di Marco Ginanneschi
L’ AgCom Autorità garante per le comunicazioni ha nuovamente bloccato gli “appetiti” di Tim (ex Telecom Italia) che da inizio 2015 cioè da quasi due anni cerca di aumentare i profitti dal settore della telefonia fissa. Questa volta l’ex-monopolista della telefonia, ha proposto un aumento delle tariffe meno pesante per gli utenti, rispetto a quelli tentati tra l’anno scorso e la primavera del 2016 ma anche questa è stata bloccata dal muro eretto del Garante , che ha diffidato il gestore telefonico con una comunicazione notificata alcuni giorni fa che, con cui Telecom è stata diffidata dall’intraprendere ulteriori tentativi (tariffari) spericolati.
Lo scontro tra il Garante e Tim è iniziato nel marzo del 2016, quando la società telefonica è stata sanzionata con una multa da 2 milioni di euro, in quanto il gestore telefonico in maniera a dir poco arrogate ed aggressiva e senza alcun dovuto preavviso e peraltro in modo occulto – aveva costretto centinaia di migliaia di clienti spingendoli a pagare a una nuova tariffa penalizzante rispetto allea precedente. Tim si è limitata a richiedere ai suoi utenti fino a inizio del 2015, un canone di abbonamento mensile da 19 euro richiedendo ulteriori 10 centesimi al minuto per chiamata. In pratica l’utente-cliente se telefona di più paga di più . Ma nel 2015, all’improvviso i clienti di TIM-Telecom vengono trasferiti dalla tariffa a consumo ad una tariffa a pacchetto, per cui devono dare ben 29 euro fissi al mese (in cambio di chiamate illimitate verso apparecchi fissi o mobili) con un aumento contrattuale di 10 euro al mese. Ma l’ AgCom a marzo 2016, a seguito della valanga di contestazioni ricevute da utenti ed associazioni di consumatori Garante, si è opposta sanzionando la compagnia telefonica.
Dopo il primo stop dell’ Autorità, Tim ci ha riprovato ancora a marzo 2016 proponendo un aumento delle tariffe a consumo: la chiamata passava da 10 a 20 euro centesimi al minuto raddoppiando, riattivando il vecchio immotivato scatto alla risposta a 20 centesimi scomparso a novembre 2014 quando era di solo 5 centesimi. Ma anche in questo caso il Garante il primo aprile 2016 si è opposto perché con questi aumenti di Tim una chiamata di un minuto finirebbe con il costare il 300 per cento in più motivando il folle aumento richiesto dalla compagnia telefonica come minaccia di “esclusione sociale” ai danni di decina di migliaia di clienti,anziani e spesso pensionati. Sono circa 800 mila le famiglie “colpite” dalla folle manovra degli aumenti tariffati di Tim. Il Garante nel bloccare gli aumenti richiesti dalla compagnia telefonica ha contestato e fatto presente che la società ha ben poco da lamentarsi considerato che il canone mensile è passato da 16,64 euro mensili (luglio 2012) a 19 euro, e le chiamate fisso-fisso da 2,9 centesimi al minuto (sempre nel 2012) aumentate a 10 centesimi. Tim a quel punto tentò la via del negoziato con l’ Autorità Garante, prospettando una variazione tariffaria meno dolorosa per gli utenti e ritirando gli aumenti .
Ma l’ AgCom ha respinto questi aggiustamenti assolutamente insignificanti spiegando nella lettera inviata a Tim lo scorso ottobre gli aumenti potranno avvenire solo nel quadro delle regole di cornice decise nelle prossime settimane. In pratica la società telefonica potrà chiedere di più soltanto se dimostrerà eventuali costi aggiuntivi per la gestione di quel settore, o che per assicurare il servizio ha dovuto noleggiare infrastrutture d’avanguardia (all’ingrosso); o che le condizioni socio economiche del Paese sono cambiate in modo evidente, e che l’inflazione ha rialzato la testa erodendo i margini dell’azienda. In pratica aumenti bloccati, ed utenti salvi.