di Ghino di Tacco
Mai come nelle analisi politiche il giorno dopo le lezioni “i voti si pesano, non si contano”. Soltanto analizzando i numeri si può determinare e spiegare il perché aver raggiunto oltre 40 per cento a Torino per il sindaco uscente Piero Fassino (Pd) sia una battuta d’arresto, mentre il 35 per cento della grillina “last minute” Virginia Raggi nella Capitale venga celebrato come un trionfo. Il blog di Beppe Grillo, sostiene esagerando come al solito che queste elezioni sono “un risultato storico”.
Ma se andiamo invece ad analizzare il voto usando il “metodo Casaleggio“, il quale sosteneva che “uno vale uno”, allora ci si rende conto che le cose non stanno esattamente come qualcuno vuole far credere. Il Movimento 5 stelle è in gran parte dal territorio, non esiste, e dove si presenta, pur ricevendo non pochi consensi (di protesta qualunquista) non sfonda mai . Una sola eccezione è lo scenario di Roma, dove la candidata Raggi emerge grazie alla fuga e scomparsa delle forze politiche tradizionali che pagano lo scotto esperienze amministrative fallimentari a causa di amministratori non all’altezza della situazione e molto spesso corrotti. In realtà l’ unico vero buon risultato per il M5S è quello di Torino, dove la “grillina” Chiara Appendino è riuscita ad affrontare e portare al ballottaggio a una candidatura forte, cioè quella del sindaco uscente Piero Fassino.
Il M5s non è andato al ballottaggio in nessun altro capoluogo di regione: a Napoli si è fermato al 9 per cento, molto distante dal 25 per cento preso in città alle scorse elezioni regionali; a Milano è “fermato” al 10 per cento, in linea con lo stesso identico risultato conseguito nelle elezioni regionali del 2013; a Bologna, la città del primo V-day grillino, il M5s non è riuscito a superare neanche il centrodestra per potersi presentare al ballottaggio contro Virginio Merola; anche a Cagliari e Trieste è sempre terzo, molto distante dai due poli politici tradizionali.
Nei 18 capoluoghi di provincia, i grillini andranno al ballottaggio solo a Carbonia. In tutti gli altri confronti saranno quasi sempre i candidati del centrodestra e centrosinistra a contendersi la vittoria. In importanti capoluoghi di provincia come Caserta, Latina, Ravenna, Rimini e Salerno, il Movimento 5 Stelle non è riuscito neanche a presentare una lista elettorale, quindi non ci sarà alcuna loro rappresentanza in consiglio comunale. Negli oltre 120 comuni superiori ai 15 mila abitanti, quelli in cui è previsto per Legge il doppio turno, i “grillini” andranno al ballottaggio appena in 17 città su 120, tutte le altre o sono state già assegnate al primo turno, chiaramente ad altri partiti, o al secondo sarà una sfida fra il candidato sindaco di centrodestra o centrosinistra.
Nessuna vittoria né ballottaggio per il M5s nei comuni dell’ Abruzzo, Calabria, Campania, Toscana e Umbria, un solo ballottaggio in Basilicata, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Veneto e Sardegna e due soltanto in Puglia. Qualche possibilità in alcuni comuni del Lazio, Piemonte e Sicilia, dove il Movimento 5 Stelle se la vedrà al secondo turno soltanto in qualche città in più. In tutti i restanti comuni sotto i 15 mila abitanti, in cui vince la lista che prende più voti nell’unica votazione prevista, i “grillini” hanno eletto soltanto quattro sindaci: a Fossombrone nelle Marche, a Vigonovo in Veneto, a Grammichele in Sicilia e a Dorgali in Sardegna.
A questi deludenti risultati bisogna ricordare e tenere ben presente che il M5s era completamente assente nella stragrande maggioranza dei comuni in cui si è votato domenica scorsa, in quanto è riuscito a presentare le proprie liste su 1.342 comuni in cui si votava, soltanto in 252 comuni, cioè solo in un solo comune su su cinque. Va ricordato e detto per onestà intellettuale che nessun partito riesce a concorrere con una propria lista in ogni comune, ma tutti i partiti consentono ai propri iscritti e tesserati di potersi impegnare e candidare in altre liste civiche, gesto di libertà e democrazia che invece viene vietata “per contratto” ai grillini.
Questa analisi basata sui numeri, e non sulle opinioni o simpatie politiche vuol significare ed evidenziare che in queste elezioni comunali, nell’80 per cento dei comuni non si è presentato un solo candidato del M5S , persino come già ricordato in grandi città come Rimini e Salerno. I neoeletti consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle sono appena circa 150 rispetto alle decine e decine di migliaia di consiglieri comunali di altri partiti
Sui 1.342 comuni chiamati a eleggere il sindaco e rinnovare il consiglio comunale, il M5s non ha eletto neppure un consigliere in circa 1.200 comuni . L’ assenza di consiglieri pentastellati, a livello nazionale riguarda l’85 per cento dei comuni. Il Movimento “grillino” , ha prevalso solo in quattro piccoli comuni, andrà al ballottaggio in 17 medie cittadine e soltanto in 3 capoluoghi di provincia sui 25 in cui votava. E soltanto in uno solo di questi è davanti allo sfidante.
Il vantaggio a Roma è significativo . Un eventuale conquista della Capitale avrebbe sicuramente un valore simbolico, che sicuramente va oltre l’analisi numerica e statistica dei voti e dei sindaci ottenuti, ma nello stesso tempo non si può non considerare il quadro completo delle ultime elezioni amministrative nel suo insieme, è quindi è arduo e pretestuoso affermare coma fa Grillo che questo sia “un risultato storico”, anche perchè è di gran lunga inferiore a quello conquistato dagli altri due principali schieramenti politici che si fronteggiavano. Unico dato confermato, anche in queste elezioni, è il ruolo stabile del Movimento 5 Stelle di terza forza politica del paese. Quella che una volta si asteneva e che ora protesta.