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22 Novembre 2024 13:44

Fact-Checking: continuano le “bufale” grilline !

La pagella politica dell' AGI-Agenzia Italia

(AGI) Dopo aver incontrato il Presidente della Repubblica nell’ambito delle consultazioni, Giulia Grillo del M5S ha spiegato ai giornalisti che la posizione del suo partito è sempre la stessa: “qualunque nuovo governo ancora una volta calato dall’alto non avebbe la legittimazione popolare per governare“. Di fatto sposando la tesi, supportata anche da tutte le opposizioni, che con l’incarico a Paolo Gentiloni ci troveremo al “quarto governo di fila non passato per le elezioni“.

 

 

Questa affermazione è basata su un grave fraintendimento. L’Italia è una Repubblica parlamentare, non presidenziale, pertanto non sono gli elettori a scegliere il governo (o meglio il presidente del Consiglio), tramite le elezioni, ma il Presidente della Repubblica.

Solo il capo dello Stato, infatti, ha il potere di nominare il presidente del Consiglio, ovviamente tenendo conto del risultato delle elezioni – ma solo per quanto si è riflesso nella composizione del Parlamento.

In base all’articolo 92 comma 2 della Costituzione, «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questi, i ministri». Durante la Prima Repubblica, ad esempio, la scelta del Presidente del Consiglio avveniva regolarmente dopo le elezioni, sulla scorta dell’accordo tra le diverse forze politiche.

In futuro, se al Senato restasse l’attuale legge elettorale (il cosiddetto “Consultellum”, un sistema proporzionale), è probabile che nessuna forza politica sia in grado di vincere col 50%+1 dei voti e di esprimere il proprio presidente del Consiglio. La carica verrebbe quindi attribuita a una personalità su cui diverse forze politiche, concorrenti alle elezioni, trovassero un eventuale accordo.

Questo equivoco, su cui hanno insistito nel corso degli anni numerosi politici italiani (Berlusconi, Zaia, Salvini, Meloni e molti altri), nasce nel 2006. Alle elezioni politiche di quell’anno, Forza Italia inserì nel proprio simbolo il nome del leader, con la dizione “Berlusconi presidente”. Gli elettori, in questo modo, furono rafforzati nella falsa convinzione che il loro voto determinasse la scelta del presidente del Consiglio.

Due anni dopo, alle elezioni del 2008, sia il Popolo della Libertà che il Partito Democratico inserirono nei propri loghi il nome del leader (Berlusconi e Veltroni) “presidente”, ed effettivamente nel 2008 – grazie anche al sistema elettorale cosiddetto “Porcellum” – Silvio Berlusconi, vinte le elezioni, divenne presidente del Consiglio.

I governi che l’opposizione definisce “non legittimati dal popolo”

  1. Nel 2011 cadde il governo Berlusconi e venne nominato presidente del Consiglio Mario Monti. La sua nomina è costituzionalmente legittima, in quanto l’incarico gli venne conferito dal Presidente della Repubblica e il suo esecutivo ottiene la fiducia dal Parlamento.
  2. Di nuovo nel 2013 il Presidente del Consiglio non diventò il leader del partito che pure alla Camera vinse il premio di maggioranza (sempre col Porcellum), cioè Pierluigi Bersani, ma un altro esponente del Pd, Enrico Letta, su cui convergono i voti anche di parte del centro-destra.
  3. Matteo Renzi nel 2014 è subentrato a Enrico Letta, sempre senza un passaggio elettorale, e sempre nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
  4. Il Presidente della Repubblica ha ora incaricato di fare un nuovo governo l’ex ministro degli Esteri dell’esecutivo guidato da Renzi, dimissionario, Paolo Gentiloni.

Con la nuova legge elettorale al momento in vigore (e che vale per la sola Camera), l’“Italicum”, l’equivoco viene ulteriormente peggiorato. La legge prevede infatti che ipartiti indichino il nome del “capo” del partito o dell’organizzazione politica che – nel progetto che affiancava la nuova legge elettorale alla riforma costituzionale – avendo il suo partito vinto il premio di maggioranza alla Camera, sarebbe diventato presidente del Consiglio.

Questa forzatura non è in ogni caso in grado di sovvertire il testo della Costituzione, in primo luogo perché la Costituzione non può essere contraddetta da leggi ordinarie (è gerarchicamente superiore come fonte del diritto) e in secondo luogo perché nella prassi non si potrebbe comunque escludere un “ribaltone” interno al partito che ha ottenuto il premio di maggioranza che porti alla scelta di un presidente del Consigliodiverso da quello nominalmente indicato come “capo” alle elezioni.

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