“È un equivoco che non conforta e genera malessere” dice lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet autore del saggio “Elogio dell’amicizia” (Einaudi) in un’intervista al quotidiano Il Messaggero. Non dà serenità, infatti, scambiare i follower per amici. O credere che quelli che ci seguono sui social siano un’autentica parte della nostra vita. L’amicizia, quella reale e non solo online, è altro. “Le piattaforme sono nate proprio per fare marketing della solitudine. È ingenuo pensare che il sentimento dell’amicizia possa trovarsi solo in rete. Oggi quel sentimento sembra non andare più di moda, perché è faticoso” .
“L’amicizia è complicata, più di un matrimonio. aggiunge Crepet, “Non è fatta di convenienze ma soprattutto di complicità, parole, vicinanza. Parliamo di un sentimento impegnativo, a volte difficile, faticoso, appunto, a rischio anche di delusioni e scontri. Ma è un sentimento onesto, più dogmatico dell’amore, non conosce sfumature di comodo. Le amicizie sono la nostra speranza”.
“L’amicizia è un lavoro serio, essenziale per il nostro equilibrio. Ma necessita di manutenzione perenne come accade per le cose rare e preziose” dice Crepet al Messaggero “Quello che si cerca è un sentire frettoloso tutto selfie ed emoticon. I social vogliono orientarci a fare tutto da soli. Non riconoscendo il potere delle relazioni nella nostra vita. Che non giudicano e non ricattano ma chiedono complicità e gratitudine“.
“Credo che considerare gli amici dei social degli amici veri sia solo una colossale ingenuità” continua lo psicologo “Come è possibile non rendersi conto che l’amica o l’amico è una stampella. Un porto sicuro, per esempio, quando stai male. Quando, appunto, ti senti solo. Quando una ragazzina posta un suo selfie spera che tutta la rete lo guardi. Guardi la sua immagine. Il resto passa in secondo piano. Social? Dovrebbero chiamarsi “a-social”. Un esempio di quotidiana solitudine”.
“Un amico è…quello che se stai male di notte, in vestaglia o in pigiama, esce di casa e viene da te. Quello che corre per ascoltarti e capire che cosa è successo. Per fare questo ci deve essere un legame stretto, una comprensione reciproca molto particolare. Quanti ne trovi, tra i follower di cui molti si vantano, che farebbero questo?” continua Crepet.
Un legame che mette in salvo mente e corpo come si legge nei progetti anti-solitudine della Ue e dell’Oms. “Stiamo parlando di un legame che resiste alla distanza nel senso di spazio e tempo. Paragono l’amicizia a una bella pianta grassa. – spiega il professor Crepet – Quasi completamente autonoma, ha bisogno di poca acqua e di poche cure, vive in una solitudine nella quale si organizza da sé l’esistenza, non vuole essere abbandonata ma nemmeno ossessionata dal suo curatore. E come ti occupi di lei immediatamente riprende“.
Alla domanda se riprende vita e regala vita, Crepet così risponde: “È un rammendo lento e meraviglioso che dura tanti anni nella vita. Senza non si è nulla, le amicizie sono la nostra speranza. Il crescere dell’amicizia fra le persone è ciò che ha caratterizzato il progresso dell’umanità. Lo ripeto, l’amicizia non fa sconti, è un sentimento onesto. Restituisce tutto ciò che si è seminato. Bisogna partire dal coraggio di sfidare ciò che abbiamo dato per scontato e troppo spesso banalizzato e vilipeso. L’amicizia, appunto“.
L’amicizia, dunque, colma un vuoto, regala forza, permette di rispecchiarsi o di stimare la diversità, permette il silenzio. Ma come nasce, chiede il Messaggero? “Nasce dalle occasioni della vita, spesso dal destino, ma per diventare sentimento irrinunciabile necessita poi di grandi emozioni condivise, non di mediocrità affettiva. L’isolamento in sé non è un fattore di rischio, non è sempre indice di una malattia. Perché può essere determinato da un lavoro, che sia l’artigiano o uno scrittore. Perché può servire a capire meglio una relazione di coppia. Perché a volte, anche in mezzo a tante persone, ci si può sentire soli. Si può avvertire il conflitto. Si tratta di una scelta molto complessa“.