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22 Novembre 2024 08:30

Il governo di Paolo Gentiloni è illegittimo?

In una situazione simile, nel 2006, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi decise di non dare le dimissioni, dopo che la sua riforma costituzionale era stata bocciata dagli elettori con un referendum.

di Roberto Monaldo

Secondo Giulia Grillo del Movimento 5 stelle (M5s) il governo guidato dal presidente del consiglio incaricato Paolo Gentiloni è illegittimo, in quanto nominato senza che si sia tenuto conto della volontà popolare emersa dal referendum. Molti dirigenti del Movimento 5 Stelle e della Lega nord hanno espresso lo stesso concetto nelle ultime ore, mentre prendeva corpo l’ipotesi della nomina di Gentiloni a presidente del consiglio. Ma questa affermazione è fondata? Che cosa prevede la costituzione?

L’articolo 92 della costituzione. L’Italia è una repubblica parlamentare, non presidenziale: gli elettori non scelgono direttamente il presidente del consiglio, ma eleggono a suffragio universale i loro rappresentanti in parlamento, che a loro volta formano dei gruppi parlamentari. Sono poi questi gruppi che danno vita a delle coalizioni e a delle maggioranze, e danno poi la fiducia al governo. In base all’articolo 92 della Costituzione, valutati gli equilibri parlamentari e le maggioranze, il presidente della repubblica nomina il presidente del consiglio e gli chiede di formare un governo. Quando il presidente della repubblica incontra i rappresentanti dei gruppi parlamentari, durante le consultazioni, valuta quale sia la maggioranza in parlamento e l’eventuale sostegno che il governo e il presidente del consiglio incaricato potranno avere durante il loro mandato.

I sistemi elettorali. Dal 1946 al 1993 in Italia il sistema elettorale in vigore era proporzionale e quindi i governi erano sempre espressione di una coalizione tra partiti. Era normale che si formassero diversi governi durante una stessa legislatura, frutto del cambiamento delle maggioranze parlamentari o degli scontri interni ai partiti. L’instabilità dei governi è sempre stata una caratteristica del sistema istituzionale italiano, a causa della legge elettorale proporzionale, che garantisce maggiore rappresentatività rispetto ad altri sistemi elettorali, ma meno stabilità e governabilità.

Per riformare questa caratteristica del sistema istituzionale italiano, nel 1993 i radicali proposero un referendum abrogativo che spianò la strada all’introduzione di un sistema elettorale maggioritario, la legge elettorale chiamata “Mattarellum“. La legge rimase in vigore fino al 2005, quando fu sostituita dalla legge Calderoli, un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza e soglia di sbarramento (chiamata anche “Porcellum“), approvata dal centrodestra. Il “Consultellum“, (cioè la legge elettorale proporzionale risultante dalla sentenza della corte costituzionale che ha abrogato alcune parti della legge Calderoli, perché “incostituzionali”) è al momento la legge elettorale in vigore per l’elezione dei senatori, ed è di nuovo un sistema elettorale proporzionale.

Lo stesso Italicum, la legge elettorale voluta dal governo Renzi, in vigore dal luglio del 2016 per l’elezione della camera dei deputati, è un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza, secondo turno e soglia di sbarramento. La sentenza della corte costituzionale sull’Italicum, attesa per il 24 gennaio, potrebbe proprio abrogare per incostituzionalità il premio di maggioranza e il secondo turno, rendendo l’Italicum un sistema proporzionale puro. Il sistema proporzionale garantisce maggiore rappresentatività, ma favorisce governi che sono espressione di una coalizione tra partiti e tra gruppi parlamentari, e quindi una certa instabilità politica.

L’equivoco dei governi illegittimi. Per la costituzione italiana, i governi nascono sempre sulla base delle maggioranze parlamentari e con la nomina del presidente del consiglio da parte del presidente della repubblica, che è il garante di questo sistema. L’equivoco sul capo del governo scelto direttamente dai cittadini nasce con l’introduzione del sistema elettorale maggioritario Mattarellum e con la nascita di due coalizioni, una di centrodestra e una di centrosinistra, ognuna guidata da un leader. In questo modo si diffuse la convinzione che il voto degli elettori determinasse direttamente la scelta del presidente del consiglio e dell’esecutivo.

Questo equivoco si è rafforzato nel 2006, quando alle elezioni politiche Forza Italia inserì nel proprio simbolo il nome del leader con l’indicazione: “Berlusconi presidente”. Due anni dopo, alle elezioni del 2008, sia il Popolo della libertà sia il Partito democratico continuarono ad alimentare questo equivoco, inserendo nei propri simboli elettorali il nome del leader (Silvio Berlusconi e Walter Veltroni). Anche l’Italicum rafforza questo equivoco: la legge prevede infatti che i partiti indichino il nome del leader candidato a diventare presidente del consiglio. Ma la legge elettorale, che vuole andare incontro al desiderio dei cittadini di scegliere il capo del governo, non può cambiare la costituzione in vigore.

La volontà popolare emersa dal referendum. Il 4 dicembre si è svolta una consultazione elettorale per confermare o respingere la riforma della costituzione, proposta dal governo e approvata dal parlamento in doppia lettura. Il presidente del consiglio Matteo Renzi si era impegnato in prima persona nella campagna elettorale per il sì e aveva detto più volte che avrebbe lasciato il suo incarico se la riforma fosse stata bocciata. Per questo, dopo la sconfitta del SI con un ampio margine, ha ritenute necessarie le sue dimissioni. Le dimissioni, tuttavia, non erano dovute: il suo governo non aveva perso il sostegno della maggioranza dei parlamentari.

In una situazione simile, nel 2006, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi decise di non dare le dimissioni, dopo che la sua riforma costituzionale era stata “bocciata” dagli elettori con un referendum. Per questo motivo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha provato a chiedere a Matteo Renzi di restare al suo posto fino alla fine della legislatura. In seconda battuta ha cercato un candidato alla presidenza del consiglio che fosse indicato dal partito di maggioranza relativa, il Partito democratico, e che potesse contare sulla stessa maggioranza in parlamento su cui contava l’esecutivo guidato da Renzi.

*giornalista dell’ Agenzia Lapresse

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