvelenare Giulia per procurarle un aborto. La pm Alessia Menegazzo, che ha sostenuto l’accusa con il procuratore aggiunto Letizia Mannella, le ha chiesto il perchè di questo “progetto” omicida. E lui ha risposto così: “È una domanda che mi sono fatto miliardi di volte ma che non avrà mai risposta. Non c’è e non ci sarà mai un motivo per tutta questa violenza”, aveva detto parlando dello “stress nel portare avanti queste due vite, le due relazioni”. Quella con la povera Giulia Tramontano e quella con A.C., la giovane fidanzata parallela sua collega all’ Armani Cafè. Quando le due donne lo smascherano vogliono un incontro con lui, sul suo posto di lavoro, quello stesso 27 maggio. Lui fugge da loro ma non dal suo ego: “Significava il crollo della mia carriera. Vedermi umiliato e distrutto davanti ai colleghi era una cosa cui non riuscivo a fare fronte”.