I finanzieri del Comando Provinciale di Taranto della Guardia di Finanza hanno provveduto al sequestro “‘per equivalente” conti correnti e beni per 2 milioni 115mila euro ad un imprenditore tarantino Giuseppe Rinaldi, 58 anni, con attività operanti nella fabbricazione di cancelli metallici, infissi, porte e finestre, su richiesta del pm Remo Epifani della Procura della Repubblica di Taranto, convalidata ed autorizzata dal Gip dr. Pompeo Carriere del Tribunale di Taranto. A seguito delle indagini dei finanzieri, è stato possibile accertare e scoprire che nel periodo intercorrente fra gli anni 2006 e il 2012, che una azienda del Rinaldi non ha versato tasse sui ricavi di esercizio per circa 9 milioni, ed evaso l’Iva per circa 3 milioni di euro. La sua società è accusata di aver emesso e ceduto fatture “false” nei confronti di imprese operanti nello stesso settore per un fatturato , a fronte di prestazioni mai rese, per oltre 11 milioni di euro. Le imprese sono le seguenti: Nigro srl, Imts srl, Tps srl, Tecnology Plan Installation srl, Sport Sud s.a.s., Cantiere Navale Italia srl, Ifi srl, tutte di Taranto, Iteg srl di Grottaglie, Ctm sud srl di Faggiano, Tubimar srl di Crispiano.
Le indagini svolte hanno consentito di segnalare all’Autorità Giudiziaria oltre il Rinaldi, anche i titolari di imprese operanti nel settore metallurgico, aventi sede a Taranto ed in altre città della provincia, per violazioni tributarie di cui al Decreto Lgs.vo+ 74/2000, i quali hanno utilizzato fatture false che venivano contabilizzate da altri imprenditori per falsare i propri bilanci, portando in detrazione costi che in realtà non erano mai stati sostenuti, grazie alle fatture false emesse in loro favore dalla società dell’imprenditore utilizzata come “cartiera”, per un ammontare complessivo di 11 milioni di euro
Nel particolare, è stato accertato che i titolari delle suindicate imprese versavano gli importi relativi alle false fatture con assegni bancari accreditati sui conti correnti intestati al Rinaldi ricevevano illegalmente, in contanti la restituzione dell’importo riferito a ciascuna fattura falsa, che veniva decurtato di una somma corrispondente all’I.V.A. oltre all’illecito compenso pattuito in media del 10% come tornaconto dell’imprenditore promotore del sistema fraudolento
Il giro di false fatture, relative a operazioni inesistenti e finti acquisti, accertato dalla Guardia di Finanza funzionava in questo modo: i titolari di altre imprese consegnavano assegni bancari per l’importo riportato nella fattura falsa, ma poi Rinaldi restituiva in contanti la somma trattenendo l’Iva e una percentuale pattuita come illecito compenso per il sistema fraudolento messo in opera. Il guadagno illecito era duplice: l’imprenditore che riceveva la fattura abbatteva gli utili soggetti a tassazione, riportando nelle dichiarazioni fiscali spese mai sostenute, e chi emetteva la fattura non versava l’Iva e tratteneva per sé un cospicuo guadagno.