ROMA – A dirlo è stato il primo presidente della Suprema Corte di Cassazione Giovanni Canzio il quale, intervenendo nel Plenum a Palazzo dei Marescialli, ha voluto mettere in evidenza evidenza questa “anomalia” che contraddistingue le toghe rispetto alle altre categorie professionali dello Stato.
Una dichiarazione che nessuno si aspettava, considerando l’alto prestigio dell’autore e soprattutto la sede in cui è stata pronunciata, il Consiglio Superiore della Magistratura : “Il 99% dei magistrati italiani ha una valutazione positiva. Questa percentuale non ha riscontro in nessuna organizzazione istituzionale complessa”.
Ad offrire lo spunto per approfondire il tema, particolarmente scottante, delle “note caratteristiche” delle toghe. La valutazione di professionalità di un magistrato che era stato in precedenza oggetto di un procedimento disciplinare “È un dato clamoroso – ha detto il presidente Canzio – che i magistrati abbiano tutti un giudizio positivo”. Questo appiattimento verso l’alto è l’esempio che qualcosa nel sistema di valutazione “non funziona” e che quindi è necessario quanto prima che venga “rivisto” , anche perché rende l’immagine di una categoria sin troppo indulgente con se stessa.
Leggendo i pareri delle toghe che arrivano al Consiglio Superiore della Magistratura, sopratutto al momento dell’avanzamento delle loro carriere o allorquando si tratta di dover decidere chi diventerà il presidente di tribunale o procuratore capo di qualche procura della repubblica, emerge incredibilmente che il 99% cioè quasi tutti sono contrassegnati da giudizi estremamente lusinghieri. A volte immeritati.
Tutto ciò contrasta con le cronache giornalistiche che ogni giorno, invece, raccontano e svelano in tutt’ Italia di episodi di incredibile mala giustizia. Tutto ciò non è accettabile in un sistema composto da personale estremamente qualificato, imparziale e scrupoloso, almeno teoricamente “sulla carta”, e quindi certi errori giudiziari non dovrebbero, verificarsi di norma, se non in numeri fisiologici e casi eccezionali. Ma la realtà, come è ben nota a chi ha avuto o ha a che fare con l’istituzione giudiziaria , è ben diversa.L’ex vice ministro della Giustizia Enrico Costa, qualche mese fa quando era ancora in carica parlando proprio delle vittime di errori giudiziari e degli indennizzi che ogni anno vengono liquidati, parlò di “numeri che non possono essere considerati fisiologici ma patologici“.
Ma c’è anche un altro problema . Proprio quando si tratta della scelta di un direttivo, è estremamente difficile effettuare una valutazione fra magistrati che presentato le medesime, ampiamente positive, valutazioni di professionalità, e pertanto si finisce per lasciare inevitabilmente spazio alla discrezionalità, agli interessi e pressioni delle varie correnti politico-sindacali della magistratura. Una casta nella casata. Forse il giorno in cui queste riunioni, valutazioni, decisioni verranno adottate in “streaming” cioè dinnanzi agli occhi di chiunque allora si potrà parlare di reale “merito” e di competenza e capacità professionali.
Anche il vice presidente del Csm Giovanni Legnini è pienamente d’accordo sulla presenza di questi problemi da risolvere , in particolar modo quando un magistrato è stato oggetto di una condanna disciplinare. E non a caso Legnini sta lavorando per far diventare una “vera” casa di cristallo il Csm., proponendo al Comitato di presidenza di “aprire una pratica per approfondire i rapporti fra la sanzione disciplinare e il conferimento dell’incarico direttivo o la conferma dell’incarico”.
Alcuni consiglieri del Csm come prevedibile hanno, però, sostenuto che l’ 1% di giudizi negativi “sono comunque tanti”. Secondo costoro 90 magistrati su 9000, sono tante le toghe, a carico delle quali annualmente si aprono procedimenti disciplinari. Ma calcolando che poi, l’attuale sistema disciplinare è in vigore da dieci anni, numericamente e statisticamente le toghe ad oggi finite sotto procedimento sarebbero state 900. Un numero questo sicuramente elevato in proporzione, ma che merita più di riflessione attenta. Il Csm è severo con i giudici che depositano in ritardo una sentenza ma non è altrettanto, adottando decisione di “manica larga” con quel magistrato che si dimentica un fascicolo nell’armadio facendolo prescrivere. O ancora peggio tiene chiuso un fascicolo nel cassetto per coprire persone ed interessi vicini.
Quanto accaduto nel recente passato a Trani e Taranto ne sono un esempio calzante. Vedere il procuratore capo Carlo Maria Capristo che a Trani non si accorgeva di quanto accadesse di “strano” ed “illecito” nel Palazzo di Giustizia sotto i suoi occhi , metaforicamente parlando, pur in presenza di un libro scritto da un giudice che svelava quanto ha indotto il Csm a mettere sotto osservazione l’intera Procura, aprendo due fascicoli disciplinari su due magistrati trasferendone proprio nei giorni scorsi uno (l’ex pm Antonio Savasta), mentre il suo ex-procuratore capo (cioè il dr. Capristo) un anno anno fa è stato “promosso” ed assegnato a ruolo di procuratore capo della Procura di Taranto non sono dei segnali molto rassicurante.
E’ invece preoccupante vederlo oggi a capo della Procura di Taranto, dove in confronto quanto è accaduto a Trani è veramente poca cosa. Non a caso dei vertici degli investigatori delle forze dell’ ordine che lavorano a Taranto ci riferiscono a condizione del più rigido “anonimato” che “con l’arrivo del nuovo procuratore capo a Taranto, sono cambiate solo le stanze . Tutto il resto… è rimasto al proprio posto. Ecco perchè noi per indagare a 360° ipotizziamo sempre l’associazione mafiosa e così ci affidiamo alla procura DDA di Lecce. A Taranto ci sono troppe collusioni ed interessi incrociati. Troppi conflitti d’interesse…. ” .
Ma per un componente del Csm il “caso Taranto” è un problema da risolvere al più presto….E noi siamo assolutamente d’accordo.