Si chiama Lenville overseas e ha sede a Panama la società che proietta il nome di Luca di Montezemolo nel lungo elenco degli italiani con l’offshore. I documenti analizzati da l’Espresso confermano che lo studio Mossack Fonseca ha curato anche gli interessi del presidente di Alitalia. Nei primi mesi del 2007 sono stati siglati una serie di contratti che, tra l’altro, indicano Montezemolo come procuratore di Lenville. Il manager, a quell’epoca al vertice di Ferrari e presidente di Fiat, ha ricevuto la delega per operare su un conto alla Bim Suisse, filiale elvetica dell’italiana Banca Intermobiliare. Contattato dai colleghi del settimanale l’Espresso, Montezemolo non ha voluto rispondere alle richieste di chiarimenti.
Le carte di questi affari “occulti” nascosti al fisco italiano sono custodite nell’immensa banca dati di Mossack Fonseca. Un vero e proprio gigantesco archivio informatico a cui, grazie a un anonimo informatore, hanno avuto accesso i giornalisti dell’Icij, l’International Consortium of investigative journalists . Montezemolo non è il solo e si trova in affollata compagnia. Sono circa mille i clienti italiani che compaiono a vario titolo, nell’inchiesta. Imprenditori, professionisti, volti noti dello spettacolo, ma anche moltissimi personaggi sconosciuti alle cronache sono approdati a Panama per mettere al sicuro il patrimonio di famiglia.
Il settimanale L’Espresso, collegato all’ Icij, l’International Consortium of investigative journalists, ha annunciato che una volta completate le nostre verifiche, nei prossimi giorni, daranno conto di questi affari offshore. Ma sin d’ora va evidenziato che nelle carte ricorrono i nomi di due grandi istituti di credito italiani come Unicredit e Ubi. Non solo. I file scoperti a Panama, aggiungono particolari inediti su vicende giudiziarie come il caso dell’ eredità di Nino Rovelli, il re della chimica anni Settanta. E negli stessi documenti segreti compare anche il nome di Giuseppe Donaldo Nicosia, attualmente sotto inchiesta a Milano per frode fiscale e bancarotta fraudolenta, in una vicenda in cui è coinvolto anche l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che attualmente sta scontando in carcere una condanna a sette anni per “concorso esterno in associazione mafiosa“.
L’ ex pilota abruzzese di Formula Uno Jarno Trulli, risulta azionista della Baker street sa, una società registrata nelle isole Seychelles e creata con l’assistenza dei legali dello studio Mossack Fonseca. Il campione, ritiratosi dalle corse nel 2012, è entrato nel “sistema offshore” grazie ai consigli ed all’intermediazione del Credit Foncier Monaco, uno degli istituti di credito più forti sulla piazza di Montecarlo. Questo è quello che risulta dalle carte ufficiali, ed anche Trulli, contattato da l’Espresso attraverso il suo manager, come Montezemolo non ha voluto rispondere alle richieste di chiarimenti.
«Mossack Fonseca non risulta essere un consulente fiscale della capogruppo» è stata invece la replica del portavoce di Unicredit. I file segreti però documentano una storia più articolata. La banca milanese in effetti avrebbe avuto relazioni d’affari con lo studio panamense per la creazione e gestione di circa 80 società offshore. Ad esempio la Baracaldo inc. e la Overshoot inc. entrambe unicate e Panama, oppure la Nemo partners Ltd, registrata alle Isole Vergini britanniche. Dal 2010 però Unicredit prende le distanze. Decisione questa che coincide con un altro avvenimento: il gruppo italiano vende parte delle sue attività in Lussemburgo ai tedeschi di Dz bank. E proprio dal Granducato passava il rapporto tra Unicredit e Mossack Fonseca. I documenti documentano anche dei ripetuti tentativi dei manager dello studio panamense di riallacciare i rapporti con l’istituto di credito milanese. Senza alcun risultato.
Si trovava a Lussemburgo anche per Ubi banca, la grande Popolare bergamasca che si è da pochi mesi trasformata in spa, la piattaforma d’operazioni per seguire e gestire le operazioni “offshore” . È quindi Ubi international che ha incrociato dal Granducato la rotta di Mossack Fonseca. Fra i documenti compaiono i nomi di 40 sigle offshore, registrate a Panama e alle isole Seychelles, che appaiono legate a Ubi. Una decina di queste ancora oggi risultano attive ed operative, infatti fra i documenti si trovano numerose conversazioni tra i manager di Mossack Fonseca e i manager di Ubi Banca in Lussemburgo. La banca bergamasca ha risposto agli implacabili colleghi dell’ Espresso: “Non abbiamo società controllate in quelle località“, ma gli azionisti delle offshore sono però da ricercare tra i clienti di Ubi, che tramite la controllata lussemburghese Ubi international e con l’assistenza dello studio panamense sono così riusciti a sbarcare in un paradiso fiscale. Ma c sono questi clienti? Un vero mistero, perché le azioni del capitale delle società è sempre al portatore.
Nessun mistero invece per quanto riguarda la Countryside Group Ltd delle Seychelles. Il titolare delle azioni, lo shareholder, come viene indicato nei file di Mossack Fonseca, è Oscar Rovelli, uno degli eredi di suo padre Nino, l’imprenditore che quarant’anni fa controllava il gruppo chimico Sir. Il nome dei Rovelli è stato al centro di una complicata vicenda giudiziaria conclusa con una sentenza di Cassazione nel 2006 . Un verdetto, che condannava tra gli altri l’avvocato Cesare Previti, stabilendo che la famiglia Rovelli si era comprata a suon di “bustarelle” la sentenza del Tribunale di Roma che le assegnava un risarcimento del valore di quasi 400 milioni di euro nei confronti dell’Imi, banca che aveva finanziato a suo tempo la Sir. Nel frattempo però quella somma era già stata dispersa nei più diversi paradisi fiscali ed è così partita un’indagine della magistratura per recuperare il denaro. L’inchiesta ha già portato a sequestri importanti negli anni scorsi. La Countryside Group delle Seychelles non fa parte, però, dell’elenco di offshore estere già individuate dagli investigatori. Oscar Rovelli tramite il suo avvocato ha risposto a l’Espresso, di “non avere alcun ricordo di quella società”.
È invece ancora in pieno svolgimento la caccia al tesoro di un altro cliente di Mossack Fonseca del calibro di Giuseppe Donaldo Nicosia, imprenditore della pubblicità televisiva, latitante dal 2014, cioè da quando accusato dal pm milanese Sergio Spadaro per truffa all’Iva, bancarotta fraudolenta e altro di bancarotta fraudolenta, avrebbe dovuto essere arrestato . Nicosia era socio di Dell’Utri nella società spagnola Tomé Advertising SL, che secondo le accuse della Guardia di Finanza sarebbe stata utilizzata per una truffa da 43 milioni all’Erario. L’ex presidente di Publitalia e braccio destro di Silvio Berlusconi avrebbe beneficiato personalmente di una parte del presunto bottino. Nicosia gli avrebbe versato 10mila euro al mese dal 2008 al 2011 con la giustificazione, ritenuta falsa, di un ipotetico affitto del palazzo di Dell’Utri in via Senato a Milano.
Nicosia secondo le indagini della Guardia di Finanza avrebbe reinvestito i proventi della presunta frode in acquisti di lusso: Rolls Royce, Harley Davidson, scuderie di cavalli. Ma il fiore all’occhiello è il doppio appartamento acquistato nel 2006 a New York: il Cityspire Condominium, al 150 West 56th Street. E qui entra in gioco il ruolo di Mossack Fonseca. In rapida successione Nicosia costituisce due offshore: il 20 maggio 2011 Darion Trading, alle British Virgin Islands, e, il 13 giugno, Amadocia, nel Delaware americano. Subito dopo che fa? Per 3,2 milioni di dollari vende l’appartamento di Manhattan a sè stesso, cioè alla Amadocia, controllata da Darion Trading. Un vero lavaggio all’ombra delle offshore. Ma non è tutto. Perché su quella casa pendeva una richiesta di sequestro proveniente da Milano, presa in esame negli Usa nel marzo 2015, ma approvata appena lo scorso 1 marzo dal giudice Richard Roberts . Inutilmente, in quanto in autunno Nicosia aveva già ceduto il suo appartamento per 3,7 milioni. Oltre al danno anche la beffa !