Il processo di primo grado dell’inchiesta “Ambiente svenduto” si era concluso il 31 maggio del 2021 con 26 condanne nei confronti di dirigenti della fabbrica, manager e politici. Le più pesanti, a 22 anni e 20 anni di reclusione, per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva. La sentenza è stata annullata in appello lo scorso 13 settembre. L’annullamento, disposto dalla Corte d’assise di appello di Taranto, ha generato l’azzeramento del processo e il suo trasferimento al Tribunale di Potenza perché due giudici onorari tarantini (in servizio all’epoca dei fatti) compaiono tra le oltre mille parti civili nel processo.
Una decisione confermata dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dalle parti civili Codacons e Associazione Aidma contro la sentenza con la quale la Corte di assise di appello di Taranto aveva annullato la sentenza di primo grado ed ordinato la trasmissione degli atti all’Autorità giudiziaria di Potenza nell’inchiesta sulle emissioni velenose dell’ex Ilva.
“La Corte di cassazione ha ritenuto inoppugnabile la sentenza di appello – spiega una nota della Suprema Corte – dichiarativa dell’incompetenza senza pregiudizio della possibilità che la questione di competenza torni all’esame della Corte di legittimità in sede di risoluzione di conflitto o unitamente al merito della vicenda processuale“.