La sentenza del Tribunale di Brindisi per i fanghi del porto di Taranto sepolti nel Brindisino è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri a conclusione del dibattimento iniziato il 28 maggio 2015, scaturito dall’inchiesta dei Carabinieri del Noe per l’interramento negli uliveti del Brindisino dei fanghi provenienti dal porto di Taranto e in particolare dalla dismissione del sito Belleli di Taranto. L’accusa è stata rappresentata dal sostituto procuratore Giuseppe De Nozza, titolare del fascicolo d’inchiesta.
I fanghi provenivano dall’intervento di messa in sicurezza e bonifica della falda superficiale nella zona a ridosso dell’ ILVA di Taranto, in cui la Belleli Offshore, aveva svolto a partire dal 1981 attività di sabbiatura, verniciatura e assemblaggio di elementi di piattaforme petrolifere. Secondo le indagini del Noe di Lecce, vi sarebbero state ditte, due del Brindisino ed una del Tarantino, incaricate di gestire lo smaltimento dei fanghi di dragaggio i cui responsabili, avrebbero invece realizzato attività di gestione di discariche non autorizzate, di falsità in scrittura privata e trasporto illecito di rifiuti speciali pericolosi.
L’inchiesta dei carabinieri del Noe di Lecce, coordinata dal pm Giuseppe De Nozza, riguardò la gestione di discariche non autorizzate e il trasporto di rifiuti speciali pericolosi.
Nel corso delle indagini cinque diverse aree coltivate a uliveti e frutteti e ricadenti a metà strada tra i territori di Brindisi e Mesagne furono sottoposte a sequestro: una di 10.000 metri quadri, un’altra di 17.000, una di 300 e infine due terreni di complessivi 20.000 metri quadri .
Ci sono voluti due anni di udienze per arrivare alla prima sentenza processuale sui fanghi di dragaggio del porto industriale di Taranto, area ex Belleli, che per la Procura sono stati sepolti nelle campagne del Brindisino: le accuse di trasporto e gestione di discariche non autorizzate sono state confermate nei confermate nei confronti di sei imputati.
Il Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, giudice Genantonio Chiarelli ha deciso sei condanne (fino a un anno e dieci mesi di arresto) stabilendo la responsabilità penale di Massimiliano Vinci, Francesco Vinci, Maurizio Carlucci e Vito Messi, tutti e quattro condannati alla pena di un anno e sei mesi di arresto e ventimila euro di ammenda ciascuno; quella di Anthony Gatti condannato a un anno e un mese più diecimila di ammenda, e di Vincenzo Montanaro condannato a un anno e dieci a tutti e quattro condannati alla pena di un anno e sei mesi di arresto e ventimila euro di ammenda ciascuno; quella di Anthony Gatti di arresto più 25mila euro di multa.
Assoluzione per Antonio Montanaro perché i fatti contestati non sono più previsti dalla legge come reato e per Gino Campana (già titolare dell’omonima ditta poi ceduta, e successivamente deceduto), Maria Francesca Campana e Francesco Alessandro Campana consigliere comunale di maggioranza al Comune di Mesagne, “perché il fatto non sussiste” e “per non aver commesso il fatto“ in relazione ai due capi contestati. Disposta anche la restituzione dei 15 ettari posti sotto sequestro in agro di Mesagne.
Il Tribunale di Brindisi ha inoltre condannato le società Autostraporti Carlucci srl e la Cmbc srl responsabili degli illeciti amministrativi contestati e di conseguenza ha applicato la sanzione pecuniaria di trecento quote da 700 euro ciascuna e sono stati confiscati i terreni usati per lo smaltimento “illecito” del materiale.
Gli imputati riconosciuti colpevoli e due società sono state condannate al pagamento dei danni in favore di due parti civili costituite: Fabrizio Distante, agricoltore di Mesagne, ed il Ministero dell’Ambiente . Respinte, invece, le altre richieste avanzate dalle parti civile costituite: il Comune di Mesagne ed il Comune di Brindisi, e l’associazione Italia Nostra sezione Salento Ovest.
Le motivazioni della sentenza verranno depositate e rese note fra 50 giorni .