La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum sulle trivelle: il quesito riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. A proporlo sono stati nove Consigli regionali dopo il dietrofront dell’Abruzzo. La Suprema Corte di Cassazione aveva già dichiarato ammissibile questo stesso quesito che investe le disposizioni sulle attività di ricerca e sfruttamento degli idrocarburi in mare.
In un primo momento i referendum erano 6 e la Cassazione lo scorso 27 novembre diede il via libera. Un sentenza di fronte al quale il Governo è intervenuto con una serie di modifiche nella legge di Stabilità, stabilendo anche il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia marine. La Cassazione è tornata quindi a pronunciarsi successivamente l’8 gennaio e, alla luce della legge di Stabilità, ha rigettato ed annullato 5 quesiti. Ma un referendum, è sopravvissuto: quello principale sulla durata dei titoli per sfruttare i giacimenti lì dove le autorizzazioni siano già state rilasciate. Un termine che la norma collega alla “durata della vita utile del giacimento“.
Piero Lacorazza, il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, la regione capofila nella proposizione dei referendum, ha sottolineato con forza nei giorni scorsi una posizione: “Noi siamo per la difesa dell’ambiente e il nostro legale lo ribadirà di fronte alla Corte, dove chiederemo che sia rispettato lo spirito referendario“.
Il governatore pugliese Michele Emiliano ha accolto con entusiasmo la notizia del via libera della Corte costituzionale al referendum “no triv”, commentando: “Renzi dev’essere contento perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Partito democratico dev’essere contento per definizione. La campagna referendaria contro le trivelle comincia subito”.
“Abbiamo appreso dalla Corte costituzionale – ha aggiunto Emiliano – che il referendum anti trivelle è stato ammesso. Ovviamente si tratta di un referendum eminentemente politico, che tende a spingere il governo a elaborare una politica energetica. E a dire se in questa politica energetica debbano o meno avere un ruolo le ricerche di idrocarburi e in particolare lo sfruttamento degli eventuali pozzi ritrovati. Cosa che il governo ancora non ha fatto”. “Nel frattempo le Regioni, in attesa di questa risposta, – ha concluso Emiliano – hanno chiesto al popolo italiano di decidere se ritengono che la ricerca di idrocarburi e l’eventuale sfruttamento dei pozzi sia necessaria all’economia italiana. E dunque abbiamo l’occasione di fare una bella discussione finalmente sulle cose veramente importanti, non su questioni mediatiche e liti. Ma una bella discussione fino a ottobre, quando si svolgerà il referendum, per capire qual è il destino energetico del nostro Paese”.