di Ghino di Tacco
Un secondo dopo aver ascoltato in streaming il sindaco grillino di Roma Virginia Raggi ammettere che era a conoscenza delle indagini su Paola Muraro, l’unica domanda che tutti si fanno è: “Ma il direttorio sapeva oppure no?” . Il primo a farla in Commissione Ecomafia è stato il Sen. Andrea Augello, un ex-AN da sempre in rotta con il gruppo che girava intorno all’ex-sindaco Gianfranco Alemanno.
Augello ha chiesto alla Raggi: “Ha informato i vertici del M5S?” “Sì certamente” è stata la risposta della “sindaca”. Qualche minuto prima invece circolava una versione del direttorio ben differente: “Non ne sapevamo nulla”. In pratica la Muraro e Raggi erano a conoscenmza dell’indagine avviata dalla Procura di Roma, ma non avrebbero detto nulla a nessuno. Tutti erano all’oscuro: da Beppe Grillo a Davide Casaleggio, da Luigi Di Maio, al “minidirettorio” romano guidato da Paola Taverna. Invece la sindaca Raggi sostiene il contrario. Chi mente fra i 5Stelle ? Certamente qualcuno. La versione della Sindaca a tarda serata nel corso della parte secretata dell’audizione quando ammette: “Non ho informato Grillo né Di Maio, ma solo Taverna e Vignaroli del minidirettorio” stona ed è poco credibile.
I deputati e i senatori della commissione sospettano di trovarsi tra la prima parte in streaming dei colloqui e la seconda a telecamere spente di fronte ad una ricostruzione “corretta” a cause delle ire del direttorio. Fonti dello staff pentastellato alla Camera dei Deputati ribadiscono “il senso di stupore” in cui sarebbero sprofondati i membri del direttorio. Di Maio ha cercato conferma se qualcuno fosse stato perlomeno preallertato. Persino Grillo al telefono ha fatto lo stesso. Identiche le domande: “Chi sapeva?“. Ma c’è qualcosa di controverso da tenere in considerazione. Il fatto che la Raggi avrebbe confidato a suoi fedelissimi di avere la prova (una mail) che certifica come abbia informato i vertici grillini della procedura penale a carico della Muraro.
Di Maio&Co. assicurano di non saperne nulla. Ma sembra quasi impossibile. Il 2 agosto scorso, infatti, il Direttorio (Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia) s’è incontrato con la Raggi e il suo vice Daniele Frongia. L’argomento della serata era proprio la posizione della Muraro, attaccata su tutti i fronti per il milione di euro di consulenze ottenuti nel tempo da Ama (la municipalizzata romana dei rifiuti), per i suoi rapporti con Franco Panzironi e Giovanni Fiscon (entrambi imputati in Mafia Capitale) e con l’ex ras dei rifiuti romani, Manlio Cerroni.
“Nessuno di noi Beppe” gli è stato risposto da un membro del direttorio. In realtà tra Alessandro Di Battista e Di Maio, che sono stati gli unici fino a ieri a difendere la Raggi con la solita litania del “comploto dei poteri forti” , Carla Ruocco e Roberto Fico, che invece hanno preso le dovute distanze teatralmente con il loro silenzio, l’ammissione della Raggi sembra essere stata una doccia gelida. La Ruocco, che era già furente a seguito delle dimissioni di Marcello Minenna, questa volta non si autocensura e di suo pugno twitta: “Preciso di non conoscere la dott.sa Muraro e che apprendo da fonti giornalistiche le sue vicende giudiziarie“. Della serie: ora cara Virginia te la vedi tu….
Di Maio invece come al solito cerca di fare il pragmatico, cercando ( o facendo solo finta ?) di valutare attentamente la situazione. Questa volta vuole capire dalla Raggi quale sarà la sua autodifesa e cercare di evitare i contraccolpi al Movimento sempre più in crisi di crescita e di equilibrio interno. Anche perché il Sindaco di Roma non solo ha nascosto la verità al “direttorio”, ma addirittura mina la loro credibilità.
Mentre il direttorio prova a fare fronte comune, lo staff reagisce a caldo “Non può venirci contro così” e qualcuno si ingegna e pensa a cosa dichiarare: “Sui giornali già si parlava delle indagini. Ma non sapevamo della richiesta del 335 al Tribunale “. Il direttorio sostiene di esser stato messo all’oscuro che la Muraro aveva chiesto la certificazione dell’ eventuale (avvenuta) iscrizione nel registro degli indagati. “Adesso basta, Virginia dovrà chiarire” concordano Grillo, Di Maio e la Ruocco mentre Carlo Sibilia, il membro del direttorio solitamente più defilato riservato , questa volta è l’unico a rilasciare dichiarazioni alle agenzie: “Personalmente non ne sapevo nulla. Ma da quanto ho capito non c’è stato un avviso di garanzia»”
I vertici del M5S hanno ben chiaro che a Roma la situazione è a di poco drammatica. Ed i danni causati dalla Raggi ed il suo giro di “furbetti” sta creando delle conseguenze facilmente prevedibili sul tentativo di ascesa di Di Maio verso Palazzo Chigi . Una cosa è dover gestire il caso di un’assessora indagata, e ben più grave venire estromessi dalla verità dalla sindaca grillina di Roma. Lo stesso imbarazzano che provano adesso gli assessori “esterni” come Paolo Berdini, all’Urbanistica praticamente a un passo dall’addio, dopo Minenna e la Raineri.
“Io l’ho saputo solo dai giornali” confessa Adriano Meloni, assessore allo Sviluppo economico. Ed il sindaco non ne ha mai parlato anche con i 29 consiglieri pentastellati, riunitisi come i “carbonari” nelle vicinanze dal Campidoglio . “Non ci ha mai detto nulla, ma con Virginia parleremo – dice Alisia Marani – Dubito che confermeremo la fiducia alla Muraro“.
I retroscena. Le stanze e i corridoi del Campidoglio ne hanno viste e sentite di belle, nell’agosto di fuoco culminato con le dimissioni a catena del capo di gabinetto Carla Raineri, dell’assessore al Bilancio Marcello Minenna, dell’amministratore unico di Ama Alessandro Solidoro, dei vertici dell’Atac Marco Rettighieri ed Armando Brandolese. Urla, minacce, rimozioni, sotterfugi, sgambetti. Di tutto e di più. E voce sempre più ricorrente che dietro alla crisi che sta mettendo in serio pericolo la giunta capitolina di Virginia Raggi sia colpa della la sua eminenza “occulta”: Raffaele Marra.
L’attuale vice capo di gabinetto, ex ufficiale della Guardia di Finanza, 44 anni, aveva collaborato precedentemente con il sindaco Gianni Alemanno ancor prima quando costui era ministro dell’Agricoltura, entrandoci in rotta di collisione , venendo dirottato alla Regione Lazio, sotto la presidenza di Renata Polverini. Erano stati proprio questi legami con il centrodestra , a costituire un passato molto contestato dagli stessi grillini, ma la Sindaca ha fatto di Marra il baricentro della sua “corte dei fedelissimi”.
Un episodio che lo riguarda sembra sia stato in particolare la ragione reale della fuga dei 5 tecnici dal Comune, dovute anche all’insofferenza per il suo strapotere ostentato e manifestato in ogni occasione. Ma ritorniamo allo scorso agosto quando in Comune vi fu uno scontro durissimo tra Marra e Laura Benente all’epoca dei fatti responsabile delle Risorse umane, stimata ed apprezzata integerrima dirigente torinese, che era distaccata a Roma già con Marino sindaco, e riconfermata con il commissario prefettizio Tronca.
Marra pretendeva che la Benente firmasse l’autorizzazione per fargli frequentare un master a Bruxelles, a spese dell’amministrazione comunale, per partecipare al quale dovrà fare domanda a ottobre. In passato ne aveva ottenuto uno, di 2 anni, tutto a spese del Comune di Roma e voleva farne un altro, ma la Benente voleva valutare bene l’opportunità sospendendo la decisione. Nel corridoio del Campidoglio i commessi raccontano la rabbia esplosa e manifestata di Marra, che si sia rivolto al capo del personale urlando: “Io troverò tra suoi atti qualcosa che la metterò nei guai”. Andando subito dopo dalla Raggi a chiederne l’ epurazione. Nel frattempo la Benente se ne va una settimana in ferie, la Sindaca Raggi senza comunicarle nulla dispone il suo rientro immediato all’Inps di Torino, da dove ha avuto il trasferimento pro-tempore nella Capitale. Al suo ritorno a Roma, troverà gli scatoloni già pronti ed imballati che l’attendono fuori dalla porta del suo ex-ufficio
Ma Marra approfittava della sua assenza per favorire un altro della “corte dei fedelissimi“. Un attivista grillino, Salvatore Romeo impiegato del Comune di Roma da sempre ombra della Raggi, nominato capo della segreteria politica , il quale si confeziona una delibera su misura che gli triplica lo stipendio da 40 a 120 mila euro all’anno, 18mila più del capo dello staff dell’ex-sindaco Marino. Il dipendente comunale ci prova: si mette in aspettativa, per poi essere riassunto a tempo determinato, con un compenso ben superiore a quello suo precedente
A firmare la delibera pro-Romeo è stato il vice della Benente, Gianluca Viggiano, molto “vicino” a Marra con cui è stato nella Guardia di Finanza, usando un fine escamotage: mentre nelle altre delibere il compenso viene indicato in chiaro, per la promozione di Romeo si usa una formula difficile da interpretare, cioè l’ adozione del trattamento economico annuo lordo parametrato alla terza fascia di dirigente, senza però scrivere la cifra. Alla faccia della trasparenza “grillina”.
Marra e Romeo, uniti nella loro manovra studiata a tavolino, hanno quindi aspettato che il capo del personale se ne andasse in vacanza, ben consapevoli che avrebbe sollevato certamente delle giuste dovute obiezioni. Adesso che lo scandalo in Campidoglio è inarrestabile e le polemiche anche nel M5S crescono di minuto in minuto, il capo della segreteria della Raggi cerca con sfacciataggine di fare marcia indietro, senza la più minima vergogna e dice: “Nella delibera c’è un errore, il compenso sarà abbassato“.
Ecco perchè la Ranieri, Minenna e gli altri che seguiranno hanno capito che da certa gente è meglio stare lontani. Le indagini della procura crescono con il passare dei giorni. Infatti nel pomeriggio la procura di Roma ha aperto un fascicolo per fare luce sulla nomina di Carla Raineri, magistrato di Corte d’Appello, a capo del gabinetto della giunta di Roma. Iniziativa che arriva a seguito dell’esposto presentato lo scorso 2 settembre da Fratelli d’Italia in merito alla vicenda della nomina della Raineri (che si è dimessa nei giorni scorsi) e del suo compenso, con la deliberazione del 5 agosto 2016 prevedeva un compenso per la dirigente di 193.000 euro annui. Secondo a quanto riportato nell’esposto, “l’amministrazione capitolina, nella deliberazione 14/2016” sarebbe “incorsa nel vizio di legittimità in violazione” di alcune decreti legislativi e del Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e servizi dell’Ente”, oltre che “nel vizio di motivazione dell’atto amministrativo ex articolo 3 legge numero 241/1990“.
Tali presunte violazioni, come riportato nell’esposto, avrebbero procurato “un danno erariale quantificato in una quota non individuata dell’indennità ad personam riconosciuta alla consigliera Raineri ed ad una quota aggiuntiva pari al 20% del compenso attribuitogli, nella parte in cui questo non risulta collegato e non collegabile agli eventuali risultati positivi raggiunti dalla stessa professionalità nello svolgimento dell’incarico».
E chi attendeva la prima puntata di Politics su Raitre per conoscere la posizione di Luigi Di Maio resterà deluso, perché non si presenterà. In perfetto stile “grillino”….