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23 Novembre 2024 01:11

Università, la classifica del Sole-24 Ore. Atenei di Verona e Trento sul podio, in fondo alla classifica Napoli e Cagliari

La graduatoria del quotidiano economico sulle università italiane è stata redatta sulla base di 12 indicatori sintetici, tra cui attrattività, borse di studio, efficacia, mobilità internazionale, occupazione, qualità della produzione scientifica e sostenibilità

Continua ad abitare al Nord, da Verona a Trento, dal Politecnico di Milano a Bologna, l’eccellenza delle università italiane e fra gli atenei  non statali ripropone il solito terzetto di testa: la “romana” Luiss, però quest’anno, ha superato di un soffio la “milanese” Bocconi, che si piazza al secondo posto precedendo il San Raffaele.

Il Mezzogiorno continua invece ad occupare ancora una volta le ultimi posizioni delle graduatorie, che hanno visto come fanalini di coda dalla Parthenope di Napoli fra gli atenei statali,  e dalla Kore di Enna fra quelli non statali.

Ma al Sud qualcosa si muove ed infatti l’ Università di  Salerno consolida il proprio status di “eccezione territoriale”,  scalando ben dieci posizioni passando alle 16esima  posizione provenendo dalla 26esima  del 2015  raggiungendo il miglioramento più importante a livello nazionale.

Crescono anche le quotazioni di Foggia, Foggia, nella classifica de Il Sole 24Ore (primo assoluto in Puglia, secondo tra tutti quelli del Mezzogiorno) tra i migliori per ricerca, ottimo rapporto docenti/studenti, borse studio e internazionalizzazione,  sale di cinque posizioni, e di Messina, Campobasso e Lecce, che hanno conquistato di quattro posti in classifica rispetto all’anno scorso, e del Politecnico di Bari, che di posizioni ne ha guadagnato tre.  Le università calabresi viaggiano al contrario   con la Mediterranea che perde 7 posizioni (peggioramento più significativo a livello nazionale) e quella di Cosenza che ne perde  sei.

Molto ancora, invece, possiamo e dobbiamo fare per attrarre studenti da ogni parte d’Italia  – commenta il rettore di Foggia , Maurizio Ricci –  chi studia da noi, deve sapere di poter abitare il mondo. E non lo dico a caso, ma perché, per il secondo anno, Foggia occupa le prime posizioni nazionali della classifica de Il Sole 24 Ore per l’ottimo rapporto tra docenti e studenti, visto che sono state formulate valutazioni molto lusinghiere sui nostri Corsi di Laurea, sull’accesso degli studenti al programma Erasmus, sul processo di Internazionalizzazione e sulla erogazione delle Borse di studio: cerchiamo di essere un Ateneo a misura di studente!”

 

La nuova edizione dei ranking universitari del Sole 24 Ore, articolata sui 12 indicatori tradizionali che puntano a misurare i risultati di didattica e ricerca, mostra insomma una geografia della “qualità” accademica sempre più consolidata, soprattutto per i grandi atenei.

Da evidenziare la crescita di Modena, Chieti e Reggio (sei posizioni in più dell’anno scorso ) e del Politecnico di Torino (+5 posizioni in classifica ), mentre tra i grandi poli universitari in discesa si segnalano Genova (-5) e Firenze (-4). Questa classifica conferma che gli indicatori utilizzati per costruire il ranking riescono a misurare le dinamiche consolidate dell’accademia italiana, e che le performance delle diverse strutture sono figlie di fattori di lungo periodo che hanno bisogno di tempo per mostrare significativi cambi di ritmo.

Queste le classifiche generali, che servono a dare un’indicazione di massima e per questo sono utilizzate anche dalle istituzioni che misurano in termini ufficiali la qualità universitaria spesso per distribuire una quota di fondi pubblici) e una sintesi di fenomeni complessi, ma che da sole non bastano certo a dare indicazioni complete sulla nostra accademia. O a dire, sempre da sole, quale università sia da frequentare e quale sia invece da trascurare.

Una scelta di questo tipo, da condurre con consapevolezza sempre maggiore soprattutto in tempi nei quali il mercato del lavoro non offre soluzioni facili, va basata sull’esame di una serie di dati molto più ampia, di cui gli indicatori e i punteggi pubblicati in queste pagine offrono solo la sintesi sommaria. Per questa ragione il Sole 24 Ore, con una scelta di trasparenza che conduce ormai da anni, offrirà dalla prossima settimana sul proprio sito Internet un dossier di documentazione in cui per ogni indicatore sono disponibili i dati di base, consultabili in fogli excel in forma aperta per soddisfare le esigenze informative dei diversi pubblici che consultano il ranking.

Studenti e famiglie hanno la possibilità di consultare i dati di base che producono ogni singolo indicatore, suddivisi per aree di studio quando le fonti ufficiali permettono questa scomposizione. Docenti e strutture tecniche delle università, dal canto loro, hanno la possibilità di utilizzare questi database per verificare gli effetti delle loro politiche e condurre verifiche e confronti con i risultati ottenuti dagli atenei “concorrenti”. Nascono da qui anche azioni di “autocorrezione” come quelle realizzate in questi anni da alcuni atenei su temi delicati come l’accreditamento degli stage o gli sforzi (talvolta affannosi) di allargare la platea degli studenti che ottengono davvero la borsa di studio dopo essersi visti riconoscere il diritto

Estrarre dalla marea dei dati dodici indicatori sintetici, e da lì trarne una classifica complessiva, è insomma un esercizio inevitabilmente arbitrario, che mette a confronto strutture diverse per storia, dimensioni e contesto territoriale. I dati sul successo occupazionale o sulla trama degli stage certificati dal riconoscimento dei crediti formativi sono evidentemente influenzati dalla presenza di un tessuto produttivo e dei servizi dinamico e interessato alle competenze accademiche, e quindi “favoriscono” le aree più vivaci del Nord e le grandi città. I Politecnici hanno caratteristiche proprie, e fanno una gara a sé sulla base delle caratteristiche proprie degli studenti di ingegneria e architettura, mediamente più puntuali e mobili dei loro colleghi delle facoltà umanistiche. Così fondato, però, l’esercizio offre indicazioni solide che trovano nei singoli indicatori spunti articolati a seconda degli ambiti di interesse dei diversi lettori.

Come sempre, gli indicatori sono divisi in due grandi ambiti. I primi nove misurano il polso alle attività di didattica dei singoli atenei, dalla solidità della struttura dei docenti alla capacità di garantire puntualità negli studi, collegamenti internazionali ed esperienze lavorative durante il corso di laurea. Gli ultimi tre misurano invece i risultati della ricerca, in tre macro-ambiti esaminati dall’Agenzia nazionale di valutazione: la qualità della produzione scientifica, quella dei dottorati e la capacità dei dipartimenti di ottenere finanziamenti esterni per i loro progetti. Su questi ultimi aspetti l’Anvur ha diffuso nelle scorse settimane i primi dati generali del ciclo 2011-2014 di valutazione della qualità della ricerca (Vqr), ma i ranking utilizzano i dati di dettaglio che saranno diffusi solo nei prossimi mesi dall’agenzia. Per questa ragione, i tre indicatori si riferiscono inevitabilmente agli esiti della Vqr precedente, relativa al 2004-2010.

L’ateneo di Cagliari precede quello di Sassari nella graduatoria delle borse di studio: è 46esimo, mentre Sassari è 54esimo. Entrambi sono a metà classifica per dispersione, indicatore della percentuale di immatricolati che si reiscrivono al secondo anno nello stesso ateneo: Sassari è 36esimo, Cagliari 41esimo. Le due università scivolano di nuovo in coda quando si misura l’efficacia, cioè la media pro capite dei crediti formativi ottenuti in un anno dagli iscritti attivi: Sassari è 53esima, Cagliari tre posizioni più in basso. Il giudizio dei laureandi è spietato per l’ateneo cagliaritano, tanto da precipitarlo al terz’ultimo posto assieme a quello di Catania nella classifica sul “voto degli studenti”. Sassari, invece, figura 34esima, assieme ad altri 14 università, tra le quali la Ca’ Foscari di Venezia e la Federico II di Napoli. La performance di Cagliari migliora quando si misura la percentuale di studenti occupati a un anno dal titolo: è 39esima, mentre Sassari è 46esima assieme a Cassino.

Per qualità di produzione scientifica le università sarde si equivalgono e figurano entrambe al 40esimo posto, assieme ad altre 12, fra le quali “La Sapienza” a Roma”, l’ “Orientale” di Napoli e il Politecnico di Bari. Nessuna delle due, però, si distingue per capacità di attrarre risorse per progetti di ricerca: Sassari e 48esima, in compagnia di altre cinque università fra le quali Camerino e Tor Vergata, Cagliari 54esima. Infine, per qualità dei dottorati quest’ultima  è 43esima, mentre Sassari 34esima.

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