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22 Novembre 2024 09:17

Mori, una leggenda dell’intelligence italiana: ” le nostre forze dell’ordine sono la migliore componente investigativa sul terreno”

"Non abbiamo una strategia politica, viviamo alla giornata, ci sono validi esponenti istituzionali ma non sanno nulla di intelligence. Ci sono anche generali, questori o prefetti, eccellenti, ma non hanno svolto attività di polizia giudiziaria. Il governo dovrebbe dare indirizzi di politica generale. Come direttore del servizio non ho mai avuto una indicazione, una direttiva precisa. Si può discutere se siano giuste o sbagliate ma devono esserci”.

Il nome del generale e prefetto Mario Mori è legato indissolubilmente alle fasi più significative della lotta al terrorismo e, in particolare, alla cattura di Toto’ Riina. Operazione , quest’ultima, che gli ha procurato anche delle grane di natura giudiziaria che non hanno intaccato la sua immagine di uomo e ufficiale dell’Arma. Negli ultimi anni ha dovuto subire qualche processo basato su congetture che non sono andate molto lontano. Infatti i è uscito a testa alta collezionando una serie di assoluzioni da tutte le accuse. Ufficiale del controspionaggio SID, il Servizio segreto militare, all’inizio degli anni Settanta, Comandante del Ros il reparto operazioni speciali dei Carabinieri del quale è stato “orgoglioso fondatore” (come lui stesso si definisce) insieme al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dopo la sua carriera nell’Arma ha diretto il Sisde, il servizio segreto civile italiano dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001.

Da alcuni anni Mori scrive libri con un notevole successo e dirige la rivista di geopolitica Lookout News , a conferma di quanto sia evocativo il suo nome. Mori ha iniziato presso la libreria La Feltrinelli di Bari una “tre giorni” in Puglia per presentare il suo ultimo, “Oltre il terrorismo soluzioni alla minaccia del secolo”, il terzo dopo “Ad alto rischio” sulle principali operazioni anti mafia e antiterrorismo da lui dirette, scritto a quattro mani con Giovanni Fasanella e “Servizi e segreti”.

Il saggio sul terrorismo è stato illustrato in un incontro col procuratore aggiunto di Bari, Roberto Rossi, magistrato dell’Antimafia, titolare di indagini sul terrorismo islamico e con Mara Chiarelli , giornalista del quotidiano La Repubblica.

Stando alle indagini della magistratura, la Puglia è interessata al fenomeno “come terra di transito” in quanto il porto di Bari è sempre stato una sorta di porta dell’Occidente, “non ci sono luoghi di radicalizzazione”. Ma non c’è da stare tranquilli perché “non esistono zone franche – ha fatto notare l’alto ufficiale – ma zone più a rischio e altre meno”. Infatti, come dimostrano gli attentati avvenuti da un anno e mezzo a questa parte, “Francia e Belgio sono più a rischio rispetto all’Italia per la presenza maggiore di immigrati, per motivi storici. Queste concentrazioni consentono di creare quel terreno fertile in cui si possono sviluppare cellule, piccoli gruppi”.

Sui modelli di contrasto, Mori ha spiegato di “non essere un estimatore di quello americano” e dell’atteggiamento degli Usa che “si sentono in guerra dal 2001” e “reagiscono con una risposta bellica”. In Europa, invece, “dopo l’ultimo attentato scattano gli allarmi, le preoccupazioni, poi si dimentica presto”. L’Italia, ha un vantaggio, le nostre forze dell’ordine “sono la migliore componente investigativa sul terreno in virtù del patrimonio che ci deriva dall’azione di contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata”.

Quando analizza il fenomeno, viene fuori il suo dna di investigatore e di uomo pragmatico e operativo, Mori è molto critico soprattutto con l’Europa perché è già in ritardo sul piano dell’intelligence e della messa a punto di un piano di repressione. “Ho un difetto di origine – dice – ho fatto il carabiniere”.

Contrastare il terrorismo islamico richiede azioni più complesse che la lotta al terrorismo interno e alla criminalità organizzata poiché “il mondo musulmano è variegato e i soggetti che ne fanno parte sono diversi per cultura e mentalità”. Quindi, occorre prima di tutto adottare dei sistemi conoscitivi e informativi ma, secondo Mori, è necessario che le autorità italiane conoscano le varie realtà religiose. “Le moschee devono essere registrate per poter essere controllate, invece sono luoghi che non essendo censiti possono diventare strumento di propaganda. Il migrante non è certo un terrorista ma le politiche dell’accoglienza devono essere coniugate con adeguate politiche della sicurezza”.

nella foto il Gen. Mario Mori, fondatore del ROS dei Carabinieri

Una efficace azione di contrasto non può prescindere dal dialogo con le comunità islamiche, sostiene Mori, fondamentale per acquisire dati significativi per ottenere una collaborazione da parte di coloro che ne fanno parte. Le operazioni concluse con successo “sono quelle in cui ha avuto un ruolo importante la Humint, ossia informazioni raccolte attraverso relazioni umane”, una formula sintetizzata in “humint-sigint humint” che si può tradurre in “attività umana-attività tecnica-attività umana”.

Del politico italiano medio Mori non ha una buona considerazione poiché “non capisce nulla di tali questioni”, al contrario del ministro Minniti di cui ha una buona considerazione. “Non abbiamo una strategia politica, viviamo alla giornata, ci sono validi esponenti istituzionali ma non sanno nulla di intelligence. Ci sono anche generali, questori o prefetti, eccellenti, ma non hanno svolto attività di polizia giudiziaria. Il governo dovrebbe dare indirizzi di politica generale. Come direttore del servizio non ho mai avuto una indicazione, una direttiva precisa. Si può discutere se siano giuste o sbagliate ma devono esserci”.

L’altra insidia viene dal web, luogo di radicalizzazione . “Impossibile fermare la diffusione di siti web e informazioni- è la riflessione del procuratore aggiunto di Bari  Rossi– il problema serio è rappresentato dalla difficoltà di ottenere con immediatezza dati da siti e social e di entrare nelle chat private. Difficoltà di natura giuridica non tecnologica”.

Alla presentazione del saggio ha preso parte un altro ex-ufficiale dell’Arma il cui nome è legato alla lotta antimafia, il colonnello Giuseppe De Donno,in passato al fianco di Mori in Sicilia , ma anche oggi come editore del suo libro il cui ricavato andrà in parte in beneficenza. In cantiere hanno anche un altro libro, questa volta con un altro scopo, promuovere la cultura della legalità fra gli studenti. Al dialogo con i ragazzi delle scuole Mori, come del resto anche Dalla Chiesa, ci tiene molto. Per questo nella tre giorni in Puglia incontrerà gli studenti delle medie superiori di Santeramo e Altamura.

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