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22 Novembre 2024 08:34

Saviano: Virginia Raggi e il dovere del passo indietro

Se il M5S non vuole disperdere il capitale umano e politico accumulato in questi anni, deve darsi nuove regole precise, praticare la democrazia al proprio interno se vuole chiedere e pretendere la stessa democrazia all'esterno

di Roberto Saviano*

SI E’ DIVERSI non quando si dichiara di essere diversi, ma quando si agisce diversamente. Scegliendo Marra, Virginia Raggi non ha agito diversamente dai suoi predecessori. L’arresto del fedelissimo della sindaca, l’uomo che ha difeso innumerevoli volte da luglio a oggi resistendo anche alle sollecitazioni di Beppe Grillo, che avrebbe voluto la sua rimozione, dimostra una volta di più che il re è nudo. L’arcadia idealizzata dal Movimento non esiste, non è mai esistita. I pochi mesi di amministrazione Raggi a Roma sono bastati a farci comprendere quanto il M5S sia fragile. Una denuncia che si sta sollevando anche al suo interno, come dimostra il clima che sta infuocando il confronto tra le diverse correnti romane e parlamentari.

Il Movimento, purtroppo per i suoi elettori e per i tantissimi italiani che gli hanno dato fiducia nella prova referendaria, in mancanza di regole organizzative e di selezione precise e riconoscibili, in altre parole di regole democratiche, sta evidenziando un altro dei suoi limiti, forse il più inquietante: è un movimento scalabile. Può essere preso d’assalto da chiunque e, siccome chi critica ha in sorte l’epurazione, non riesce a maturare una crescita interna che lo renda più solido e meno contraddittorio nelle scelte e nei comportamenti.

Questo è quanto accaduto a Roma, dove la destra vicina agli ambienti di Forza Italia e dell’ex sindaco Gianni Alemanno lo ha di fatto occupato. Beppe Grillo lo sa bene, ne è perfettamente consapevole, ma finora non ha potuto riconoscerlo pubblicamente – forse nemmeno con i suoi più stretti collaboratori – perché significherebbe alzare bandiera bianca, ammettere che la sua creatura non ha sufficienti anticorpi per scongiurare che gruppi organizzati possano infiltrarsi nelle sue strutture fluide e prendere il potere, utilizzando la buona fede degli elettori. Il punto di partenza di questo ragionamento, anche se mi aspetto che i militanti mi diano del servo del Pd, è proprio questo: la buona fede di chi ha scelto e votato i Cinquestelle. E questa è la ragione per la quale, se il M5S non vuole disperdere il capitale umano e politico accumulato in questi anni, deve darsi nuove regole precise. Deve accettare di praticare la democrazia al proprio interno se vuole chiedere e pretendere la stessa democrazia all’esterno, alle istituzioni e alle altre forze politiche del Paese.

Una conseguenza mi pare inevitabile. Virginia Raggi deve dimettersi (o autosospendersi fino a un chiarimento giudiziario) perché ha legato il proprio destino a quello di Raffaele Marra. Perché lo ha difeso strenuamente quando in molti, anche tra quelli del suo Movimento, le hanno fatto notare l’imbarazzante continuità di Marra con le esperienze amministrative precedenti. Raggi ha un obbligo etico che le deriva dalla fascia tricolore che le è stata consegnata dopo la vittoria alle elezioni. Deve dimostrare di comprendere fino all’ultima piega che cosa significhi essere la Sindaca della più importante città del Paese e il suo riflesso nel mondo. Deve farsi carico delle sue responsabilità politiche e civili. Deve dar conto delle sue scelte ai cittadini, non soltanto quelli che hanno votato per lei.

Deve dar conto a quei cittadini che oggi scoprono chi è Marra: una pedina inamovibile della sua squadra e della sua amministrazione. Perché Marra non è – come si è voluto far credere – una figura marginale. Marra è l’amministrazione Raggi. Marra è Virginia Raggi. Da lui sono passate tutte le decisioni più importanti della sindaca. Una sindaca che, nella migliore delle ipotesi, non ha saputo leggere e interpretare la complessità del reale. Lei e i 5stelle alla prova dei fatti sino ad oggi hanno fallito. Ecco perché è il caso che Raggi passi la mano. Mettere la testa sotto la sabbia, questo Grillo dovrebbe saperlo, porterebbe a un disastro peggiore. Quando chiesi (e ne sono ancora convinto) le dimissioni per conflitto di interessi della ministra Maria Elena Boschi fui accusato di essere grillino. Venni letteralmente massacrato dal Pd e dall’intero suo popolo riunito alla Leopolda in quei giorni. Eppure quelle mancate dimissioni hanno segnato l’inizio della ingloriosa fine del renzismo. Chi oggi lo nega lo fa per convenienza.

La situazione del nostro Paese è disastrosa, si è lavorato soprattutto alle apparenze e molto poco alla sostanza. La storia di Beppe Sala a Milano mostra come il governo abbia rischiato molto a delegare tutta la sua diversità all’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) che non essendo una procura, non potendo né indagare né investigare, concede il suo bollino blu (come fatto su Expo) a vicende e situazioni che non può conoscere bene fino in fondo, dando più una valutazione mediatica che reale. Ora l’inchiesta Expo rischia di gettare una luce ambigua sull’ Anac rendendola l’ennesima operazione di facciata del governo Renzi. L’augurio è che sia in grado di sottrarsi al ruolo di chi si limita a battezzare il bene e il male dell’amministrazione pubblica e cerchi di tornare alle sue funzioni di prevenzione e analisi.

Dopo l’arresto di Marra, mi accusano nuovamente di essere al soldo del Partito democratico. Domando anche a chi mi attacca: quanto vi sta a cuore il vostro presente e il vostro futuro? Che cosa risponderete ai vostri figli quando vi chiederanno dove eravate quando c’era bisogno di fermarsi a ragionare? Per capire, solo per capire. Niente di più. Chi critica non può essere considerato un nemico da epurare. Possiamo continuare a ragionare in questo modo? Il Pd dice “se non appoggi Renzi aiuti Salvini e Grillo” e il M5Sse critichi la gestione Raggi vuoi riconsegnare Roma nelle mani di chi ha permesso Mafia Capitale“. Attestarsi su queste posizioni distrugge ogni possibilità di dibattito, riduce le idee a uno scontro tra squadre.

Eppure Marra è la dimostrazione che la politica, anche quella del Movimento, che si pone come radicalmente nuova deve sempre misurarsi (e allearsi) con i meccanismi di scambio, influenza, opportunismo. Amministrare è difficilissimo, per cambiare davvero bisogna essere prudenti e saper ascoltare. Perché dinanzi alle prove politiche (non ancora giudiziarie) di continuità tra Marra e Alemanno (Marra sottoscrisse – come racconta il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi – contratti milionari a favore di Fabrizio Amore, un costruttore imputato di associazione per delinquere) la Raggi ha continuato a difenderlo? Forse la ragione è semplice: le figure come Marra garantiscono voti, controllo burocratico, influenza, rapporto con immobiliari e imprenditori. Si può discutere di tutto questo senza essere accusati di essere cospiratori contro il nuovo? Chi insulta non pensa.

Essere liberi, diversi, dissidenti non è un’aspirazione facile. Ma non dovremmo mai smettere di provarci.

*commento tratto dal quotidiano La Repubblica @

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