La tesi è stata nuovamente sostenuta dall’avvocato Pasquale Annicchiarico, difensore delle società RIVA Forni Elettrici e RIVA FIRE, proprietaria dello stabilimento siderurgico, e dell’ex presidente dell’ILVA, Nicola Riva, imputato di disastro ambientale e avvelenamento di sostanze alimentari, in aula nel corso del processo “Ambiente svenduto” sull’inquinamento ambientale di Taranto, presumibilmente causato dallo stabilimento siderurgico tarantino dell’ ILVA (il più grosso d’ Europa) ” non può e non deve essere celebrato davanti ai magistrati tarantini perché non hanno la serenità necessaria a giudicare in quanto anch’essi parte offesa dall’inquinamento“.
Ancor prima e nel corso dell’udienza preliminare, la gup dr.ssa Wilma Gilli e la Suprema Corte di Cassazione rigettarono l’istanza del legale dei Riva in quanto non era stata provata dalla difesa, l’incompatibilità dei magistrati giudicanti. Ma la difesa dei Riva non si arrese depositando e formalizzando la richiesta di spostare il processo per “incompetenza funzionale” a Potenza , tribunale competente a decidere per i magistrati del distretto della Corte d’Appello di Lecce, fra cui quelli in attività a Taranto.
Ma in quel caso è stata la Corte d’assise a respingere la richiesta dell’avvocato Annicchiarico, che questa mattina si è però presentato in aula davanti alla Corte d’assise mostrando sei cartelloni sui quali per dimostrare e sostenere le sue tesi difensive, ha individuato ed indicato gli immobili di Taranto in cui abitano o di cui sono proprietari i magistrati di Taranto. Annichiarico ha mostrato in aula una cartina appositamente preparata con una legenda che indica i luoghi di residenza delle parti civili ammesse, che lamentano un danno da esposizione, e di alcuni magistrati (tra questi i pubblici ministeri Pietro Argentino e Remo Epifani)
La prova del contestato presunto conflitto di interessi, ha sostenuto in aula l’avvocato Annicchiarico “è nella mappa che abbiamo ricostruito e da cui si evince chiaramente che le abitazioni di diversi magistrati si trovano a poche centinaia di metri dalla casa di persone che sostengono di essersi ammalate o aver subìto danni dall’Ilva” ricordando un precedente a loro favore, e cioè quando il giudice di Taranto dr. Pietro Genoviva, nella causa civile intrapresa dal Comune di Taranto contro l’ILVA per i danni da inquinamento, si è astenuto spiegando di essere obbligato poichè residente nel quartiere Borgo, cioè il centro di Taranto che dista a meno di tre chilometri dallo stabilimento siderurgico.
Il legale dei Riva, ha ricordato l’ esistenza “una sentenza delle Sezioni unite di Cassazione che indica chiaramente che il processo va celebrato in un’ altra sede perché non c’è altro caso giudiziario in Italia in cui la fabbrica è così vicina alla città. Ci sono dirimpettai e vicini di casa di alcuni magistrati che sono costituiti parte civile nel processo. Se loro sono da considerare parti danneggiate dall’ ILVA, allora lo sono anche i magistrati proprietari di immobili”.
L’avvocato Annicchiarico sostiene che molti giudici e pubblici ministeri vivono nel cuore della “nube tossica” che avrebbe determinato, secondo l’accusa e le parti civili , danni da esposizione e danni agli immobili adiacenti. La richiesta di trasferire il processo al Tribunale di Potenza, era già stata presentata in altre occasioni anche dai difensori dei 47 imputati (44 persone e tre società della famiglia Riva). “Abitiamo tutti nella stesa nube” ha detto in aula l’avvocato.
Sarà questo forse il motivo per cui uno dei magistrati impegnati nel processo si è recentemente trasferito in Valle d’ Itria ?