Blitz in Campania e in Abruzzo operato dalla sezione operativa della DIA, la Direzione Investigativa Antimafia di Salerno . Questa mattina, il personale della DIA ha dato esecuzione a a Torchiara, Capaccio Paestum, Terni, Baronissi e Sulmona, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari a carico di 10 indagati, i quali, a vario titolo, sono ritenuti responsabili dei delitti di scambio politico-elettorale politico mafioso; tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso; estorsione aggravata dal metodo mafioso; detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo e favoreggiamento personale. Il provvedimento cautelare è stato emesso dal Tribunale di Salerno su richiesta della Procura-Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno.
Tra i destinatari delle 10 misure cautelari eseguite questa mattina dalla DIA di Salerno, compare anche Franco Alfieri ex sindaco del Comune di Capaccio Paestum ed ex presidente della Provincia di Salerno, . L’inchiesta ipotizza, a vario titolo nei confronti dei dieci indagati, reati di scambio politico-elettorale politico mafioso; tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso; estorsione aggravata dal metodo mafioso; detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo e favoreggiamento personale.
Alfieri era già stato arrestato nello scorso mese di ottobre, nell’ambito di un’indagine della Procura salernitana su presunti appalti pilotati. L’ex sindaco e presidente di Provincia è destinatario di un provvedimento restrittivo con il beneficio dei domiciliari. Oltre ad Alfieri, le misure cautelari dell’ indagine durata due anni, dal 2022 al 2024, riguardano anche Roberto Squecco, ritenuto esponente dell’area imprenditoriale del clan Marandino operante nel territorio di Capaccio Paestum e già condannato in via definitiva per 416 bis, e la ex moglie Stefania Nobili, che all’epoca dei fatti ricopriva la carica di consigliere comunale a Capaccio Paestum . Alfieri, che è stato anche sindaco ad Agropoli e Torchiara, oltre che presidente della Provincia di Salerno, divenne celebre nel 2016 per la battuta del presidente della Regione Vincenzo De Luca (estraneo alle indagini) che, durante la campagna referendaria sulla riforma costituzionale voluta dall’allora premier Matteo Renzi, elogiò la capacità di Alfieri di raccogliere consensi sul territorio, usando il termine “clientele“, e lo invitò ad offrire “fritture di pesce” per mobilitare gli elettori.
Al centro dell’inchiesta, la candidatura di Alfieri a sindaco nel giugno 2019 a Capaccio Paestum . Secondo la procura di Salerno, vi era un patto elettorale politico mafioso tra Squecco, sua moglie e Alfieri per raccogliere voti in favore del politico in cambio del mantenimento del Lido Kennedy che all’epoca era già al centro di provvedimenti giudiziari, struttura che faceva capo a Squecco attraverso un prestanome. Dalle indagini sarebbe emerso un quadro territoriale nel quale la criminalità organizzata avrebbe avuto un ruolo determinante nelle dinamiche politiche ed economiche di diversi enti. Grazie soprattutto ai collegamenti con esponenti politici e al condizionamento del voto. Inoltre, gli affari che emergevano da questi rapporti erano gestiti, secondo gli investigatori, con metodi tipicamente mafiosi.

Secondo l’accusa, in occasione delle elezioni del 2019, sarebbe stato sancito un patto elettorale che avrebbe avuto come corrispettivo il mantenimento nella disponibilità di Squecco, anche tramite prestanome, della struttura ricettiva “Lido Kennedy” sottoposta a sequestro. Quando lo stabilimento fu abbattuto perché gravemente pericolante, Squecco avrebbe addirittura commissionato un attentato dinamitardo, contattando alcune persone di Baronissi tra le quali due pregiudicati, da eseguire con una bomba, nei confronti del sindaco Alfieri. Un’azione che sarebbe stata studiata nei dettagli, non andato in porto, secondo la ricostruzione della Procura, solo per un mancato accordo tra esponenti dei clan.

Il lido avrebbe dovuto essere abbattuto parzialmente perché era pericoloso, ma Alfieri, una volta eletto sindaco, avrebbe dovuto impedirne l’abbattimento attraverso un appartenente alla polizia locale, Antonio Bernardi, e un dipendente dell’ufficio cimiteriale di Capaccio Paestum, Michele Pecora. I due hanno anche avvicinato Maria Rosaria Picariello, assessore dimissionaria alle politiche sociali del Comune, che avrebbe riferito poi ad Alfieri i messaggi minatori di Squecco, come emerso da intercettazioni, perché alla fine il politico dem aveva violato il patto e l’abbattimento c’era stato.
Squecco contattò anche tre persone di Baronissi, Antonio Cosentino, Domenico De Cesare, e Angelo Genovese, due dei quali pregiudicati, commissionando un attentato dinamitardo ai danni di Alfieri, preparato nei minimi particolari con sopralluoghi e studio delle mappe, ma poi non portato a compimento, perché l’imprenditore non si è messo d’accordo con i tre.

A questi la procura ha contestato il possesso di esplosivi armi da guerra e comuni e da sparo tra i quali un Uzi e un Kalashnikov. Domenico De Cesare poi, deve rispondere anche di tentato omicidio nei confronti di Angelo Genovese, esponente del clan omonimo per una tentata estorsione. Maria Rosaria Picariello deve rispondere di favoreggiamento personale perché alla polizia giudiziaria ha reso dichiarazioni mendaci per aiutare Squecco, Bernardi e Pecora.
Ai domiciliari sono stati posti Franco Alfieri, l’ ex assessore alle Politiche Sociali di Capaccio Maria Rosaria Picariello, il dipendente comunale Michele Pecora, l’ ex consigliera comunale Stefania Nobili, capogruppo di maggioranza durante il primo mandato di Alfieri, nonché moglie dell’imprenditore Roberto Squecco, già condannato in passato per estorsione con metodo mafioso e ora in carcere nell’operazione scattata all’alba di oggi. Insieme a lui è stato arrestato e condotto in cella anche Antonio Bernardi, ex candidato sindaco per il Movimento 5 Stelle nel 2017 e attualmente in servizio presso la Polizia Municipale di Capaccio Paestum; Domenico e Vincenzo De Cesare, Antonio Cosentino ed Angelo Genovese.
