La prima numerazione-truffa telefonica che fece scandalo fu il 144, il “pioniere” delle numerazioni a valore aggiunto che truffarono letteralmente migliaia di clienti al punto da costringere l’AGCOM, l’ Autorità garante per le Comunicazioni, nel 2008 a bloccarle sospendendole. Un secolo tecnologico rispetto ad oggi . Ma dopo qualche mese il 144 venne sostituito dalle numerazioni 899. Un business-truffa ancora oggi non debellato e che alimenta il mercato delle truffe telefoniche, con un giro di affari per 600 milioni di euro l’anno. Alla fine dell’ ottobre 2014 si è celebrato dinnanzi al Tribunale di Salerno il primo grado di giudizio nei confronti di alcune società accusate di aver impiantato delle truffe, capaci di fruttare 350 mila euro dopo appena sette mesi di attività. E tutto ciò grazie ad un semplice messaggio: “Ti ho chiamato alle ore 8,10, è urgente. Chiama l’899…“.
Chi abboccava all’esca-truffa telefonica, componendo quel numero, e non riagganciava dopo cinque secondi gli venivano addebitati quindici euro. Secondo il giudice del primo grado di Salerno, “una truffa”. Una truffa nel frattempo ha gonfiato le tasche le casse di diverse persone, ma anche quelle degli operatori telefonici, che compartecipano alla truffa telefonica, come ha testimoniato una video inchiesta del Corriere della Sera, che vi segnaliamo e proponiamo.
Le numerazioni a valore aggiunto ( cioè gli 899) vengono concesse dal Ministero delle Comunicazioni alle compagnie telefoniche le quali a loro volta le rivendono a dei Centri Servizi i quali, però, si limitano a sfruttare esclusivamente il diritto alla numerazione. Infatti i contenuti, cioè musica, audio o chiamate, sono preparati e commercializzati dai cosiddetti “Fornitori di contenuti“. Piccolo particolare pero, quando l’utente paga, i soldi vanno immediatamente nella casse degli operatori telefonici che poi provvedono a condividerli con i Centri servizi ed a loro volta con i Fornitori di contenuti. Questo accordo fra gestori telefonici, centri servizi e fornitori di contenuti, rende possibile che quando una numerazione 899 viene bloccata, perché per ipotesi si è registrata una frode, viene bloccato solo il numero. E non invece anche chi organizza la truffa telefonica. E prima di poter risalire agli artefici della truffa telefonica con la nuova numerazione 899 , quest’ultimi avranno cambiato molte numerazioni per far perdere tempo ad eventuali investigatori e saranno trascorsi diversi mesi. mesi che valgono centinaia e centinaia di migliaia di euro.
Ma qual’è la reale partecipazione delle compagnie telefoniche in queste truffe ? Soltamente tutti gli operatori rispondono con le stesse parole: “Non siamo a conoscenza delle attività svolte da queste società sui nostri canali“.Giustificazioni queste che non hanno convinto l’AGCOM che dal 2011 a oggi ha condannato multato pressochè tutte le compagnie telefoniche mobili per un totale di oltre dieci milioni di euro, accusandoli di “culpa in vigilando”, ossia una responsabilità diretta nel mancato controllo di ciò che avviene sulle proprie reti. Nella vicenda in questione,, è emerso qualcosa di più di una semplice omissione di controllo. “Telecom era perfettamente a conoscenza di quello che facevano i miei clienti – dice l’avvocato Francesco Giuseppe Catullo, difensore del centro servizi Gestel – Era un’informazione che risultava nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà sottoscritta dal rappresentante legale del predetto Centro servizi che veniva allegato al contratto di fornitura sottoscritto tra Telecom e Gestel”.
Severino Astore, il rappresentante delegato della Gestel ai rapporti con Telecom, conferma sollevando ogni dubbio: “Non solo Telecom sapeva ciò che facevamo e come lo facevamo ma quando c’era l’eventualità che una numerazione venisse bloccata, perché magari qualche utente aveva denunciato la frode, la stessa compagnia telefonica ci invitava a passare su altre numerazioni per evitare che le bloccassero i soldi. Solo con la nostra società la Telecom ha guadagnato circa un milione di euro in due anni ma consideri che come la mia ce ne sono decina”. Naturalmente la vicenda dovrà essere confermata nelle successivi sede di giudizio, in quanto la stessa Telecom ha furbescamente denunciato le truffe e si è presentata come parte lesa. “Certo, le denunce sono agli atti – replica l’avvocato Marcello D’Aiuto – ma è paradossale che da un lato Telecom denunciava queste società per comportamenti illeciti e dall’altra continuava ad avere con loro rapporti commerciali dai quali, come scrive il giudice nella sua sentenza, traeva la maggiore utilità economica”.
Sapete com’è finita la vicenda giudiziaria ? Lo scorso marzo il giudice dr. Sergio De Luca della 1a sezione penale del Tribunale di Salerno hanno condannato Gaetano e Gerardo Nicodemo, Severino Astore e Antonio Palma ,contitolari della società che truffava i poveri utenti telefonici , a 3 anni di carcere. Nella sentenza il giudice ha escluso che la compagnia telefonica Telecom Italia potesse essere parte lesa e quindi riconosciuto soggetto danneggiato, in quanto eventualmente raggirata, rigettando la sua richiesta risarcitoria di 2,3 milioni di euro, accogliendo quindi la tesi difensiva (rappresentata dagli avvocati Francesco Giuseppe Catullo e Marcello D’Aiuto), emersa nel dibattimento, che la società “avrebbe avuto un interesse economico nelle condotte degli imputati”. La difesa degli imputati ha dimostrato, attraverso l’acquisizione di un documento sul quadro economico delle somme trattenute alla società Gestel, Gestione telecomunicazioni srl, che Telecom non avesse subìto alcun danno economico. Gli avvocati Catullo e D’Aiuto hanno chiesto, in pratica, che nel documento fossero indicati gli importi non assegnati ai loro clienti. A seguito di tutto ciò è emerso di fatto l’ interesse della compagnia telefonica al buon esito delle truffe, e disposto il sequestro finalizzato alla confisca dai suoi conti bancari della somma di 700mila euro che teoricamente sarebbe entrata nelle casse della società Gestel e quindi dei tre azionisti condannati e quindi “provento di reato“, oltre un’autovettura Ferrari 575 Maranello. di proprietà dei condannati.
Dal giugno 2011 ad oggi le schede sim che effettuano traffico dati, cioè che navigano esclusivamente su internet, sono aumentate passando dal 26% al 49%. Non a caso parallelamente sono aumentate le truffe che inducono l’utente non più a effettuare una chiamata, ma a collegarsi a un link. Come spiega Mario Staderini, direttore della Direzione Tutela dei Consumatori dell’Agcom “oggi la maggiore preoccupazione è data dagli acquisti tramite internet. Si pone un problema che riguarda sia la modalità con la quale viene acquisito il consenso ma anche l’ingannevolezza delle informazioni fornite”
Nel primo caso si parla di “enrichment”. È il sistema attraverso il quale gli operatori telefonici forniscono automaticamente il vostro numero di telefono al CSP (Content Service Provider) per consentire l’addebito del servizio richiesto. In questi mesi vi è una consultazione pubblica dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che intende cambiare questo sistema perverso ed illegale in quanto attualmente autorizza gli operatori anche “in caso di digitazione involontaria o inconsapevole“ad addebitare costi alla clientela .
Le truffe vengono nascoste anche nei Termini e condizioni del contratto, dove in un caso si sono inventati un’ulteriore beffa : “La richiesta di disattivazione del servizio e la successiva disattivazione non comporterà, in ogni caso, alcun diritto alla restituzione di eventuali corrispettivi già addebitati al momento del ricevimento della richiesta di disattivazione”. In parole povere, gli utenti possono dire addio a qualsiasi tipo di rimborso. Ma non è finita. Infatti la truffa è duplice: oltre a pagare per un servizio che non avete mai richiesto dovrete pagare anche per disattivarlo. Nel tentativo di capire in che modo sia stato possibile abbonarsi, sui siti si trova la risposta nascosta alla voce “Attivazione” : “L’attivazione può avvenire tramite un’inserzione pubblicitaria collegata al servizio Txpict (banner, link testuali)… semplicemente con un click”. E qui l’architettura dell’inganno truffaldino si arricchisce di un altro elemento, ossia quelle società che offrono banner pubblicitari, che in realtà diventano lo “strumento” per reindirizzare l’utente sui servizi “premium” cioè a pagamento ed acquisirne il consenso. In che modo? “Sicuramente non in maniera legale – dichiara il colonnello Giovanni Parascandalo del GAT il Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza .
La Direzione Tutela dei Consumatori dell’Agcom spiega e precisa che “non è consentito accettare una tipologia di servizio come questo, solo attraverso un semplice click senza ricevere un’informazione dettagliata e più specifica”. Una cosa, purtroppo è certa: nessuno rimborserà mai il costo pagato ingiustamente per l’ attivazione/disattivazione illegittima . Altro aspetto poco consolante che le persone che decidono di denunciare quanto subiscono, sono poche perché il costo di un avvocato a volte è molto più alto non vale il rimborso. Non resta che attendere che venga definita ed approvata la “Bolletta 2.0”, cioè un provvedimento regolamentatore dell’ Agcom che dovrebbe focalizzare nello specifico quali sono le responsabilità degli operatori telefonici ,e le modalità di acquisizione del consenso, in quanto gli unici strumenti di contrasto sono le sanzioni. Che tuttavia colpiscono attualmente le compagnie solo per un 1,6% rispetto agli introiti garantiti da questo tipo di business. Sarà forse perchè l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è finanziata di fatto per Legge dalle stesse compagnie telefoniche ?