L’Italia resta il paese dei distretti industriali. Assorbono un quarto dell’occupazione e mostrano una “sostanziale tenuta” nell’ultimo decennio, “nonostante il calo complessivo del comparto manifatturiero e il processo di terziarizzazione in atto nel Paese”. E’ quanto emerge da uno studio dell’ Istat sui distretti industriali alla luce dei dati dell’ultimo censimento dell’industria e dei servizi, relativo al 2011.
In dieci anni, dal 2001, il numero di distretti si è ridotto del 22,1% ed è calato da 181 a 141, al tempo stesso però è aumentata la loro dimensione territoriale e la densità abitativa. Complessivamente gli addetti impiegati sono cresciuti dell’1,8% fino a sfiorare 4,9 milioni di lavoratori. C’è stato infatti un incremento degli addetti non manifatturieri (+16,7% in dieci anni) che ha compensato la riduzione degli addetti manifatturieri (-21%).
Tra i vari comparti, la meccanica, con il 27% dei distretti, è il primo settore di specializzazione, seguito da tessile e abbigliamento (22,7%), beni per la casa (17%), pelli, cuoio e calzature (12,1%) e industrie alimentari (10,6%). Nel complesso, quindi, le principali specializzazioni distrettuali sono quelle tipiche del Made in Italy.
A livello territoriale, la Lombardia ed il Veneto concentrano da sole il 40,4% dei distretti italiani. In generale il Nord-Est è la prima area di localizzazione con il 31,9% dei distretti. Al secondo posto c’è il Centro con il 27% dei distretti, situati in particolare nelle Marche e in Toscana. Poi viene il Nord-ovest che racchiude il 26,2% dei distretti e infine il Mezzogiorno con il 14,9% e la Puglia e la Campania come punte di diamante.